Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 29583 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 29583 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PALERMO il 20/02/1993
avverso l’ordinanza del 05/03/2025 del Tribunale di Palermo Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Udito il Procuratore generale, NOME COGNOME che si è riportato alla requisitoria depositata chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso ; Udito il difensore, avv. NOME COGNOME anche in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha insistito nell’accoglimento del ricorso .
RITENUTO IN FATTO
E’ impugnata l’ordinanza del 5 marzo 2025 con la quale il Tribunale di Palermo ha confermato, nei confronti di COGNOME NOME, l’ordinanza di custodia cautelare del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Palermo, emessa in data 14 Febbraio 2025, relativamente al reato di cui a ll’art . 416bis commi 1,3,4 e 6 cod.pen. per avere fatto parte della famiglia mafiosa di NOME COGNOME partecipando a riunioni ed eseguendo le direttive provenienti da COGNOME, COGNOME Domenico e COGNOME NOME nell’ambito del settore del traffico di stupefacenti nonché con riferimento alla
riscossione dei proventi estorsivi da parte dei gestori delle piazze di spaccio INDIRIZZO.
2.COGNOME Tommaso ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del suo difensore, avv. NOME COGNOME
2.1. Con l’unico motivo denuncia violazione della legge processuale penale, con riferimento agli articoli 125, 273, 192, comma 3, cod. proc. pen., e vizio della motivazione in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato oggetto di contestazione provvisoria.
Deduce che dalla conversazione ambientale richiamata dal provvedimento impugnato, del 2 Aprile 2024, non emergerebbe la prova della intraneità dello COGNOME alla consorteria mafiosa e che, piuttosto, la messa a disposizione dell’indagato ( ‘ qualsiasi cosa noi siamo sempre qua ‘ ) sarebbe indicativa della estraneità al sodalizio; l ‘indagato è risultato assente ed estraneo alle indagini e non è emersa la prova di costanti contatti tra il medesimo ed altri sodali captati; la presenza dello COGNOME nelle indagini si sarebbe concretizzata e conclusa il 2 Aprile 2024 e tale unico elemento non potrebbe essere ritenuto indicativo di un pactum sceleris; n on sono stati raggiunti gli standard indiziari richiesti dall’articolo 273 cod. proc. pen. considerata la mancanza di condotte suscettibili di essere valutate quale significativo e consapevole contributo apportato alla vita del sodalizio; mancano intercettazioni da cui desumere il ruolo del ricorrente nell’associazione criminale e non sarebbe legittimo il mantenimento della misura cautelare.
3.Con successivo atto , a firma dell’avv. NOME COGNOME, COGNOME COGNOME ha proposto motivi aggiunti denunciando violazione ed erronea applicazione dell’art. 416 -bis cod.pen ., ai sensi dell’art. 606, comma I, lett. b), cod.proc.pen., oltre che vizio di motivazione deducendo l’insussistenza di gravi indizi di colpevolezza in relazione all’ipotesi di reato contestata , stante la mancanza di elementi indicativi di un effettivo inserimento del ricorrente nella struttura organizzativa o un suo coinvolgimento in attività funzionali al sodalizio ed idonei a farne emergere la consapevolezza e la volontà di inserirsi stabilmente nella struttura organizzata.
4.Il Sostituto Procuratore generale ha concluso riportandosi alla requisitoria scritta con la quale ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha insistito nell’accoglimento del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è infondato.
1.Occorre premettere che in sede di controllo di legittimità non è consentito il diretto apprezzamento del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, avendo il controllo sempre ad oggetto la motivazione del provvedimento impugnato e non immediatamente il complesso degli elementi indiziari valutati dal giudice del merito cautelare. Secondo quanto hanno affermato le Sezioni unite, «allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (Sez. Un., n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 -01). In altri termini, la ricostruzione del fatto e le questioni relative all’intensità delle esigenze cautelari sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, atteso che trattasi di censure non riconducibili alle tipologie di vizi della motivazione tassativamente indicate dalla legge (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 7, ord. n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262948 – 01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 -01).
