Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 18812 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 18812 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 29/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOMECOGNOME nata a Messina il 17/10/1987 avverso l’ordinanza del Tribunale della Libertà di Messina del 06/08/2024; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni rassegnate ex art. 23, comma 8, del decreto legge n. 137 del 2020 dal Procuratore generale, che ha concluso per la inammissibilità del ricorso; letta la memoria a firma, dell’avv. NOME COGNOME difensore di fiducia della ricorrente, che richiamati i motivi di ricorso ne ha invocato l’accoglimento;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 6 agosto 2024 il Tribunale della Libertà di Messina, pronunciandosi in relazione alla istanza di riesame avanzata dall’odierna ricorrente
avverso l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Messi del 6 luglio 2024 (con cui era stata applicata a NOME la misura dell cautelare degli arresti domiciliari in relazione al reato di partecipazione al re cui al capo 1) -art. 74 d.P.R. n. 309/90, con contestazione dal novembre 2020 fi all’attualità- e ai reati di cui ai capi 4), 5), 6) 7) – artt. 110 cod pen e 7 309/90, nelle date partitamente indicate-) ha rigettato l’istanza conferma l’ordinanza genetica.
A mezzo del difensore di fiducia COGNOME ha proposto tempestivo ricorso, affidato ad un unico motivo con cui lamenta, ex art. 606, comma 1, lett. b cod.proc.pen., violazione di legge -art. 273 cod.proc.pen.- e, ex art. 606, com 1, lett e) cod.proc.pen., correlato vizio di motivazione in relazione al reato all’art. 74, commi 1, 2 e 3, d.P.R. 309/90, sodalizio accertato esistente in Mes dal novembre 2020 sino all’attualità, diretto da COGNOME NOME e di cui la D NOME è contestata partecipe, col ruolo di collaborazione con COGNOME organizzator e con gli altri sodali, nell’attività di distribuzione della sostanza stupe specialmente nella zona ionica e nord della città di Messina, nonché n mantenimento economico dei sodali tratti in arresto e nella messa a disposizion della propri abitazione per incontri finalizzati alla programmazione di atti illecite.
Secondo prospettazione difensiva il Tribunale, dinnanzi al quale la difes aveva criticato gli argomenti indiziari valorizzati dal giudice per le ind preliminari peloritano in quanto generici, frutto di travisamento dei f illogicamente valutati, avrebbe semplicemente compendiato la motivazione del primo giudice, incorrendo nelle medesime criticità originariamente denunciate. Contesta, in primis, il travisamento dell’elemento indiziario, id est la frase “quelli del Bisconte”, in tesi erroneamente individuati nel COGNOME e nella COGNOME, da c l’erronea affermazione della partecipazione della ricorrente, col ruolo come sop contestato, al sodalizio capeggiato da COGNOME sin dal 1 novembre 2020, data dell’episodio scaturigine delle indagini, l’arresto di COGNOME.
Il GLYPH coinvolgimento GLYPH della GLYPH ricorrente GLYPH sarebbe GLYPH invece GLYPH ricollegabile, esclusivamente, alla sua relazione col COGNOME.
Il ricorso ripercorre le fonti indiziarie, e precisamente le conversaz intercettate prese in considerazione dal Tribunale, onde disarticolare il perc logico argomentativo sotteso alla affermazione dell’esistenza dell’organizzazio criminale e della gravità degli indizi di colpevolezza in ordine ai contestati fine.
Il ricorso è inammissibile.
