Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 27485 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
SECONDA SEZIONE PENALE
Penale Sent. Sez. 2 Num. 27485 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 20/06/2025
– Presidente –
NOME
CC – 20/06/2025 R.G.N. 15188/2025
SANDRA RECCHIONE
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOME nato a Roma il giorno 2/7/1988
rappresentato ed assistito dall’avv. NOME COGNOME di fiducia avverso l’ordinanza in data 28/1/2025 del Tribunale di Roma in funzione di giudice del riesame,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che non Ł stata richiesta la trattazione orale del procedimento; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME COGNOME letta la requisitoria scritta con la quale il Sostituto Procuratore Generale, NOME COGNOME ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 28 gennaio 2025, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Roma ha confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri in data 27 dicembre 2024 (eseguita il 14 gennaio 2025) con la quale Ł stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare personale degli arresti domiciliari in relazione al reato di cui all’art. 73, comma 4, d.P.R. 309/90, contestato come commesso in Anzio e Barcellona (Spagna) in epoca prossima e successiva al 15 marzo 2024.
In estrema sintesi, si contesta al Serour – in concorso con NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – di avere organizzato (COGNOME e COGNOME per l’ideazione ed i contatti diretti con i fornitori) ed acquistato dall’estero imprecisati quantitativi di sostanza stupefacente, verosimilmente hashish, importandoli dall’estero.
E’ doveroso evidenziare che la condotta addebitata agli indagati Ł stata ritenuta dal G.i.p. qualificabile nella sola forma tentata.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo:
2.1. Violazione di legge e vizi di motivazione ex art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen., 56 cod. pen. e 73 d.P.R. n. 309/90 con particolare
riferimento alla serietà della trattativa per l’acquisto di sostanza stupefacente ed all’impossibilità per il ricorrente di consegnare la somma deputata all’acquisto della droga.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che dalla lettura dell’ordinanza impugnata emerge che il Serour avrebbe finanziato l’acquisto dello stupefacente consegnando al Soto Royas la somma di 60.000 euro, di cui 30.000 euro in data 18 marzo 2024 (somma poi sequestrata ai coindagati in Costa Azzurra) e altri 30.000 euro in data 19 marzo 2024 (somma invece trasportata in Spagna) e che detta situazione appare inconciliabile con le risultanze processuali dalle quali di evince che il Serour dal 15 al 23 marzo 2024 si trovava in Spagna a Barcellona.
Aggiunge la difesa del ricorrente che:
l’affermazione del Tribunale secondo il quale il Seour era rimasto in Spagna con NOME COGNOME dopo il rientro di NOME COGNOME in Italia, in quanto era stato concluso l’accordo per la fornitura dello stupefacente ed erano state predisposte tutte le operazioni per il trasporto in Italia della droga, sarebbe solo di natura congetturale in assenza di elementi probatori al riguardo;
Ł emerso da una intercettazione che il 25 marzo 2024 non vi era ancora la disponibilità dello stupefacente e che detto dato, unitamente alla circostanza che il COGNOME era rientrato in Italia il 23 marzo 2024, proverebbe la mancanza di serietà della trattativa e la mancanza di prova di disponibilità all’estero della sostanza, il che consentirebbe anche di escludere che la condotta contestata abbia raggiunto il livello del tentativo.
2.2. Violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 274, lett. c), e 64 cod. proc. pen.
Rileva, al riguardo, la difesa del ricorrente che uno degli elementi sui quali il Tribunale ha fondato l’applicazione della misura cautelare Ł legato al fatto che il Serour in sede di interrogatorio si Ł avvalso della facoltà di non rispondere alle domande, elemento che non poteva essere posto a fondamento della scelta della misura cautelare applicata trattandosi dell’esercizio di un diritto allo stesso riconosciuto dalla legge.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł manifestamente infondato in entrambe le sue articolazioni.
Giova immediatamente evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali Ł subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato
articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce piø recenti di questa Corte Suprema (ex ceteris: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460).
Ne consegue – ed il discorso vale anche per le esigenze cautelari di cui si dirà piø avanti che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice Ł rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne nØ la ricostruzione dei fatti, nØ l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito) (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Tutto ciò doverosamente premesso, occorre rilevare la manifesta infondatezza di quanto affermato dalla difesa del ricorrente nel primo motivo di ricorso laddove ha evidenziato che sarebbe inconciliabile il fatto che il Serour avrebbe consegnato al Soto Rojas le due tranches di denaro per l’acquisto dello stupefacente il 18 ed il 19 marzo 2024 in quanto il ricorrente si trovava già in Spagna dal 15 marzo.
In realtà emerge pacificamente dagli atti (pagg. da 6 a 9 dell’ordinanza impugnata) che:
il COGNOME si incontrò personalmente in Italia con il Soto Rojas il 14 marzo 2024 (quindi il giorno antecedente a quello della partenza dell’odierno ricorrente per la Spagna);
il NOME COGNOME ed i complici ricevettero il denaro del NOME COGNOME il 18 marzo in INDIRIZZO Roma presso l’abitazione di NOME COGNOME padre dell’odierno indagato;
il NOME COGNOME ed i complici in data 19 marzo 2024 ricevettero presso la medesima abitazione una seconda tranche di denaro, ciò in quanto la prima era stata oggetto di sequestro in Francia.
