Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 3701 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 3701  Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/09/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME, nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 03/04/2023 del TRIB. LIBERTA’ di NAPOLI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito l’AVV_NOTAIO generale, NOME COGNOME, il quale ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito lAVV_NOTAIO, in difesa dell’indagato, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 3/4/2023 il Tribunale del riesame di Napoli – adito ai sensi dell’art. 309 cod. proc. pen. – ha confermato l’ordinanza del GIP in sede dell’8/3/2023 di applicazione della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME, indagato (per quanto qui rileva) per l’omicidio di NOME COGNOME, aggravato dalla premeditazione, dai motivi abietti e dalle condizioni di cui all’art 416 bis.1 cod. pen., commesso a Napoli – Chiaiano, il 9/7/2006.
Con recidiva reiterata e specifica.
1.1. La vicenda avveniva nella notte della vittoria della squadra nazionale italiana nel campionato mondiale di calcio, quando nel corso dei festeggiamenti di strada NOME COGNOME aveva urtato con l’asta di una bandiera NOME COGNOME, evento cui era seguita una discussione tra i due durante la quale NOME aveva danneggiato il parabrezza del ciclomotore su cui si trovava COGNOME.
Costui si era allontanato, ma era tornato poco dopo insieme ai NOME NOME e NOME, i quali avevano esploso numerosi colpi di pistola contro NOME COGNOME, uccidendolo; altre due persone (NOME COGNOME e NOME COGNOME) erano state ferite alle gambe, come da imputazione cautelare sub B.
1.2. Il Tribunale del riesame ha confermato la ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza nei confronti di NOME COGNOME per l’omicidio di NOME COGNOME, tratti dalle propalazioni di vari collaboratori di giustizia, convergenti nella ricostruzion della vicenda e nell’individuazione dei NOME COGNOME come responsabili di detto delitto, NOME quale mandante e istigatore, NOME e NOME in qualità di esecutori materiali.
1.3. Le esigenze cautelari sono state individuate – nel solco della presunzione legislativa ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen. – nel pericolo, concreto ed attuale, di recidivazione specifica desunta dalle allarmanti modalità e circostanze dell’azione, eseguita a volto scoperto tra la folla, confidando nell’omertà generale derivante dal contesto camorristico e dal rilievo della famiglia COGNOME nell’ambito della criminalità organizzata locale; dal movente della vicenda, originata da un banale litigio; dalla personalità dell’indagato, soggetto estremamente pericoloso a tenore del certificato penale, e privo di ravvedimento, anche dopo l’espiazione di pene per delitti di criminalità organizzata.
Si è inoltre adombrato il pericolo di inquinamento probatorio, desunto dallo spessore criminale dell’indagato e dei suoi prossimi congiunti, nonché dalla fitta rete di conoscenze e di connivenze a suo favore.
Infine, si è citato il pericolo di fuga, per l’esistenza di parenti, amic affiliati ancora liberi, al cospetto di una previsione di pesante condanna per l’accusa di omicidio pluriaggravato.
Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla valutazione dei gravi indizi di colpevolezza.
2.1. Premesso che una precedente richiesta di misura cautelare era stata respinta dal GIP per rilevati contrasti tra le dichiarazioni accusatorie rese da NOME COGNOME e da NOME COGNOME, si evidenzia che l’ordinanza custodiale de qua è stata infine spiccata per le recenti dichiarazioni di NOME COGNOME, ritenute convergenti con quelle del COGNOME, indicato come testimone oculare della prima parte della vicenda, nonché parzialmente convergenti con le dichiarazioni del COGNOME (alias COGNOME), testimone oculare del momento immediatamente successivo all’omicidio del COGNOME.
2.2. Orbene, si censura che il Tribunale del riesame abbia affermato la sufficienza del materiale indiziario già in precedenza ritenuto insufficiente a sorreggere la domanda cautelare del Pubblico ministero, tanto da avere dato luogo all’archiviazione del procedimento, allo stato degli atti fin lì raccolti. Inve anche prendendo atto che COGNOME e COGNOME siano stati testimoni di due distinti segmenti della vicenda, resta il dato che ciò non giustifica le contrastanti indicazioni dei due informatori quanto ai soggetti che parteciparono al blitz, a chi ebbe materialmente a sparare, e al numero di ciclomotori coinvolti nell’agguato.
A prescindere dalla contestazione della ritenuta irrilevanza per chi esplose effettivamente i colpi all’indirizzo del COGNOME, benché secondo la difesa l’azione del ricorrente dovrebbe intendersi quale mero favoreggiamento, lo snodo irrisolto risiede nell’illogico e superficiale vaglio di attendibilità del collaboratore COGNOME del quale era stata messa in luce la fantasiosità della ricostruzione alla stregua delle indicazioni sul senso di marcia che costui stava percorrendo a bordo del suo furgone, contraria a quella consentita dalla viabilità cittadina, come attestata anche all’epoca dei fatti, e confermata dall’esistenza di un semaforo che si trova sul lato opposto della INDIRIZZO.
Inoltre, rimarca la difesa che il Bar Centrale, al momento dell’omicidio, era chiuso, come avevano riferito le altre due vittime dell’agguato, COGNOME e COGNOME, sicché non potevano esserci tavolini ed avventori ivi seduti.
Nonostante tali rilievi fossero stati segnalati nella memoria difensiva depositata al Tribunale del riesame, non vi è stata alcuna confutazione sul punto.
