Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 28485 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 28485 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 02/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME COGNOME nato a Milano il 19/04/1975
avverso l ‘ ordinanza del 14/04/2025 del Tribunale di Milano visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga rigettato;
udito l’avvocato NOME COGNOME difensore di NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Milano, accogliendo l’appello proposto dal pubblico ministero avverso l’ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva rigettato la richiesta di applicazione di misura cautelare, ha applicato a NOME COGNOME la misura della custodia in carcere in relazione al delitto di cui all’art. 74 d. P.R. n. 309 del 1990.
Dall’ordinanza emerge che il pubblico ministero aveva emesso nei confronti del ricorrente e di altri tredici indagati un decreto di fermo, in relazione a due
diverse associazioni finalizzate al narcotraffico, a reati fine in materia di stupefacenti e di armi. Il Giudice per le indagini preliminari non aveva convalidato il fermo e aveva respinto l’istanza di applicazione di misura cautelare, che era stata richiesta, quanto a NOME COGNOME in relazione ai capi 1 e 75, per insussistenza delle esigenze cautelari, senza alcuna verifica dei gravi indizi di colpevolezza.
Il Tribunale per il riesame ha accolto l’appello del pubblico ministero limitatamente al reato associativo di cui al capo n. 1.
Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento di seguito sintetizzati.
2.1. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per erronea applicazione dell ‘art. 192 cod. proc. pen., in quanto le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME COGNOME su cui si fonda il quadro indiziario del capo n. 1, sono dalla stessa ordinanza impugnata ritenute generiche e non riscontrate in riferimento al reato fine di cui al capo n. 75. Tali dichiarazioni, peraltro, sarebbero prive di riscontri individualizzanti, in quanto il riferimento alla disponibilità di armi, confermata da talune videoriprese, non sarebbe riferibile al ricorrente ma ad altri indagati, mentre la circostanza che questi fosse detenuto e avesse dei permessi di lavoro all’esterno, potendo essere stata appresa da terzi, non sarebbe indice di conoscenza diretta del ricorrente.
2.2. Violazione di legge e difetto di motivazione in relazione al profilo cautelare, in quanto la valutazione in ordine al concreto pericolo di reiterazione dell’attività criminosa non si baserebbe su elementi specifici. Errata sarebbe, altresì, la valutazione in ordine all’adeguatezza della misura, all’irrilevanza del decorso del tempo e alla condotta complessiva tenuta dal ricorrente dal 2018 fino ad oggi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
E’ opportuno premettere che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato , verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di
diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n.44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
L’ordinanza impugnata ha fondato il quadro indiziario a carico del ricorrente sugli esiti delle operazioni di intercettazione, sulle video riprese e sui servizi di osservazione condotti dalla polizia giudiziaria. Da tali atti emerge che il ricorrente ha collaborato con NOME COGNOME nel trasporto e nella detenzione di sostanza stupefacente nei mesi di giugno 2023 (episodio che ha condotto all’arresto di un correo per il rinvenimento di una parte del carico -170 chilogrammi di hashish- in uno dei depositi dell’associazione) e luglio 2023, quando, dopo l’arrivo del carico di stupefacente, secondo le conversazioni intercettate (riportate a pagina 21), NOME COGNOME ha dato disposizioni al ricorrente affinché pagasse coloro che avevano collaborato al l’operazione .
Il Tribunale ha, altresì, evidenziato che, nel mese di settembre 2023, dal box che costituiva il principale luogo di deposito della droga, è stata sottratta sostanza stupefacente del valore di un milione di euro; NOME COGNOME non trovando la porta forzata e ipotizzando la sua apertura con le chiavi, ha ritenuto di rivolgersi proprio al ricorrente per individuare il responsabile, lamentandosi anche per la sua scarsa presenza.
Le dichiarazioni del collaboratore di giustizia COGNOME in questo contesto, sono state valutate come un ‘ formidabile riscontro ‘ (pagina 24) della partecipazione del ricorrente al sodalizio capeggiato da NOME COGNOME
In riferimento a tali dichiarazioni, il giudizio di credibilità e attendibilità è stato motivato dal Tribunale del riesame in modo logicamente corretto e congruo rispetto al complessivo quadro indiziario già emerso.
Premesso che le dichiarazioni di NOME COGNOME COGNOME non sempre sono nitide e precise, come anche dedotto dalla difesa dell’attuale ricorrente, nella motivazione del provvedimento impugnato viene effettuata una valutazione differenziata, che è certamene positiva in riferimento al ruolo di partecipe dell’associazione contestato al ricorrente al capo 1, perché il collaboratore ha avuto una diretta partecipazione ai fatti narrati, ha ammesso le proprie responsabilità, ha reso dichiarazioni coerenti e corrispondenti al contenuto dei colloqui telefonici intercettati, che corredano e confermano quanto già in parte acclarato dalla polizia giudiziaria.
Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Secondo il condivisibile orientamento giurisprudenziale, in tema di misure cautelari riguardanti il reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, la prognosi di pericolosità non si rapporta solo all’operatività della stessa o alla data ultima dei reati-fine, ma ha ad oggetto anche la possibile commissione di reati costituenti espressione della medesima professionalità e del medesimo grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 16357 del 12/01/2021, Rv. 281293 -01).
Il Tribunale ha fatto corretta applicazione di tali principi, ritenendo sussistenti esigenze cautelari tali da imporre l’adozione della massima misura coercitiva e desumendo il pericolo di reiterazione del reato dalla elevatissima capacità a delinquere dimostrata dal fatto che il ricorrente – che, diversamente da quanto ritenuto dal giudice per le indagini preliminari, non era detenuto all’epoca dei fatti in quanto, dal 02/12/2016, ha fruito di permessi per lavoro esterno e, dal 23/01/2023, ha beneficiato del regime di semilibertà- nel corso del 2023, ha curato quanto meno due operazioni di ricezione, trasporto e smercio di importanti quantitativi di stupefacente, ha gestito i telefonini criptati Matrix per conto di NOME COGNOME così riprendendo il percorso criminoso attestato dalle condanne irrevocabili per i medesimi reati.
In conclusione il ricorso va rigettato con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 02/07/2025.