1. Giova una preliminare essenziale ricostruzione del quadro procedimentale, come risultante dall’ordinanza impugnata che, nelle 47 pagine di motivazione, da leggersi in uno con l’ordinanza genetica, ripercorre, puntualmente, le emergenze investigative su cui fonda la affermazione di sussistenza del sodalizio criminoso contestato al capo 1), descrivendo (in particolare alle pagine 7 e 8) le ragioni della individuazione di NOME quale capo, con compiti direttivi e organizzativi, per poi passare ad esaminare la posizione dell’odierna ricorrente, COGNOME la cui persona è venuta in rilievo in esito alle attività investigative condotte in occasione degli accadimenti verificatisi il 1 novembre 2020, quando si procedeva all’arresto in flagranza di reato di NOME (cui si accompagnava NOME COGNOME, fermata a bordo dell’autovettura Toyota TARGA_VEICOLO tg. TARGA_VEICOLO presso gli imbarcaderi della Caronte e Tourist di Villa San Giovanni (cfr. pag. 8 e segg dell’ordinanza impugnata). L’evenienza era tale da far appurare, anche per il tramite della acquisizione dei dati dei tabulati telefonici, oltre che l’esistenza di una relazione sentimentale tra i due (COGNOME e COGNOME), i precedenti transiti della medesima auto (Toyota TARGA_VEICOLO dalla Calabria verso Catania e le brevi permanenze, ivi, del 27 e 28 ottobre 2020, la non occasionalità dei viaggi compiti rispetto a quanto occorso il 1 novembre 2020 (dalle conversazioni dell’odierna ricorrente con l’ex marito NOME), la cointeressenza nei fatti di droga con Papa e con terzi da cui il coinvolgimento della Sciuto derivava, e «segnatamente “quelli là del Bisconte”», ossia COGNOME* e l’odierna ricorrente, sua compagna di vita.
Mentre, nel discutere le emergenze contestuali ai fatti dello stesso 1 novembre 2020, il Tribunale censisce ed evidenzia, durante il controllo del Papa, come «dall’esame del telefono cellulare si notavano numerosi tentativi di contatto posti in essere da un’utenza avente n. NUMERO_DOCUMENTO, intestata ad COGNOME NOME ma registrata con il nome di NOME COGNOME a testimonianza dell’evidente interessamento nell’attività quel giorno compiuta, di cui si intendevano conoscere i dettagli e verosimilmente gli esiti».
Attesta così il Tribunale la sussistenza di tutti i tratti caratterist dell’associazione in contestazione, «gruppo criminale capeggiato dall’indagato COGNOME dedito a operare nel territorio messinese, con contatti anche nel territorio calabrese e in quello catanese, per il reperimento, il trasporto, la detenzione e lo smercio di sostanza stupefacente», traendone motivo dai plurimi contatti sussistenti tra gli indagati e dall’interesse evidente di tutti costoro nelle attivi compiute dall’organismo criminale.
A proposito di Arigò il Tribunale spiega come presso la di lui abitazione si tenessero i summit coi soggetti provenienti dal territorio calabrese; come presso la detta abitazione il capo non disdegnasse di cedere sostanze stupefacenti a terzi, con la partecipazione della compagna COGNOME e dello stesso COGNOME, odierno ricorrente; come la presenza ivi di COGNOME (‘compare’) fosse tutt’altro che occasionale e, confermata da servizi di o.c.p., giustificata dalla finalità organizzativa degli illeciti (dalle risultanze intercettative, in particolare quella d 20 aprile 2021, si comprende come i comuni interessi fossero centrati sui debiti, cospicui, vantati nei confronti di terzi soggetti, maturati come corrispettivo della cessione di una considerevole quantità di stupefacente) e anche dai relativi passaggi di denaro (valgano, a solo titolo esemplificativo, le emergenze del 24 aprile 2021 come compendiate nell’informativa del 4 maggio 2021); come ivi si tenessero una serie di incontri tra gli indagati quali sodali ed anche col catanese COGNOME NOME, incontri cui reiteratamente partecipava il ricorrente COGNOME; come ivi, tra l’altro, siano stati rinvenuti complessivi grammi 2.752 di marijuana, e si sia proceduto all’arresto, il 22 maggio 2021, dei coniugi COGNOME in flagranza di reato, evenienza a seguito della quale gli stessi cercavano un incontro proprio con COGNOME e COGNOME (emergenze da cui, tra l’altro, la gravità indiziaria in ordine a concorso nel reato di cui al capo 14).
Le fonti investigative, anche quelle in particolare attestanti la partecipazione di COGNOME alla associazione di che trattasi, sono perciò analizzate, a partire dal fatto scaturigine dell’indagine -l’arresto di NOME del 1 novembre 2020già sopra commentato.
E nel ripercorrere le fasi di organizzazione della trasferta della Sciuto, da parte di “quelli là del Bisconte”, il Tribunale individua costoro in COGNOME NOME, (col quale risultano una serie di contatti telefonici dell’arrestata, via whatsapp, su applicazione Signal; oltre che ben 31 contatti tra il l’ottobre 2020 e I’ll gennaio 2021), e NOME, detta NOME, odierna ricorrente, sua compagna di vita. Mentre, nel discutere le emergenze contestuali ai fatti dello stesso 1 novembre 2020, il Tribunale censisce ed evidenzia, durante il controllo del Papa, come «dall’esame del telefono cellulare si notavano numerosi tentativi di contatto posti in essere da un’utenza avente n. 3791869103, intestata ad COGNOME NOME ma registrata con il nome di NOME COGNOME a testimonianza dell’evidente interessamento nell’attività quel giorno compiuta, di cui si intendevano conoscere i dettagli e verosimilmente gli esiti».
Contributo alla vita associativa, quello della COGNOME (e del compagno COGNOME), desunto, anche, dalla verifica e discussione delle ulteriori fonti investigative (intercettazioni telefoniche e tabulati e tracciamento celle impegnate nel corso delle conversazioni e dei contatti tutti puntualmente indicati) relative:
-al capo 4 di contestazione, relativo alla trasferta per l’acquisto di sostanza stupefacente unitamente al Papa, contestato il 21 gennaio 2021, frutto di una capillare organizzazione risalente già agli ultimi giorni del 2020, testimoniata dalle acquisizioni intercettative in cui il ruolo della ricorrente, di consapevole cinghia di trasmissione delle informazioni al COGNOME è palese ed innegabile, e che risulta in ogni caso anche direttamente e autonomamente coinvolta nell’organizzazione della trasferta, organizzazione compiuta, proprio, presso il rione INDIRIZZO (cfr. pag 17 e segg); trasferta cui materialmente partecipava l’odierna ricorrente insieme con COGNOME e COGNOME (cfr in particolare pag 26 e segg), sì da render necessaria la collaborazione della COGNOME perché tenesse con sé la figlia della COGNOME, facendo rientro a Messina nella prima serata. La telefonata delle ore 19 circa del 21 gennaio, con cui COGNOME comunicava alla COGNOME di essere in procinto di acquistare della carne di cavallo in Catania è stata, correttamente, ritenuta dal Tribunale indizio della compartecipazione all’acquisto della droga -un panetto sottovuoto con sostanza stupefacente del tipo cocaina per complessivi 205 grammi- rinvenuta -nella medesima busta in cui vi erano due confezioni di carta contenenti carne equina, acquistata presso una macelleria in Catania, con scontrino battuto alle ore 20.37 di quella stessa giornata- a bordo della Lancia Y targata TARGA_VEICOLO guidata da COGNOME NOME, per tale motivo tratto in arresto, proprio in quanto gli occupanti della Toyota Yaris, viaggianti evidentemente con funzione di staffetta e ‘bonifica’ preventiva del percorso rispetto alla presenza di forze di polizia, non erano riusciti ad allertarlo; la vicenda è occasione del coinvolgimento della ricorrente negli affari connessi al sostentamento del COGNOME e della compagna, NOME NOME; è ragione della emersione dell’interessamento, diretto e corale, della COGNOME, ai contatti col fornitore, NOME COGNOME detto “NOME“, albanese, della cocaina rinvenuta nella disponibilità del COGNOME (cfr. pag 29 e segg), ragione del debito di circa 8.000 euro con lo stesso contratto per l’acquisto, questione di cui la ricorrente discorre, con chiarezza, con COGNOME e COGNOME; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
-al capo 5 di contestazione, relativo alle reiterate cessioni di stupefacente da parte della coppia COGNOMENOMECOGNOME in favore della pusher COGNOME NOME, tra l’aprile e il maggio 2021 (dell’arresto si legge nella annotazione di servizio del 4 maggio 2021 ove si dà atto del controllo operato a carico della COGNOME da cui il suo arresto, cfr. pg 30 e segg dell’ordinanza, che indica le risultanze investigative nel contenuto delle conversazioni intercettate, dai primi di aprile fino al maggio 2021, con la traditi() della droga cripticamente appellata con serialità ‘profumo’, ma anche ‘conserva’ nelle conversazioni tra le due donne), cessioni assicurate da COGNOME, talvolta in luogo pubblico (24 aprile 2021), talaltra presso l’abitazione della odierna ricorrente COGNOME (4 maggio 2021), con contestuale ricezione del
pagamento e immediato trasferimento del denaro da parte di COGNOME al proprio creditore, nell’occorso non identificato; la vicenda seguita in diretta dagli operanti, dava ragione dell’arresto eseguito il giorno seguente a carico della COGNOME, trovata in possesso di 200 grammi di marjivana, stupefacente di peso e tipologia corrispondente a quanto dalla donna dedotto nella conversazione del 4 maggio 2021 col COGNOME, a indubbia riprova dell’operatività della coppia COGNOMECOGNOME quali piazzisti su Messina, rifornendo tra gli altri la COGNOME a sua volta in grado di vendere lo stupefacente nel mercato della zona di sua residenza;
-ai capi 6 e 7 di contestazione, relativamente ai quali, ancora una volta, le intercettazioni tra COGNOME e COGNOME sono alla base della ricostruzione degli accadimenti relativi al canale di smercio dagli stessi curato nella zona nord della città di Messina, villaggio rivierasco di Acqualadroni, con riferimento a tale ‘Topolino’, soggetto parzialmente inadempiente, ed ad altro acquirente, il ‘catanese’, più affidabile (per la chiarezza degli esiti investigativi descritti ordinanza si fa direttamente riferimento alle pagina 40 e segg).
Da tanto, si ribadisce, il Tribunale ha fondatamente tratto non solo la affermazione della gravità indiziaria per i descritti reati fine, ma, anche, prova del diretto interessamento della ricorrente nella gestione delle attività prodromiche allo spaccio, nel piazzare la sostanza stupefacente e nella individuazione dei soggetti a ciò deputati, sì da affermare «che la donna fosse assolutamente consapevole e coinvolta nella gestione degli affari illeciti del gruppo nel settore degli stupefacenti, prendendo parte attiva alle operazioni compiute per l’approvvigionamento della sostanza, ponendosi quale canale di contatto tra il COGNOME e il Papa, interessandosi delle questioni pratiche sorte all’indomani dell’arresto del COGNOME », ma, anche, il «chiaro, inequivoco e continuativo coinvolgimento della ricorrente negli affari illeciti operati nel mercato degli stupefacenti», e, specificamente nella «cessione a terzi della sostanza stupefacente dalla medesima piazzata, con l’aiuto del compagno, presso altre zone del territorio messinese». Alfine rilevando l’inequivoca significazione delle condotte dell’indagata, emergenze tali da dimostrare «come l’indagata non abbia operato da sola e nel proprio esclusivo interesse: significativi in tal senso devono ritenersi i contatti assunti direttamente con l’COGNOME, principale centro di contatto e di confronto, il suo diretto interessamento nella gestione delle attività prodromiche allo spaccio, i contatti chiaramente mantenuti con gli altri sodali a tali fini, il dire interessamento nelle trasferte operate per l’approvvigionamento della sostanza stupefacente», da cui la predicata partecipazione alla associazione.
2. Ciò si è premesso in quanto questa Corte Suprema è ferma nel ritenere che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per
cassazione con il quale si lamenti l’insussistenza dei gravi indizi di colpevole ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovver la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni dell logica ed i principi di diritto, ma non anche quando (…) propone e sviluppa cens che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una div valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 6, n. 111 dell’8/3/2012, COGNOME, Rv. 252178).
Conseguentemente, allorquando si censuri la motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indiz colpevolezza, alla Corte Suprema spetta solo il compito di verificare, in relazi alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso inerisc il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’han indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degl elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diri governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie (Sez. 4, n. 26992 de 29/5/2013, Rv. 255460; conf. Sez. 4, n. 37878 del 6/7/2007, COGNOME e altri, Rv 237475).
Parametro ermeneutico centrale ai fini della delimitazione della cognizione della Corte in materia cautelare è quello secondo il quale non è conferita a que giudice di legittimità alcuna possibilità di revisione degli elementi materi fattuali delle vicende indagate, né dello spessore degli indizi; e nemmeno è d alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche del fatto o di quelle sogge dell’indagato in relazione all’apprezzamento delle stesse che sia stato operato ai fini della valutazione delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adegu Donde l’inammissibilità delle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono in realtà nella sollecitazione a compiere una dive valutazione di circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., tra le altre, n.7445/2021).
Il controllo di logicità, peraltro, deve rimanere interno al provvedimen impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fatt delle vicende indagate. In altri termini, è consentito in questa sede esclusivame verificare se le argomentazioni spese sono congrue rispetto al fine giustifica del provvedimento impugnato. Se, cioè, in quest’ultimo, siano o meno presenti due requisiti, l’uno di carattere positivo e l’altro negativo, e cioè l’esposizio ragioni giuridicamente significative su cui si fonda e l’assenza di illogicità evi risultanti, cioè, prima facie dal testo del provvedimento impugnato.
