Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 29562 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 29562 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME nato a Null (GEORGIA) il 03/11/1984 NOME COGNOME nato a Null (GEORGIA) il 02/05/1995 NOME COGNOME nato a Null (GEORGIA) il 03/08/1991
avverso l’ordinanza del 25/03/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di Reggio Calabria Udita la relazione del consigliere relatore NOME COGNOME Lette le conclusioni del Procuratore Generale, in persona del Sostituto NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza pronunciata a norma dell’art. 309 cod. proc. pen., il Tribunale del riesame di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza con la quale il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria GLYPH aveva applicato la misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME in ordine al delitto di cui agli artt. 110 e 624 bis, comma 3, in relazione all’art. 625 comma 1 n. 2) e n. 5) cod. pen., commesso in Reggio Calabria il 5 marzo 2025.
Secondo l’accusa, gli indagati, dopo essersi introdotti, mediante utilizzo di una chiave universale passepartout, all’interno dell’abitazione di NOME COGNOME, si erano impossessati di svariati preziosi e monili in oro, per un valore complessivo di circa 2000 euro, contenuti all’interno dei cassetti dei comodini della camera da letto, per poi darsi alla fuga a bordo di un’ autovettura Renault Clio.
Contro l’ordinanza, gli indagati, a mezzo dei loro difensori, hanno proposto ricorso con atto unico, formulando sette motivi.
2.1. Con il primo motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nei confronti di NOME e NOMECOGNOME con particolare riferimento alla mancata considerazione degli elementi addotti dalla difesa e delle spontanee dichiarazioni rese da NOME.
Dopo che era stata evidenziata una serie di elementi tale da scardinare la valenza del quadro indiziario, il Tribunale aveva replicato che le risultanze delle indagini permettevano invece di identificare i tre indagati quali autori del furto anche a prescindere dalla immagini delle telecamere di videosorveglianza della cui qualità la difesa si doleva e che, comunque, l’analisi delle immagini proveniva dalla polizia giudiziaria e, dunque, da una fonte qualificata. Tale ultimo assunto, rileva il difensore, sarebbe apodittico, in quanto fonte privilegiata è l’informativa di polizia giudiziaria, ma non anche le immagini ivi riprodotte la cui efficacia dimostrativa dipende solo dalla loro qualità.
Il Tribunale, inoltre, non avrebbe considerato le dichiarazioni spontanee rese da NOME all’udienza del 5 marzo 2025, con cui aveva affermato di non essere il soggetto ripreso dalle telecamere e di non essere mai salito a bordo dell’autovettura condotta da NOME, salvo che nell’occasione della presunta fuga vista dagli operanti. Egli si era trovato occasionalmente nell’abitazione di INDIRIZZO ove erano stati trovati oggetti atti allo scasso, e, in ogni caso, il rinvenimento di tali oggetti non valeva in alcun modo a suffragare il suo coinvolgimento nel furto in abitazione oggetto di contestazione. GLYPH
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2.2. Con il secondo motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con particolare riferimento alla valorizzazione delle immagini del sistema di videosorveglianza e della mancata spiegazione da parte di NOME e NOME in ordine alla provenienza del denaro loro sequestrato. Dopo che la difesa aveva evidenziato come il possesso in capo agli indagati delle somme di t d. che trattasi non j alle norme vigenti in materia di circolazione e che i due lo avevano giustificato, l’uno rispondendo alle domande del Gip e l’altro alle domande che precedono l’interrogatorio di garanzia, iliribunale, senza prendere in considerazione tali deduzioni, aveva ribadito il carattere sospetto della disponibilità di denaro: in realtà solo NOME COGNOME era disoccupato, mentre gli altri due indagati avevano riferito di lavorare. Il difensore sottolinea, inoltr che gli indagati non parlano e non capiscono la lingua italiana e al momento del fermo non avrebbero, dunque, potuto difendersi, stante l’assenza di un interprete.
2.3. Con il terzo motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio d motivazione in relazione alla censura con cui si era evidenziato che il Pubblico Ministero non aveva prodotto anche il file video. Il difensore ricorda che il PM ha l’obbligo di fornire al giudice gli elementi su cui la richiesta di misura si fonda nonché gli elementi favorevoli all’indagato. Nel caso in esame il PM non aveva visionato direttamente i filmati, sicché non aveva potuto rendersi conto della scarsa qualità delle immagini.
2.4. Con il quarto motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e alla valorizzazione del rinvenimento addosso a Gocha COGNOME della presunta chiave passepartout. Invero nella disponibilità dell’indagato era stata trovata solo una chiave a cilindro europeo, peraltro in occasione del fermo, ovvero a distanza di 48 ore dai fatti, sicché tale disponibilità non poteva essere considerata significativa di alcunché. Analogamente, anche il rinvenimento dei gioielli nell’abitazione di NOME COGNOME non era elemento di rilievo, giacché non ne era stata dimostrata la provenienza delittuosa.