L’attendibilità del COGNOME – al quale peraltro è stato revocato il programma di protezione per le sue intemperanze – ne risulta gravemente pregiudicata, con necessità di verificare se il residuo materiale indiziario sia di per sé idoneo a giustificare il presidio cautelare. Invero, deve considerarsi che COGNOME aveva riferito di un unico sparatore, da identificarsi in NOME COGNOME, secondo NOME COGNOME; che i dichiaranti COGNOME e COGNOME non avevano riferito della presenza di
NOME COGNOME; che NOME COGNOME aveva visto che NOME COGNOME era da solo a bordo di un ciclomotore, ed era rientrato da solo a bordo dello stesso scooter dieci minuti prima del fratello NOME e di NOME.
Inoltre, le dichiarazioni di NOME COGNOME, che l’impugnata ordinanza ritiene riscontrate da NOME COGNOME e NOME COGNOME, in realtà non lo sono perché il primo aveva indicato quale esecutore materiale NOME COGNOME, e l’altro aveva indicato NOME COGNOME. Peraltro, secondo COGNOME, il killer indossava un casco integrale, sicché non si comprende come potesse essere stato riconosciuto dal COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato e deve essere respinto.
1.1. In termini generali, deve ribadirsi che ai fini dell’adozione di una misura cautelare personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, perché i necessari “gravi indizi di colpevolezza non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’ar comma 2, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – giacché il comma 1-bis dell’art. 273 cod. proc. pen. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 27498 del 23/5/2019, COGNOME, Rv. 276704; Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, Tantone, Rv. 275805; Sez. 2, n. 22968 dei 08/03/2017, COGNOME, Rv. 270172).
1.2. Applicando il principio generale al caso in esame, deve affermarsi la piena sufficienza della piattaforma indiziaria illustrata nell’impugnata ordinanza, fondata principalmente sulle propalazioni di alcuni collaboratori di giustizia che, emersi da ultimo, hanno permesso di comporre un quadro più organico di quello che in origine aveva dissuaso il GIP dall’emanazione della misura cautelare richiesta nella prima parte delle indagini relative all’omicidio in esame.
Come ha logicamente argomentato il Tribunale cautelare, le informazioni nuove rese da NOME COGNOME, comportanti la precisa indicazione di reità di NOME COGNOME per l’omicidio del COGNOME, sono state ritenute degne di fede e non scalfite dalla revoca del programma di protezione, determinata da violazioni del regolamento penitenziario, ma non da falle di attendibilità di detto collaboratore.
In particolare, le critiche rivolte alla ricostruzione di quanto costui aveva visto, allorché a bordo dell’autocarro Nissan era fermo al semaforo posto all’incrocio tra INDIRIZZO e INDIRIZZO a Cubito, non possono trovare
facile smentita nella mera contestazione del senso di marcia dei veicoli in quello snodo di viabilità, trattandosi di una notte di festa collettiva in cui tutte le re erano sovvertite, come d’uso in simili circostanze, ed anche la formale chiusura del bar Centrale non inibiva di certo agli astanti, accorsi in strada per acclamare la vittoria calcistica, di occupare gli spazi antistanti a detto esercizio pubblico.
In sede cautelare, quindi, rileva da un canto l’affermata attendibilità dell’allora collaboratore, dall’altro le informazioni specifiche rese dal COGNOME pe diretta conoscenza, e la loro integrabilità con quelle rese da NOME COGNOME, a seguito delle indagini da costui svolte sull’evento.
È stato poi valorizzato, quale elemento nuovo emerso nell’ottobre 2021, il resoconto particolareggiato di NOME COGNOME che aveva narrato sia l’antefatto del diverbio tra NOME COGNOME e NOME COGNOME, per avervi assistito, sia l’arrivo di tre motorini, tra i quali quello ove sedeva come passeggero NOME COGNOME, alias NOME COGNOME, che previa indicazione del COGNOME da parte del fratello NOME, gli si era accostato e lo aveva attinto con due colpi; quindi il collaboratore si e allontanato. Si tratta di una testimonianza oculare che assume rilievo decisivo ed autonomo, e che il Tribunale cautelare ha debitamente vagliato ricorrendo ai tradizionali criteri di verifica dell’attendibilità dei collaboratori di giu traendone un giudizio positivo.
A fronte di tale accurata ricostruzione del quadro indiziario, valutato nella sua complessità, alla stregua dei criteri elaborati dalla giurisprudenza di legitti mità, le censure difensive – che peraltro sono state analizzate e confutate con scrupolo dai giudici cautelari – seguono la consueta direttrice di parcellizzazione degli elementi indiziari, così da depotenziarne la valenza complessiva, e di esaltazione di discrepanze e contraddizioni, non pregiudicanti il nucleo centrale delle singole propalazioni, al fine di destituire di validità gli apporti collaboratori di giustizia. Tuttavia, tali critiche non scalfiscono, in sede legittimità, la sufficiente compattezza del quadro indiziario, che conserva la sua tenuta a termini dell’art. 273 cod. proc. pen.
2. In conclusione, il ricorso deve essere respinto, da ciò conseguendo la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, segue altresì la disposizione di trasmissione, a cura della Cancelleria, di copia del provvedimento al direttore dell’istituto penitenziario di riferimento, sensi dell’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il giorno 12 settembre 2023 GLYPH