2.1. Questa Corte di legittimità ha poi più volte ha ribadito come la nozione di gravi indizi di colpevolezza in sede cautelare non sia omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale (cfr. ex multis Sez. 5 n. 36079 del 5/6/2012, COGNOME ed altri, Rv. 253511). Al fine dell’adozione della misura cautelare, infatti, è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità” sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitati. In altr termini, in sede cautelare gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen Ciò lo si desume con chiarezza dal fatto che l’art. 273, comma 1 bis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi (così univocamente questa Corte, ex plurinnis Sez. 2, n. 26764 del 15.3.2013, Ruga, rv. 256731; sez. 6 n. 7797′. del 5.2.2013, COGNOME, rv. 255053; sez. 4 n. 18589 del 14.2.2013, Superbo, rv. 255928).
2.2. Se quelli appena illustrati sono, dunque, i limiti del sindacato di questa Corte in punto di sussistenza della gravità indiziaria, la stessa lettura dei motivi del ricorso in esame palesa che ivi si propongono e sviluppano censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una proposta alternativa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito, a fronte di argomentazioni spese nel provvedimento impugnato -quelle sopra richiamateche appaiono congrue rispetto al fine giustificativo del provvedimento impugnato, per cui quello che si chiede è proprio quello che questo giudice di legittimità non può fare, e cioè una rivalutazione nel merito del compendio indiziario.
Osserva il Collegio, allora, che non risulta essersi verificata alcuna violazione di legge e che non risulta vizio di motivazione rilevante ex art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen..
La motivazione del tribunale del riesame in punto di gravità indiziaria è stata prospettata, in concreto e diffusamente, in modo logico, senza irragionevolezze, con completa e coerente giustificazione di supporto alla affermata persistenza della misura e della sua adeguatezza.
A fronte del descritto corposo compendio indiziario -solo sinteticamente riprodotto, nei limiti di quanto utile alla discussione dei motivi di ricorso correttamente interpretato in aderenza alle risultanze in atti, la motivazione resa dal Tribunale è immune, anche, dal preteso travisamento della prova indiziaria, denunciato con riferimento ad una sola espressione, tratta da una sola intercettazione (e che, al più, dunque, riverbererebbe sulla sola attribuibilità all’indagata dell’organizzazione dell’episodio oggetto di contestazione a COGNOME),
laddove fondamento dei gravi indizi a suo carico si trae da una pletora di ulteriori fonti, neppure dalla difesa contestate, sicchè corretta è l’affermazione del Tribunale della Libertà di Messina in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza legittimanti, ai sensi dell’art. 273 cod proc pen., l’applicazione della misura cautelare al ricorrente.
3.1. Pur non potendosi parlare di «doppia conforme», le due ordinanze cautelari -genetica e del Tribunale della Libertà- pervengono a conclusioni sovrapponibili, seguendo i medesimi passaggi argomentativi, sicché esse si integrano, formando un unicum, e la prospettata censura di travisamento della prova va parametrata alla motivazione così complessivamente risultante.
Le obiezioni della difesa circa la lettura fornita dai giudici di merito della frase intercettata -“quelli del Bisconte”- attengono alla ritenuta portata dimostrativa del contenuto della conversazione stessa, che costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se tale valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, COGNOME, Rv. 267650 – 01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 – 01; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, dep. 30/04/2008, COGNOME, Rv. 239724). è possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenuto in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile (Sez. 3, n. 6722 del 21/11/2017, 2018. COGNOME, Rv. 272558 – 01; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259516 – 01; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252190 – 01; Sez.2, n. 38915 del 17/10/2007, dep. 19/10/2007, COGNOME, Rv. 237994). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Tuttavia, la difesa non ha dedotto illogicità evidenti desumibili dal testo della sentenza impugnata, nè ha assolto il peculiare onere di rappresentare in modo adeguato l’eventuale vizio di travisamento della prova (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, dep. 03/10/2008, COGNOME, Rv. 241023).
Sicchè il motivo, per le ragioni sopra dedotte inammissibile, e tale anche perché non si confronta con la motivazione resa risultando perciò generico, è, anche, alla stregua di quanto risultante in atti, manifestamente infondato.
3.3. Inoltre il travisamento della prova che è consentito dedurre in cassazione può consistere: a) nella contraddittorietà della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato, ovvero da altri atti del processo indicati nei motivi di gravame; b) dall’errore cosiddetto «revocatorio», che, cadendo sul «significante»
e non sul «significato» della prova, si traduce nell’utilizzo di una prova inesistente per effetto di una errata percezione di quanto riportato dall’atto istruttorio (Sez. U, n. 18620 del 19/01/2017, Patalano; Sez. 5, n. 18542 del 21/01/2011, COGNOME; Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013, Giugliano; Sez. 5, n. 8188 del 04/12/2017, COGNOME; Sez. 2, n. 27929 del 12/06/2019, PG c/ COGNOME).
Il «travisamento della prova» è quel vizio in forza del quale il giudice di legittimità, lungi dal procedere ad una (inammissibile) rivalutazione del fatto (e del contenuto delle prove), prende in esame gli elementi di prova risultanti dagli atti per verificare se il relativo contenuto è stato o meno trasfuso e valutato, senza travisamenti, all’interno della decisione.
Per aversi vizio di travisamento della prova «è necessario, insomma, che la relativa deduzione abbia un oggetto definito e inopinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della dichiarazione (o di altro elemento di prova) e quello tratto dal giudice».
Tale vizio, inoltre, è ravvisabile ed efficace solo se l’errore accertato sia idoneo a «disarticolare l’intero ragionamento probatorio, rendendo illogica la motivazione per la essenziale forza dimostrativa dell’elemento frainteso o ignorato» (così anche Sez. 6, n. 10795 del 16/02/2021, Rv. 281085 – 01, secondo cui il vizio di motivazione rileva nei limiti in cui «possa scardinare la logica del provvedimento, creando una insanabile frattura tra il giudizio e le sue basi fattuali»).
Il mezzo di prova che si assume travisato od omesso deve, quindi, avere carattere di «decisività» (v., ex plurimis, Sez. 3, n. 23913 del 14/05/2014, C., Rv. 259196).
In ogni caso, non spetta a questa Corte «rivalutare» il modo con cui quello specifico mezzo di prova è stato apprezzato dal giudice di merito (Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2022, COGNOME, Rv. 283370 – 01).
3.4. Nessuna delle dedotte evenienze ricorre nel caso di specie.
4. Inammissibili per genericità intrinseca ed estrinseca sono anche le censure svolte in tema di insussistenza della partecipazione al consesso associativo della ricorrente (le Sezioni Unite della Corte n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 268822 – 01; conformi, ex multis, Sez. 2, n. 51531 del 19/11/2019, Greco, Rv. 277811 – 01; Sez. 3, n. 12727 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 275841 – 01, hanno precisato che i motivi di impugnazione sono affetti da genericità «estrinseca» quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato (fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell’impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato), posto che l’atto di impugnazione «non può ignorare le ragioni del provvedimento
censurato» (Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425), e da genericità «intrinseca» quando risultano intrinsecamente indeterminati, risolvendosi sostanzialmente in formule di stile, come nel caso di appelli fondati su considerazioni generiche o astratte, o comunque non pertinenti al caso concreto (ex multis, Sez. 6, n. 3721 del 2016 e Sez. 1, n. 12066 del 05/10/1992, Makram), ovvero su generiche doglianze concernenti l’entità della pena a fronte di sanzioni sostanzialmente coincidenti con il minimo edittale (ex multis, Sez. 6, n. 18746 del 21/01/2014, COGNOME, Rv. 261094) ).
4.1. Quello di partecipazione alla associazione è reato a forma libera, la cui condotta costitutiva può realizzarsi in forme diverse, purché si traduca in un apprezzabile contributo alla realizzazione degli scopi dell’organismo, posto che in tal modo si verifica la lesione degli interessi salvaguardati dalla norma incriminatrice.
