Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 25734 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 25734 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME NOMECOGNOME nato ad Abano Terme il 14/03/2005, avverso l’ordinanza in data 07/02/2025 del Tribunale di Catania, Sezione pe il riesame;
letti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte con cui il Pubblico Ministero, in person Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME ha chiesto che il ricorso s dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 07/02/2025, il Tribunale di Catania, Sezione per riesame, ha confermato l’ordinanza con cui, il precedente 07/01/2025, il giud per le indagini preliminari del Tribunale di Catania aveva applicato, nei confr di COGNOME Michele, la misura della custodia in carcere in relazione ai del partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti (capo A) illecita cessione continuata di sostanze di tal genere (capo B), rite sussistenti gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del COGNOME, avv.to NOME COGNOME che ha articolato un unico motivo di ricorso, di seguito sintetizzato conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con tale motivo di ricorso lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen.
Sostiene, in specie, che, nella decisione oggetto d’impugnativa, risulterebbe illegittimamente affermata sia la sussistenza di gravità indiziaria, posto che si sarebbe riconosciuta all’indagato la qualifica di fornitore in base ad elementi del tutto vaghi, stante la mancata esecuzione di sequestri di stupefacenti e la conseguente assenza di esami tossicologici, sia la ricorrenza di esigenze cautelari, in quanto il supposto pericolo di reiterazione difetterebbe del requisito dell’attualità, circostanza che indurrebbe a ritenere superata la duplice presunzione sancita dal disposto dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., per il caso di ritenuta configurabilità del delitto-mezzo di cui al capo A.
Il procedimento è stato trattato in udienza camerale con le forme e con le modalità di cui all’art. 23, commi 8 e 9, del d.l. n. 137/2020, convertito dalla legge n. 176 del 2020, i cui effetti sono stati prorogati dall’art. 5-duodecies del d.l. n. 162 del 2022, convertito, con modificazioni, nella legge n. 199 del 2022 e, da ultimo, dall’art. 17 del d.l. n. 75 del 2023, convertito, con modificazioni, nella legge n. 112 del 2023.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse di COGNOME Michele è manifestamente infondato per le ragioni che, di seguito, si espongono.
Destituito di fondamento è l’unico motivo del ricorso, con cui si lamenta l’inosservanza delle norme processuali di cui agli artt. 273 e 274 cod. proc. pen., sostenendo che, nella decisione impugnata, si sarebbero illegittimamente ritenute sussistenti sia la gravità indiziaria, in quanto sarebbe stata riconosciuta all’indagato la qualifica di fornitore del sodalizio in base ad elementi vaghi, stante la mancata effettuazione di sequestri di droga e la conseguente assenza di esami tossicologici, sia le esigenze cautelari, posto che il prospettato pericolo di reiterazione difetterebbe del requisito dell’attualità, circostanza che indurrebbe a ritenere superata la duplice presunzione sancita dal disposto dell’art. 275,
comma 3, cod. proc. pen., per il caso di ritenuta configurabilità del delitto-mezzo di partecipazione ad associazione finalizzata al traffico di stupefacenti.
Ritiene il Collegio che la prospettata doglianza sia palesemente infondata innanzitutto nella parte involgente la ritenuta sussistenza, a carico dell’indagato, di gravità indiziaria in ordine ai delitti formanti oggetto di contestazione.
In proposito, mette conto evidenziare che, in materia cautelare, costituisce consolidato insegnamento della giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «L’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze caute/ari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (così, ex multis, Sez. F, n. 47748 dell’11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01), atteso che il controllo della Suprema Corte non attiene alla ricostruzione dell’accaduto e non si risolve, per l’effetto, in un nuovo apprezzamento degli elementi indiziari già effettuato dal giudice del fatto, sicché risultano inammissibili le censure che si sostanziano nella mera prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già scrutinate da detto giudicante.