1.1. Inoltre, in tema di vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, la motivazione della decisione del Tribunale del riesame, per la sua natura di pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi, deve essere parametrata all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza. (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, cit.). La successiva
giurisprudenza della Corte, condivisa dal Collegio, è ferma nel ritenere che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. sia rilevabile in cassazione soltanto se si traduca nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato.
2.Nella fattispecie in esame, le doglianze difensive, poste a fondamento dei due atti, sono infondate. La congruenza e la tenuta logica del ragionamento probatorio di tipo indiziario, ampiamente argomentato dal Tribunale sulla scorta delle risultanze desumibili dagli esiti della compiuta attività captativa, non è inficiata, nella sua complessiva e unitaria capacità dimostrativa di gravi indizi di reato, dalle deduzioni difensive.
In particolare, il Tribunale ha dato particolare risalto al contenuto di una conversazione intercorsa il 2 Aprile 2024, fra NOME COGNOME ( soggetto già condannato in via definitiva quale componente del mandamento mafioso di NOME COGNOME), NOME COGNOME , NOME COGNOME e l’odierno ricorrente, dalla quale venivano desunte le direttive impartite, qualche giorno prima, da NOME COGNOME (reggente del mandamento di NOME COGNOME insieme al fratello NOME COGNOME) relativamente alla decisione assunta di ‘ tassare ‘ i responsabili delle piazze di spaccio operanti nel territorio dello Zen, ovvero di sottoporli al pagamento di somme estorsive. Dalla medesima conversazione, inoltre, veniva desunto che i suddetti NOME COGNOME e l’odierno indagato , anziché limitarsi a ricevere passivamente l’incarico, avevano interloquito, nonostante la particolare caratura mafiosa degli interlocutori, proponendo di differenziare il quantum mensile da richiedere, sulla base del volume d’affari della piazza, proponendo inoltre di effettuare la raccolta su base mensile e non settimanale, così da ‘ girare ‘ di meno, nonché di estendere le estorsioni anche ai mercatini rionali dello Zen; lo Stagno, inoltre, rassicurava i due esattori che non avrebbero dovuto arretrare di fronte ad eventuali rimostranze dei destinatari della richiesta, potendo ben contare sulla protezione del clan (la ‘ famiglia ‘ ), e che avrebbero dovuto assicurare a tutti lo stesso ‘ trattamento ‘ non esitando, peraltro, a ricordare ‘ l’obbligo ‘ di contribuzione per la necessità dei carcerati. Infine, da successive conversazioni il Tribunale riteneva che i due giovani esattori avessero avviato le attività loro richieste.
A fronte di tale articolato compendio, le censure difensive si limitano a dedurre l’insussistenza di plurimi elementi indiziari nei confronti del ricorrente, rilevando che a carico del medesimo non sarebbe emersa la prova di condotte specifiche e di un ruolo definito. La difesa, tuttavia, non si confronta con i plurimi elementi valutativi desumibili dalla conversazione sopra indicata, ritenuta
dai giudici di merito, con ragionamento del tutto immune da aporie logiche, indicativa di una partecipazione dell’indagato al sodalizio mafioso proprio in ragione dell’incarico specifico di riscuotere somme provenienti dalla tassazione delle piazze di spaccio, da destinare al soddisfacimento delle esigenze del clan mafioso ed al mantenimento dei detenuti in particolare, e tenuto conto dell’adesione all’incarico prestata dal medesimo indagato, essendo stato dato, inoltre, particolare risalto a ll’approccio propositivo assunto dallo stesso rispetto agli interlocutori, soggetti dal sicuro e qualificato calibro mafioso. Rispetto agli elementi indiziari acquisiti la difesa non ha, neppure, proposto possibili letture alternative (rispetto alla tesi accusatoria) tali da ricondurre la condotta entro binari di liceità.
3.In conclusione il ricorso deve essere rigettato con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 23/07/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME