Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23278 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23278 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato in Montenegro il DATA_NASCITA, contro l’ordinanza del Tribunale di Bari del 28.12.2023;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28.12.2023, il Tribunale di Bari ha respinto l’istanza di riesame che era stata proposta nell’interesse di NOME COGNOME contro il
provvedimento con cui il GIP del capoluogo pugliese aveva adottato, nei suoi confronti, la misura cautelare della custodia in carcere ravvisando gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti di truffa, sostituzione di persona, riciclaggio, fal in certificazione, falso in atto pubblico fidefacente e, per altro verso, il ricorso esigenze cautelari non altrimenti fronteggiabili;
2. ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore di fiducia che deduce, con un unico motivo, inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità e vizio di motivazione in relazione all’art. 273 cod. proc. pen.: rilev che la motivazione del provvedimento gravato è carente in punto di gravità indiziaria nei confronti dell’odierno ricorrente su cui, infatti, la denuncia del persona offesa è del tutto silente; segnala che,dallo stesso sviluppo della vicenda, come ivi ricostruito, risultava evidente la assenza di indizi di colpevolezza a carico del COGNOME; osserva, infatti, che, proprio alla stregua di quanto sostenuto dal denunziante, il COGNOME non aveva avuto alcun ruolo nella compravendita della Land Rover ed aveva invece consegnato la somma di euro 3.000 per l’acquisto dell’Audi A5.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché articolato su censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
1. Non è inutile ribadire quali siano i termini del sindacato, in questa sede, dei provvedimenti adottati dal Tribunale del Riesame sulla libertà personale; è infatti consolidato il principio, condiviso dal Collegio, secondo cui, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza e RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari, alla Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario e della permanenza RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie.
Il ricorso è perciò ammissibile soltanto se con esso venga denunciata la violazione di specifiche norme di legge, ovvero si deduca la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, secondo i canoni della logica ed i principi di
diritto, e non si ci limiti a propone e sviluppare censure che attengono alla ricostruzione dei fatti, ovvero che si risolvono in una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE circostanze esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884).
La censura con cui si denunci il vizio di motivazione in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in altri termini, consente al giudice di legittimità di vagliare la adeguatezza RAGIONE_SOCIALE ragioni addotte rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie, non potendos; prendere in esame quei rilievi che, pur investendo formalmente la motivazione del provvedimento impugnato, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (cfr., Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. 3, Sentenza n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400).
Va anche ricordato che, nella fase cautelare, si richiede non la prova piena del reato contestato (secondo i criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen.) ma solo la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza; questo Collegio, in particolare, condivide la tesi secondo cui “in tema di misure caute/ari personali, la nozione di gravi indizi di colpevolezza di cui all’art. 273 cod. proc. pen. non si atteggia all stesso modo con cui il termine indizi inteso viene utilizzato quale elemento di prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza. Pertanto, ai fini dell’adozione di una misura cautelare, è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli e gli indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti per il giudizio di merito dall’art. 192 cod. pr pen., comma 2, come si desume dall’art. 273 cod, proc. pen., comma ibis, che richiama i commi terzo e quarto dell’art. 192 cod. proc. pen., ma non il comma 2 dello stesso articolo che richiede una particolare qualificazione degli indizi (non solo gravi ma anche precisi e concordanti)” (cfr., Sez. 5, n. 36079 del 5.6.2012, COGNOME ;ez. 4, n. 6660 del 24.1.2017, COGNOME; Sez. 4, n. 53369 del 9.11.2016, COGNOME; conf., ancora, Sez. 4, n. 17247 del 14.3.2019, COGNOME, in cui la Corte ha ribadito i necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quale elementi di prova idonei a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. – che oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli indizi – non
richiamato dall’art. 273 comma 1 -bis, cod. proc. pen.; conf., sul punto, e tra le altre, Sez. 1, n. 43258 del 22.5.2018, Tantone; Sez. 2, n. 22968 dell’8.3.2017. Carrubba).
Esula, inoltre, dai poteri della Corte di RAGIONE_SOCIALEzione quello di una ‘rilettura’ degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione RAGIONE_SOCIALE risultanze processuali (cfr., Sez. U, n. 6402 del 30.4.1997, COGNOME; Sez. 4, n. 4842 del 2.12.2003, COGNOME; Sez. 6, n. 49153 del 12.11.2015, secondo cui la motivazione del provvedimento che dispone una misura coercitiva è censurabile in sede di legittimità solo quando sia priva dei requisiti minimi di coerenza, completezza e logicità al punto da risultare meramente apparente o assolutamente inidonea a rendere comprensibile il filo logico seguito dal giudice di merito o talmente priva di coordinazione e carente dei necessari passaggi logici da far risultare incomprensibili le ragioni che hanno giustificato l’applicazione della misura).
Tanto premesso, va rilevato che, nel caso di specie, il ricorso appunta la sua attenzione esclusivamente sul profilo della gravità indiziaria nulla invece avendo dedotto sul piano RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari.
Il COGNOME è stato attinto dalla misura custodiale sulla scorta RAGIONE_SOCIALE incolpazioni provvisorie di concorso in truffa, sostituzione di persona, riciclaggio, falso materiale in certificazioni e falso in atto pubblico per induzione nell’ambito del procedimento originato dalla denuncia di tale NOME COGNOME il quale aveva fatto presente che alcune persone gli avevano venduto una autovettura Range Rover risultata provento di furto corredandola di documenti falsi ed avvalendosi di false certificazioni; l’acquisto, aveva spiegato il denunciante, era avvenuto all’esito di una trattativa intercorsa su ws e che era sfociato in un accordo che prevedeva la corresponsione, da parte sua, della somma di euro 4.000 e la dazione in permuta di un !Audi A5 e per il cui perfezionamento era stato fissato un incontro presso l’agenzia di pratiche auto “RAGIONE_SOCIALE” di Modugno dove, in compagnia di “NOME COGNOME” (ovvero la persona che si era presentato con questo nome e lo aveva contattato su ws) c’erano il Kransici (identificatosi così con la propria carta d’identità) ed una terza persona che si era qualificate come “NOME COGNOME“, presentatosi con la propria carta d’identità e come il proprietario della Range Rover offerta in vendita.
Era stato infatti proprio “NOME COGNOME sottoscritto il passaggio di proprietà della vettura;dopo di che, ricevuti i 4.000 euro ed esaurite le altre
formalità, COGNOME, “NOME” e “NOME” si erano allontanati a bordo dell’Audi A5 che era stata munita di una targa prova.
Dalla ricostruzione operata nel provvedimento impugnato risulta che il denunciante, percorsi alcuni chilometri a bordo della Range Rover, si era si insospettito ed aveva controllato il numero di telaio impresso all’interno del cofano motore avvedendosi che era difforme rispetto a quello riportato nella carta di circolazione; aveva perciò chiamato “NOME” il quale gli aveva assicurato che lo avrebbe di lì a poco raggiunto, per poi volatilizzarsi e rendersi definitivamente irreperibile.
Gli accertamenti successivi ad opera dei CC 1 cui la persona offesa si era rivolta j avevano consentito di verificare che la Range Rover acquistata dal NOME si identificava con quella rubata a tale COGNOME NOME con targa originale TARGA_VEICOLO; era altresì emerso che la carta di identità di “COGNOME” era falsa come falsa era anche l’effigie fotografica del soggetto apposta sul documento rispetto al “vero” COGNOME.
Per altro verso il COGNOME, censito nelle banche dati dalle FF.PP. con CUI CODICE_FISCALE, era stato riconosciuto dalla vittima come il soggetto che aveva acquistato l’Audi A5 che era stata rinvenuta presso il Campo Sosta Panareo sito in Lecce e sottoposta a sequestro mentre l’odierno ricorrente, all’atto della esecuzione della misura personale si era dato alla fuga per poi costituirsi soltanto su,intercessioneldel suo legale.
La ricostruzione della vicenda come operata nel provvedimento impugnato ;consente di apprezzare la correttezza, anche in diritto, della decisione adottata dai giudici del riesame laddove hanno ritenuto l’odierno ricorrente responsabile, in concorso con altri, per tutte le ipotesi delittuose compendiate nel pur provvisorio capo di incolpazione.
In maniera del tutto lineare, infatti, il Tribunale ha potuto desumere, dalla presenza “attiva” del COGNOME che, peraltro, aveva incassato i 4.000 euro ed acquisito la disponibilità dell’Audi A5 a fronte della consegna di una vettura provento di furto e previamente alterata nei suoi dati identificativi; il tutto, concorso con altri che si erano presentati con nomi falsi e con documenti del pari contraffatti al fine di indurre la vittima all’acquisto del veicolo di cui era st occultata la provenienza delittuosa.
È. infatti, ancora una volta opportuno ribadire che la struttura unitaria del reato concorsuale implica la combinazione di diverse volontà finalizzate alla produzione dello stesso evento, sicché ciascun compartecipe è chiamato a rispondere sia degli atti compiuti personalmente, sia di quelli compiuti dai correi
nei limiti della concordata impresa criminosa per cui, quando l’attività del compartecipe si sia estrinsecata e inserita con efficienza causale nel determinismo produttivo dell’evento, fondendosi indissolubilmente con quella degli altri, l’evento verificatosi è da considerare come l’effetto dell’azione combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che non hanno posto in essere l’azione tipica del reato: c detto reato, deve essere considerato l’effetto della condotta combinata di tutti i concorrenti, anche di quelli che ne hanno posto in essere una parte priva dei requisiti di tipicità (cfr., Sez. 2 – , n. 51174 del 01/10/2019, Rv. 278012, NOME; Sez. 5, n. 40449 del 10/07/2009, Rv. 244916, COGNOME).
Non è :dunque, necessario che il concorrente ponga in essere l’atto tipico, essendo sufficiente che la sua condotta abbia comunque contribuito causalmente, vuoi sul piano materiale che, anche, soltanto su quello morale, al perfezionamento RAGIONE_SOCIALE fattispecie criminose pur in fatto realizzate da altri ifernno restando l’obbligo del giudice di merito di motivare sulla prova dell’esistenza di una reale partecipazione e di precisare sotto quale forma essa si sia manifestata, in rapporto di causalità efficiente con le attività poste in essere dagli altri concorrenti (cf Sez. 4, n. 1236 del 16/11/2017, dep. 12/01/2018, Raduano, Rv. 271755 – 01) che, !legittimamente,/ peraltro, i giudici del riesame della misura cautelare hanno potuto evincere dalla stessa dinamica della vicenda e dal grado di coinvolgimento del ricorrente emersa dagli elementi sin qui acquisiti.
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma, che si stima equa, di euro 3.000, in favore della RAGIONE_SOCIALE, non ravvisandosi ragione alcuna d’esonero.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen..
Così deciso in Roma, il 9.5.2024