2.5 Con il quinto motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla contestazione delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625 comma 1 nn. 2 e 5 cod. proc. pen per essere stato il reato commesso da più di una persona con il volto travisato e con il mezzo fraudolento; la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata derubricazione del delitto in furto semplice.
Il difensore rileva che in nessuna delle immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza si vede il terzo soggetto e men che meno si vedono i due
soggetti ignoti con il volto travisato. Peraltro non vi era certezza GLYPH j che i soggetti immortalati nelle immagini fossero i ricorrenti. Il fatto non sarebbe stato commesso con violenza sulle cose, né con mezzo fraudolento: sotto tale ultimo profilo il difensore ricorda che la chiave sequestrata a Rokhvadze è una semplice chiave a cilindro europeo, non riconducibile al reato contestato.
2.6. Con il sesto motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. L’ordinanza del Tribunale non si sarebbe confrontata con le deduzioni formulate con la memoria difensiva e avrebbe apoditticamente affermato la gravità del fatto, in contrasto con le emergenze oggettive: doveva piuttosto considerarsi che il valore dei beni sottratti alla persona offesa non era particolarmente rilevante e che non erano stati arrecati danni al mobilio, né erano state sottratte le armi, pure presenti in casa.
Inoltre, nel caso in esame, non può ritenersi che all’esito del giudizio la pena sarà superiore ai tre anni di reclusione, sicché, stante la previsione di cui all’art. 275, comma 2-bis, cod. proc. pen., la misura del carcere non può essere applicata.
Infine i giudici avrebbe ll cresunto il pericolo di fuga e il pericolo di reiterazione di reati analoghi a quello per cui si procede da elementi astratti, non ancorati alle emergenze del caso in esame.
2.7. Con il settimo motivo, hanno dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla valutazione di adeguatezza della sola misura della custodia cautelare in carcere. Il difensore ricorda che tutti gli indagati avevano documentato la disponibilità di abitazioni ove essere ristretti agli arresti donniciliari
Il Procuratore Generale, nella persona del sostituto NOME COGNOME ha presentato conclusioni scritte, con cui ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi.
Con una prima memoria, depositata in data 20 giugno 2025, la difesa degli indagati ha dedotto un motivo aggiunto, rilevando che il Pubblico Ministero aveva trasmesso al Tribunale il cd contenente i frame delle immagini delle telecamere tardivamente, ovvero il giorno successivo all’udienza camerale.
Con una successiva memoria, depositata in data 1 luglio 2025, il difensore degli indagati, in replica alle conclusioni del Procuratore Generale, ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi non superano il vaglio di ammissibilità.
I primi cinque motivi, tutti incentrati sulla ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, sono inammissibili per plurinni i konvergenti ragioni.
Il Tribunale del riesame si è diffuso in maniera analitica e puntuale sulle risultanze delle indagini, da cui era emerso il coinvolgimento dei tre indagati nel furto in abitazione commesso in danno di NOME COGNOME In particolare / i giudici hanno dato atto:
-che dalla visione delle immagini del sistema di videosorveglianza presente sulla strada ove è ubicata l’abitazione della persona offesa, GLYPH emergeva che il giorno 5 marzo 2025, intorno a metà mattina, era giunta nei pressi di detta abitazione un’autovettura Renault Clio di cui era visibile la targa; la vettura aveva effettuato alcuni passaggi intorno al palazzo e poi si era allontanata; dopo qualche minuto era ritornata e si era fermata nei pressi del palazzo ove la vittima; dall’auto erano scesi due uomini, identificati successivamente in NOME COGNOME e NOME COGNOME, e si erano diretti verso l’ingresso del palazzo, seguiti da un terzo uomo, poi riconosciuto in NOMECOGNOME dopo alcuni passaggi nei dintorni dello stabile, i tre soggetti erano stati inquadrati, dapprima, mentre si dirigevano verso lo stabile e, successivamente, mentre ritornavano verso l’autovettura, ripartita, poco dopo, in direzione del centro cittadino;
-che l’autovettura Renault Clio, a bordo della quale i tre erano arrivati e si erano poi allontanati, era stata noleggiata da Vakhtangi Khurtsidze;
-che, due giorni dopo il furto, ovvero il 7 marzo 2025, detta auto era stata individuata nei pressi di uno stabile di INDIRIZZO; all’interno di uno degli alloggi ivi ubicati, erano stati identificati i tre indagati; NOME e NOME momento dell’ingresso delle forze dell’ordine si trovavano sul balcone e avevano cercato di scappare, ma erano stati bloccati e, in esito alla perquisizione, erano stati trovati in possesso rispettivamente della somma di 950 euro e della somma di 1000 euro; NOME COGNOME all’interno dell’alloggio era stato trovato in possesso di un paio di orecchini da donna e di un anellino in oro rosso custoditi nel portafoglio, di altri gioielli custoditi in una borsa a tracolla e di una chiave d tipo cilindro europeo passepartout; nella camera da lui occupata erano stati rinvenuti altri monili, nonché numerosi oggetti atti allo scasso.
