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Gravi indizi di colpevolezza: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per traffico di stupefacenti. La Corte ha confermato la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza, basati su video sorveglianza e monitoraggio GPS, e ha ribadito l’operatività della presunzione di pericolosità sociale per i reati associativi, sottolineando l’aspecificità delle censure mosse dalla difesa.

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Pubblicato il 25 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Gravi indizi di colpevolezza: quando il ricorso in Cassazione è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 25734/2025, offre un importante chiarimento sui presupposti per l’applicazione della custodia cautelare in carcere e sui limiti del ricorso avverso tali misure. La decisione sottolinea come la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza possa essere desunta anche da attività di osservazione e monitoraggio, e come la genericità dei motivi di ricorso ne determini l’inammissibilità.

I Fatti del Caso

Un soggetto veniva sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere poiché gravemente indiziato di due reati: partecipazione ad un’associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti (capo A) e illecita cessione continuata delle medesime sostanze (capo B). Il Tribunale del Riesame confermava la misura, ritenendo presenti sia i gravi indizi di colpevolezza che le esigenze cautelari.

La difesa proponeva ricorso per cassazione, lamentando l’inosservanza delle norme processuali. In particolare, sosteneva che la qualifica di “fornitore” attribuita all’indagato si basasse su elementi vaghi, data l’assenza di sequestri di droga e di esami tossicologici. Inoltre, contestava la sussistenza attuale del pericolo di reiterazione del reato, ritenendo superata la presunzione di pericolosità prevista dalla legge.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. I giudici hanno ritenuto che la decisione del Tribunale del Riesame fosse immune da vizi logici o giuridici, confermando l’impianto accusatorio che giustificava la misura cautelare.

Le Motivazioni: la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza e l’aspecificità del ricorso

La Corte ha innanzitutto chiarito che il suo controllo in materia cautelare è limitato alla violazione di legge e alla manifesta illogicità della motivazione, senza poter entrare nel merito della ricostruzione dei fatti. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano correttamente fondato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza su un solido quadro probatorio. Questo includeva:
* L’attività di osservazione degli inquirenti.
* I filmati registrati da telecamere installate vicino alla “piazza di spaccio”.
* Il monitoraggio GPS degli spostamenti di un motociclo usato da un coindagato.

Questi elementi, nel loro complesso, dimostravano non solo l’esistenza di un’organizzazione stabile dedita alla vendita di stupefacenti, ma anche il ruolo attivo e costante dell’indagato all’interno del sodalizio, che agiva talvolta come vedetta, talvolta come spacciatore (pusher) e talvolta come addetto al rifornimento della piazza.

Inoltre, la Corte ha qualificato il ricorso come “aspecifico”. La difesa, infatti, si era limitata a riproporre le stesse argomentazioni già respinte dal Tribunale del Riesame, senza confrontarsi criticamente con la dettagliata motivazione del provvedimento impugnato. Questo difetto di correlazione tra i motivi di ricorso e le ragioni della decisione rende l’impugnazione inammissibile.

Per quanto riguarda le esigenze cautelari, la Cassazione ha ribadito che, per il delitto di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, opera la presunzione legale di pericolosità (art. 275, comma 3, c.p.p.). Tale presunzione non era stata superata da elementi concreti offerti dalla difesa. Anzi, il pericolo di recidiva appariva concreto e attuale, dato il breve tempo trascorso dall’arresto e la mancata prova della disarticolazione del gruppo criminale.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa pronuncia ribadisce due principi fondamentali in materia di misure cautelari e di impugnazioni. In primo luogo, la prova dei gravi indizi di colpevolezza non richiede necessariamente il sequestro della sostanza stupefacente, potendo essere desunta da un complesso di elementi logici e fattuali convergenti, come le attività di indagine tecnologica e di osservazione. In secondo luogo, un ricorso per cassazione, per essere ammissibile, deve contenere censure specifiche e pertinenti, capaci di incrinare la logicità e la coerenza giuridica del provvedimento impugnato, e non può limitarsi a una generica riproposizione di argomenti già vagliati e respinti nei gradi di merito.

Perché la Corte ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza anche senza sequestri di droga o esami tossicologici?
Perché gli indizi sono stati desunti da un quadro complessivo di prove, tra cui l’attività di osservazione, i filmati delle telecamere di sorveglianza e il monitoraggio GPS di un veicolo, che attestavano l’esistenza di un’organizzazione per lo spaccio e il ruolo stabile dell’indagato al suo interno.

Cosa si intende quando un ricorso per cassazione viene definito ‘aspecifico’?
Significa che il ricorso si limita a riproporre le medesime ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice precedente, senza confrontarsi in modo critico e specifico con gli argomenti contenuti nella motivazione del provvedimento che si sta impugnando.

Su quale base è stata confermata la sussistenza delle esigenze cautelari?
La Corte ha confermato le esigenze cautelari sulla base della presunzione legale di pericolosità prevista dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. per chi è gravemente indiziato del reato di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti. La difesa non ha fornito elementi idonei a superare tale presunzione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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