Tanto premesso, è a dirsi che, nel caso di specie, i giudici della cautela hanno puntualmente esposto, in conformità all’enunciato dell’art. 273 cod. proc. pen., gli elementi a sostegno della ritenuta sussistenza di gravità indiziaria in ordine ai delitti contestati, evidenziando (in specie, alle pagg. 2-4 dell’ordinanza impugnata) che l’attività di osservazione svolta dagli inquirenti, i filmati ripresi dalle plurime telecamere installate in adiacenza alla “piazza di spaccio” e il monitoraggio degli spostamenti del motociclo in uso al coindagato NOME, effettuato attraverso l’installazione su di esso di un GPS, attestavano, per un verso, l’esistenza di un’organizzazione dedita alla vendita al minuto di stupefacenti, comprovata dalla pluralità delle persone stabilmente impegnate in tale attività, dalla disponibilità, da parte delle stesse, di un appartamento, munito di impianto di videosorveglianza e di porte blindate, ove veniva svolto il florido commercio, dall’utilizzo condiviso di auto e di motocicli e dalla tenuta di un’apposita contabilità e, per altro verso, lo stabile inserimento in detto sodalizio dell’indagato, talvolta in veste di “vedetta”, talaltra in veste d pusher, talaltra, ancora, in veste di preposto al rifornimento della “piazza di spaccio”.
D’altro canto, deve pure evidenziarsi che l’agitata doglianza si connota, in parte qua, per una palese genericità estrinseca o aspecificità, in quanto il ricorrente, nel formularla, non si è confrontato in alcun modo con l’esposto impianto motivazionale, limitandosi a riproporre le medesime osservazioni critiche già fatte valere dinanzi ai giudici della cautela, senza articolare
contro
deduzioni valevoli a superare agli argomenti spesi da questi ultimi per confutare le prospettazioni contenute nella richiesta di riesame.
Ritiene, tuttavia, il Collegio, aderendo sul punto al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, che siano affetti da aspecificità i motivi di doglianza con cui, a fronte di un argomentato esauriente, qual è quello dianzi riportato, si ripropongano le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame.
La mancanza di specificità del motivo ricorre, infatti, tanto nel caso della sua genericità, intesa come indeterminatezza della doglianza, quanto in quello del difetto di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, dal momento che quest’ultima non può ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità, che conduce, ai sensi dell’art. 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen., all’inammissibilità del gravame (così, ex multis, Sez. 6, n. 23014 del 29/04/2021, B., Rv. 281521-01, nonché, in precedenza, Sez. 2, n. 42046 del 17/07/2019, Boutartour, Rv. 277710-01, Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425-01, Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568-01 e Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, COGNOME, Rv. 253849-01).
Analogamente, è a dirsi che non colgono nel segno le censure, mosse con il motivo di ricorso in disamina, specificamente afferenti al profilo cautelare.
Ritiene in proposito il Collegio che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa, l’affermata sussistenza di esigenze preventive e, in specie, del pericolo di condotte recidivanti non contrasta con il disposto dell’evocata norma processuale nell’ermeneusi offertane dalla giurisprudenza di legittimità, stante l’operatività, per effetto della ritenuta ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine al delitto-mezzo di cui al capo A, della presunzione relativa sancita dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
E invero, i giudici della cautela hanno puntualmente rilevato che non risultavano agli atti, né erano stati successivamente offerti dalla difesa elementi da cui inferire il superamento della menzionata presunzione di sussistenza delle esigenze di cautela e di adeguatezza al loro contenimento del solo presidio intramurario, evidenziando, per converso, che il pericolo di recidiva appariva ancora concreto e attuale, stante il breve lasso temporale trascorso dall’arresto dell’indagato e l’indimostrata disarticolazione della consorteria criminosa in cui il predetto era stabilmente inserito.
D’altro canto, deve pure rilevarsi che, a fronte di un impianto argomentativo siffatto, le censure articolate dal ricorrente risultano connotate da un’evidente genericità intrinseca, non risultando in alcun modo esplicitate le ragioni a sostegno dedotta inosservanza dell’evocata norma processuale.
3. Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente di sostenere, ai
sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., le spese del procedimento.
Tenuto, poi, conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13
giugno 2000 e considerato che non v’è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza
«versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità»,
si dispone che il ricorrente versi, in favore della Cassa delle ammende, la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila.
P.Q. M .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma
1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso 1’01/07/2025