-che NOME e NOME al momento del controllo, indossavano gli stessi indumenti con cui erano stati immortalati dalle telecamere di videosorveglianza e erano stati riconosciuti con certezza dalla polizia giudiziaria attraverso la visione dei filmati;
-che la persona offesa aveva riconosciuto, con certezza, come propri alcuni dei monili sequestrati a Rokhvadze.
Da tutti tali elementi, unitariamente considerati, il Tribunale ha desunto in capo ai tre ricorrenti i gravi indizi di colpevolezza in ordine al reato loro contestato.
A fronte di tale ricostruzione coerente con le risultanze richiamate, i motivi di ricorso, oltre ad essere meramente reiterativi, si limitano a contestare l’efficacia dimostrativa di tali risultanze, senza neppure dedurre profili di illogicità dell motivazione, e in tal modo sollecitano un sindacato che esula dai poteri della corte di legittimità. L’ordinamento non conferisce alla Corte di cassazione alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del giudice cui è stata richiesta l’applicazione della misura cautelare e del tribunale del riesame. Con la conseguenza che il ricorso per cassazione che deduca l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (così, tra le altre, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
I giudici hanno anche replicato alla censura con cui GLYPH la difesa aveva evidenziato la scarsa qualità delle immagini trasposte nell’ordinanza applicativa della misura cautelare, rilevando che non era stato dimostrato che i filmati (il cui rilascio avrebbe potuto essere chiesto al Pubblico Ministero) non consentissero una chiara visione dei soggetti coinvolti nell’azione delittuosa e, dunque, la loro identificazione. In proposito l’ordinanza impugnata si è soffermata, con riferimento a ciascuno degli indagati, sugli elementi che avevano condotto alla loro certa identificazione (pagg 7-9) come autori del furto e con tale puntuale passaggio argomentativo i ricorrenti omettono di confrontarsi, limitandosi a reiterare la stessa doglianza relativa alla scarsa qualità delle immagini e trascurando di considerare le ulteriori risultanze debitamente elencate e interpretate in maniera logica dai giudici della cautela.
Per completezza di analisi, in replica alle censure dedotte, si deve rilevare che il rinvenimento della chiave passepartout nella disponibilità di COGNOME è stato valorizzato nell’ordinanza impugnata, unitamente agli altri elementi su indicati, primo fra tuttci il riconoscimento da parte della persona offesa dei monili da lui custoditi come quelli a lei sottratti e che, analogamente, il possesso del denaro da parte degli indagati è stato menzionato a corredo di un consistente quadro indiziario.
Aspecifica, oltre che dedotta per la prima volta in questa sede, è la doglianza relativa alla mancata conoscenza della lingua italiana da parte dei ricorrenti.
Infine, inammissibile è anche la censura relativa alla tardiva trasmissione al Tribunale da parte del Pubblico Ministero del cd contenente i filmati estrapolati dalla telecamera di videosorveglianza: a prescindere dal difetto di autosufficienza del ricorso sul punto (sez. 4, n.46979 del 10/11/2015, COGNOME, Rv. 265053; sez. 2, n. 20677 del 11/04/2017, COGNOME, Rv. 27007; Sez. 5, n. 5897 del 03/12/2020, dep. 2021, Cossu, Rv. 280419), si osserva che l’omessa trasmissione al tribunale del riesame di parte degli atti acquisiti al procedimento cautelare determina la caducazione del provvedimento impugnato soltanto qualora gli atti non trasmessi siano stati ritenuti determinanti ai fini dell’applicazione della misura, spettando all’indagato l’onere di indicare le ragioni per le quali gli atti di c lamenta la mancata trasmissione abbiano rivestito tale carattere (Sez. 5, n. 19979 del 15/02/2024, NOME COGNOME, Rv. 286384 – 01; Sez. 3, n. 25632 del 29/01/2018, B., Rv. 273348; Sez. 5, n. 21205 del 03/03/2017, COGNOME, Rv. 270050; Sez. 2, n. 20191 del 04/02/2015, COGNOME, Rv. 263522).
Il quinto motivo, con cui si censura la ritenuta sussistenza delle circostanze aggravanti di cui all’art. 625, comma 1 nn. 2 e 5, cod. pen., e la qualificazione della fattispecie come furto in abitazione anziché come furto semplice, è, inammissibile per difetto di specificità o, comunque, manifestamente infondato.
Con riferimento alla qualificazione giuridica, anche a non voler considerare la assoluta genericità della doglianza, è sufficiente rilevare come nell’ordinanza del Tribunale si dia atto del contenuto della denuncia sporta dalla persona offesa: ella aveva riferito che, nella mattina del 5 marzo 2025, era uscita di casa, chiudendo la porta di ingresso a chiave con più mandate, e al rientro aveva trovato le mandate disinserite e lo spioncino danneggiato e si era accorta che le erano stati sottratti alcuni monili custoditi nel suo alloggio. La contestazione di furto in abitazione, dunque, è coerente con il contenuto della denuncia, confermato, peraltro dalle immagini del sistema di videosorveglianza che avevano ripreso tre soggetti nell’atto di dirigersi verso lo stabile ove abita la vittima.
La contestazione delle circostanze aggravanti relative all’essere stato il fatto commesso da tre persone e mediante l’utilizzo di un mezzo fraudolento, ovvero mediante chiave passepartout, è anch’essa coerente con le risultanze delle indagini icome sopra riportate. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno chiarito che “nel reato di furto, l’aggravante dell’uso del mezzo fraudolento delinea una condotta, posta in essere nel corso dell’azione delittuosa dotata di marcata efficienza offensiva e caratterizzata da insidiosità, astuzia, scaltrezza, idonea, quindi, a sorprendere la contraria volontà del detentore e a vanificare le misure
che questi ha apprestato a difesa dei beni di cui ha la disponibilità” (Sez. U, n. 40354 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 255974 – 01). La valutazione per cui l’utilizzo di una chiave universale rappresenti un’insidia volta a vanificare le misur apprestate dal titolare a difesa dei suoi beni appare logica e non si presta a censura.
Il sesto e il settimo motivo, incentrati sulla sussistenza GLYPH delle esigenze cautelari e sulla valutazione di adeguatezza della sola misura del carcere, sono inammissibili in quanto aspecifici e, comunque, manifestamente infondati.
Anche in relazione al tema delle esigenze cautelari, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito (così, tra le altre, Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
Ciò premesso, si osserva che il Tribunale, in coerenza con la valutazione del Gip, COGNOME ha confermato la sussistenza:
-del pericolo di reiterazione del reato, desunto dalle concrete modalità dei fatti indicative di professionalità (in tal senso ha menzionato i sopralluoghi effettuati prima dell’azione delittuosa e la disponibilità di oggetti atti allo scasso e d refurtiva non riconducibile al delitto in danno di COGNOME) e, con riferimento a COGNOME, dal recente precedente specifico a suo carico;
-del pericolo di fuga, desunto dalla condizione di irregolarità dei tre ricorrenti (privi di radicamento sul territorio nazionale, di dimora e di attività lavorativa) e dal tentativo di scappare posto in essere da NOME e NOME al momento dell’ingresso nell’alloggio delle GLYPH rze dell’ordine.
I giudici si sono anche soffermati sulla adeguatezza della sola misura della custodia in carcere alla salvaguardia delle esigenze cautelari, rilevando che misure meno afflittive non possono garantire rispetto al concreto pericolo che gli indagati si diano alla fuga e facciano perdere le loro tracce.
I motivi, di contro, lungi dal contrapporre agli argomenti individuati dal Tribunale specifiche ragioni in fatto o in diritto, sono meramente avversativi nel contestare il giudizio sulla gravità del fatto e sulla inidoneità della misura degli arresti domiciliari.
Infine, nessuna valutazione doveva essere formulata dai giudici della cautela in ordine alla pena che potrà essere inflitta in caso di condanna, in quanto il reato di cui all’art. 624 bis cod. pen., ai sensi dell’art. 275 comma 2-bis cod. proc. pen, è ricompreso nell’elenco di reati per cui non si applica la disposizione di cui alla
prima parte di detto articolo, secondo la quale non può essere applicata la mis della custodia cautelare in carcere se il giudice ritiene che, all’esito del giud pena detentiva irrogata non sarà superiore a tre anni.
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi segue ;la condanna d ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto corilL deka sentenza del Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussisto elementi per ritenere che i ricorrenti non versassero in colpa nella determinazi della causa di inammissibilità, deve essere disposta a loro carico, a norma dell 616 cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di C 3.000,00 ciascuno in favo della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento del spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della cass delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti ex art. 94, comma Iter disp. att. cod. proc. pen.