Questa Corte ha precisato che, ai fini della determinatezza dell’imputazione di condotta di partecipazione al sodalizio in oggetto, non è neppure necessaria l’indicazione dello specifico ruolo eventualmente rivestito dal partecipante. In termini Sez. 3, n. 35975 del 26/05/2021 Ud. (dep. 04/10/2021 ) Rv. 282139 01, laddove, se pure è stato affermato che la commissione di più reati-fine in concorso con singoli partecipi al sodalizio non è vicenda fattuale di per sé idonea ad integrare di per sé l’esistenza di indizi gravi, precisi e concordanti in ordine alla partecipazione al reato associativo, è pur vero che rilevano rapporti -come nel caso di specie esistenti- che costituiscano forme di interazione nell’ambito di un gruppo organizzato, significative di riferimenti al ruolo esponenziale dei predetti per conto della consorteria (così Sez. 3, n. 9036 del 31/01/2022 Cc. (dep. 17/03/2022) Rv. 282838 – 01).
Fermo restando che, ai fini della verifica degli elementi costitutivi della partecipazione al sodalizio, ed in particolare dell’ affectio di ciascun aderente ad esso, non rileva la durata del periodo di osservazione delle condotte criminose, che può essere anche breve, purché dagli elementi acquisiti possa inferirsi -come nella specie- l’esistenza di un sistema collaudato al quale gli agenti abbiano fatto riferimento anche implicito, benché per un periodo di tempo limitato ( cfr. Sez. 6, n. 42937 del 23/09/2021 Cc. (dep. 22/11/2021 ) Rv. 282122 – 01).
4.2. La partecipazione della ricorrente al sodalizio è, dal Tribunale, affermata sulla base di una lettura sinergica e complessiva del compendio disponibile, valorizzato non solo nella parte in cui si sostanziano i gravi indizi di colpevolezza in ordine ai reati fine a lui cautelarmente imputati (come sopra discussi), ma, anche relativamente alle risultanze più direttamente inerenti alla persona del capo NOMECOGNOME ed alla collaborazione prestata a lui ed alla moglie.
L’attività investigativa consistita in o.c.p., in attività intercettative dei telef usati dai sodali, nei sequestri eseguiti, nell’esame dei tabulati telefonici, ha provato, ben oltre i limiti della fase cautelare, l’esistenza di una stabile organizzazione dedita al narcotraffico nel territorio della provincia di Messina.
A capo del gruppo si pone certamente COGNOME NOME; con funzioni di organizzatore logistico il ricorrente; gli altri soggetti sono indagati quali partecip al sodalizio. Tra costoro la ricorrente, il cui ruolo è attestato nnercè i significati contatti assunti direttamente con l’COGNOME, principale centro di contatto e di confronto, il suo diretto interessamento nella gestione delle attività prodromiche allo spaccio, i contatti chiaramente mantenuti con gli altri sodali a tali fini, il dire interessamento nelle trasferte operate per l’approvvigionamento della sostanza stupefacente.
Tutto ciò risulta ampiamente provato in atti e minuziosamente descritto dal Tribunale nel provvedimento confermativo.
E a sostegno della affermata intraneità della ricorrente alla associazione contestata vale l’accertamento dei dedotti facta concludentia, quali i contatti continui tra la ricorrente e i sodali, che ampiamente superano e contraddicono la censurata equazione tra rapporto di coniugio e appartenenza al sodalizio, interloquendo la ricorrente con cognizione di causa e ‘competenza’ criminale non solo col compagno, ma anche direttamente con altri associati, operando in una logica di gruppo.
Quanto basta, attese le connotazioni concrete della indagata condotta, per affermare la partecipazione della COGNOME alla associazione.
Si rammenta che in termini di configurabilità e sussistenza del reato questa Sez. 3, n. 48568 del 25/02/2016 Ud. (dep. 17/11/2016) Rv. 268184 – 01 ha già condivisibilmente ritenuto che « l’esistenza della consorteria criminosa non è esclusa per il fatto che la stessa sia imperniata per lo più intorno a componenti della stessa famiglia, atteso che, al contrario, i rapporti parentali o coniugali, sommandosi al vincolo associativo, rendono quest’ultimo ancora più pericoloso. (Fattispecie di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, nella quale la SRAGIONE_SOCIALE ha escluso che il rapporto di fratellanza fra i componenti del sodalizio rilevasse per l’esclusione del vincolo associativo ovvero per la sussistenza della attenuante ex art. 74, comma sesto, d.P.R. n. 309 del 1990)».
5. Il ricorso deve dunque essere dichiarato, per tutte le ragioni sopra discusse, inammissibile.
Ne consegue l’onere per la ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento.
Tenuto conto, infine, della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13
giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità”, si dispone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro 3.000 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 29 gennaio 2025
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Il Presidente