E’ appena il caso di evidenziare che, contrariamente a quanto affermato nel ricorso in esame, non risulta da alcun elemento che l’odierno ricorrente ebbe a consegnare ‘personalmente’ il denaro al Soto Rojas od ai complici, essendo pacifico (così come ne ha dato correttamente atto il Tribunale nell’ordinanza impugnata) che NOME COGNOME il 18 ed il 19 marzo già si trovava in Spagna.
Il denaro, come detto, fu in entrambe le occasioni ritirato presso l’abitazione del padre dell’indagato e se appare pacifico che il denaro fosse ‘del’ ricorrente non risulta da alcuna parte che il Soto COGNOME lo ricevette personalmente ‘dal’ ricorrente.
La circostanza che il NOME COGNOME non si incontrò personalmente in Italia con NOME COGNOME il 18 ed il 19 marzo lo si evince dal fatto che, quando il primo aveva la necessità di reperire il documento di identità di un quarto soggetto che doveva recarsi in Spagna, il secondo non gli consegnò detto documento ma si limitò ad inviarglielo (v. pag. 8 dell’ordinanza).
Per il resto l’ordinanza impugnata appare debitamente e logicamente motivata in ordine alle altre questioni dedotte nel primo dei motivi di ricorso qui in esame avendo il Tribunale (anche attraverso legittimi richiami al contenuto del provvedimento cautelare genetico) sostanzialmente chiarito, sulla base delle emergenze delle intercettazioni e dei controlli di P.G., che:
certamente le missioni in Spagna dell’odierno ricorrente e dei coindagati erano finalizzate all’acquisto di sostanza stupefacente anche con denaro proveniente – e comunque nella disponibilità – dall’odierno ricorrente, coinvolto a pieno titolo nella vicenda;
ancorchØ la sostanza stupefacente non fosse ancora stata oggetto di materiale consegna agli acquirenti («non era ancora arrivata») per il trasferimento in Italia, tutti gli elementi indicati convergono nella possibilità di configurare il compimento di atti idonei diretti in modo non equivoco ad acquistare detta sostanza e, del resto, il G.i.p. nel provvedimento applicativo della misura cautelare ha riqualificato l’originaria contestazione di reato nella forma tentata.
Come sopra già anticipato, la valutazione di manifesta infondatezza investe anche il secondo motivo di ricorso relativo alle esigenze cautelari.
La difesa del ricorrente enfatizza la circostanza che il Tribunale ha indicato tra gli elementi fondanti le esigenze cautelari anche il fatto che l’indagato in sede di interrogatorio si Ł avvalso (‘legittimamente’ come testualmente indicato anche nell’ordinanza impugnata) della facoltà di non rispondere alle domande.
Osserva l’odierno Collegio che quanto osservato dalla difesa nel motivo di ricorso qui in esame Ł riduttivo rispetto alla complessiva motivazione riguardante le esigenze cautelari laddove il Tribunale (v. pagg. da 14 a 17) ha evidenziato:
l’elevata pericolosità sociale del gruppo di soggetti coinvolti nella vicenda («si tratta di soggetti che non si fanno alcuno scrupolo pur di porre in essere le condotte delittuose programmate ed ideate»);
il fatto che la condotta ascritta all’odierno ricorrente «costituisce un anello fondamentale nella catena dell’approvvigionamento all’estero della sostanza, avendo egli fornito non solo il denaro, ma anche i contatti» al punto di essersi recato con il COGNOME e con i coindagati in Spagna per acquistare lo stupefacente, così evidenziando di essere un soggetto intraneo all’ambiente del narcotraffico internazionale;
il fatto che gli elementi evidenziati portano a ritenere non soltanto la sussistenza del concreto pericolo di reiterazione di analoghe condotte criminose, ma anche il pericolo di inquinamento probatorio.
Con riguardo, poi, alla scelta della misura cautelare applicabile, anche in questo caso con motivazione congrua e logica, il Tribunale ha spiegato che la misura degli arresti domiciliari Ł la sola sufficiente a scongiurare il pericolo di reiterazione di analoghe condotte «stanti i legami ed i contatti del Serour COGNOME con l’estero e quindi la possibilità di intrattenerli nel caso in cui sia ammesso a misura gradata con piø ampi spazi di libertà».
In tale articolato quadro, il richiamo al fatto che l’odierno ricorrente si sia avvalso – come detto legittimamente – della facoltà di non rispondere alle domande del G.i.p. in sede di interrogatorio di garanzia risulta di non fondamentale rilievo nell’ottica delle evidenziate esigenze cautelari ed appare, correttamente, essere stato letto come assenza di elementi finalizzati a distaccarsi dall’ambiente delinquenziale nel quale Ł stato ritenuto operare («… così facendo ha mostrato un atteggiamento non collaborativo con l’A.G. e la volontà di preservare intatti i suoi contatti con l’estero e con i fornitori dei quali ha inteso non svelare l’identità») situazione, quest’ultima, comunque rilevante nell’ottica della valutazione delle esigenze cautelari.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonchØ, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento della somma ritenuta equa di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così Ł deciso, 20/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME