Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 20759 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 20759 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME, nato in Nigeria il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del Tribunale del riesame di Catanzaro del 30/08/2023
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona Sostituto Procuratore generale Dr
NOME COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa in data 30/08/2023 il Tribunale del riesame di Catanzaro rigettava il riesame proposto da avverso il provvedimento del GIP di Catanzaro del 01/08/2023 di applicazione di misura cautelare custodiale per i delitti di cui agli articoli 81 cpv. cod. pen., 74 d.P.R. 309/1990, sodalizio di cui il ricorrente sarebbe stato il capo e promotore.
Avverso l’ordinanza l’imputato ha presentato, tramite il proprio difensore di fiducia, ricors per Cassazione, chiedendo l’annullamento del provvedimento impugnato per i seguenti motivi.
2.1. Con il primo motivo lamenta contraddittorietà e carenza della motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza; sostiene il ricorrente che l’ordinanza si fonda essenzialmente su intercettazioni telefoniche il cui contenuto è stato sostanzialmente travisato dai giudici de cautela.
L’ordinanza assegna al ricorrente il ruolo di compartecipe deputato, su incarico di NOME COGNOME, al trasporto e alla consegna dello stupefacente al NOME e agli altri di lui sodali.
Il ricorrente contesta il ruolo attribuitogli di compartecipe nell’associazione: egli vive a km dal luogo ove lo stupefacente veniva spacciato e non vi sono elementi per affermare che fosse a conoscenza di ciò che accadeva dopo la consegna (allo stesso sono contestate due cessioni nell’arco di una indagine durata tre anni), in assenza di una c.d. «bacinella», ossia una cassa e una regia unitaria delle operazioni.
Tale lacuna probatoria si riflette anche sulle esigenze cautelari, in punto di attuali trattandosi di due soli episodi commessi nel 2020.
2.2. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta contraddittorietà e carenza della motivazione in ordine ai gravi indizi di colpevolezza in riferimento ai capi 4 e 8.
Sostiene il ricorrente che, quanto al primo episodio di cessione, non vi è alcun elemento di riscontro circa l’avvenuta cessione di stupefacente presso la stazione ferroviaria di Castiglio Cosentino, oltre alle dichiarazioni de relato da COGNOME del correo NOME.
Quanto al secondo episodio, gli inquirenti travisano il senso di una conversazione tra il ricorrente, NOME e NOME, di tutt’altro tenore, e utilizzano il mero riscontro delle spontan dichiarazioni di NOME.
2.3. Con il terzo motivo, lamenta inosservanza di norme processuali previste a pena di nullità, lamentando l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dallo NOME per violazi dell’articolo 350 comma 7 cod. proc. pen. (richiamando Sez. 4, n. 2141 del 23/09/2021, dep. 2022, Dolce, n.m.).
In data 02/03/2024, il ricon -ente depositava memoria di replica in cui contestava le conclusioni del P.G. e insisteva nell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è, complessivamente, infondato.
Il primo motivo è infondato.
2.1. Evidenzia il Collegio come il compendio indiziario emergente dal provvedimento impugnato, almeno nella fase cautelare, ancora improntata ad una particolare fluidità, non possa ritenersi insufficiente a sostenere l’imputazione formulata a carico del ricorrente. Non è pertant possibile tacciare il provvedimento di motivazione manifestamente illogica o contraddittoria.
In proposito, questa Corte (Sez. 5, n. 10995 del 12/12/2019, dep. 2020, Di Matteo, Rv. 278797 – 01) ritiene che in sede cautelare il canone di giudizio è quello della gravità indiziari
Per quanto si riconosca che la capacità rappresentativa del compendio indiziario debba corrispondere a quella che, in sede di giudizio, risulta idonea a suffragare la prova dell colpevolezza, differenziandosene ontologicamente sotto il profilo della provvisorietà e della proiezione dinamica (in tal senso Sez. 1, n. 13980 del 13/2/2015, Cilio, Rv. 262300), non può tuttavia sottacersi come l’oggetto della delibazione cautelare sia diverso, in quanto preordinato ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezz dell’indagato, rispetto a quello di merito, orientato invece all’acquisizione della certe processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Cass. Sez. U. n. 36267 del 30/5/2006, Spennato, rv. 234598).
Ne discende che il giudizio cautelare si risolve nell’individuazione di una piattaform indiziaria di cui si riveli la prospettica idoneità rappresentativa, ciò che non può dirsi coincid con la formulazione di un giudizio oltre ogni ragionevole dubbio, tale da corroborare la certezza della colpevolezza.
La prevalente giurisprudenza della Corte è, pertanto, nel senso che i «gravi indizi di colpevolezza» non coincidono con gli «indizi» di cui all’articolo 192, comma 2, cod. proc. pen., in relazione ai quali viene chiesto oltre al requisito della gravità, anche quello della precisio concordanza, posto che l’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen., richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 (ex plurimis: Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, Messini, Rv. 284299 – 02; Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019; Sez. 5, n. 55410 del 26/11/2018 Rv. 274690; Sez. 1, n. 43258 del 22/05/2018, Rv. 275805). Addirittura, alcuni arresti ritengono sufficiente un unico indizio, posto che il plurale «gravi in avrebbe scopo soltanto indeterminativo (Sez. 6, n. 3734 del 27/09/1994, Rv. 199472; Sez. 3, n. 1740 del 30/07/1993, Rv. 195212; Sez. 6, n. 3144 del 08/09/1992, Rv. 192822; Sez. 6, n. 2950 del 21/07/1992, Rv. 191942).
Del resto, è stato correttamente evidenziato (Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, Messini, Rv. 284299 – 02, cit.) che i gravi indizi di colpevolezza, necessari per l’applicazione di una misu cautelare personale, e la prova indiziaria, di cui all’art. 192, comma 2, cod. proc. pen., operan su piani diversi, essendo sufficiente, nel primo caso, l’esistenza di una qualificata probabilità colpevolezza, indipendentemente dal tipo di prova acquisita, e occorrendo, invece, nel secondo caso, la prova critica, logica e indiretta del fatto, contrapposta alla prova diretta acquisibile i mezzi previsti dal codice di rito.
2.2. Il provvedimento genetico, come evidenziato nell’incipit dell’ordinanza impugnata, si basava su una massiccia attività di intercettazioni ambientali, telefoniche e telematiche, serviz di controllo, immagini estrapolate dal sistema di videosorveglianza installato presso le piazze di spaccio, dirette osservazioni, perquisizioni e sequestri di sostanza stupefacente ed armi, arresti dei detentori e/o corrieri della droga riconducibili all’attività di narcotraffico ese dall’organizzazione criminale di cui al Capo 1), dichiarazioni rese dagli assuntori di sostanz
stupefacente, dichiarazioni rese dall’indagato NOME in data 18.2.2020, 1.6.2021 e 3.6.2021, riconoscimento fotografico effettuato dal medesimo NOME e dichiarazioni rese da tale NOME COGNOME.
Evidenzia, poi, il Tribunale del riesame, che le dichiarazioni dello NOME (sulla cu utilizzabilità si tornerà) evidenziavano la sussistenza di una rodata organizzazione criminale che operava nel modo seguente: lo stupefacente veniva consegnato a casa di COGNOME per essere tagliato e confezionato, per poi essere ceduto ai pusher (i cui nomi venivano fatti dal dichiarante, assieme ai codici per decrittare il linguaggio convenzionale utilizzato dai sodali) per la vendita dettaglio a 5 euro al grammo. Se uno dei pusher terminava lo stupefacente, indirizzava il cliente verso un altro pusher.
I vari sodali venivano identificati senza ombra di dubbio dalla polizia giudiziaria, combinando la soggettiva conoscenza dei timbri vocali con elementi oggettivi quali i pedinamenti ed i footage di videosorveglianza.
A fronte della analoga censura, il Tribunale dei riesame, nel rammentare che la prova della appartenenza al sodalizio criminoso deve essere rigorosa, e concernere sia la coscienza e volontà di fare parte dell’associazione (affectio societatis) che la consapevolezza di agire per soddisfare i fini dell’associazione, ossia di trarre vantaggio economico dal commercio di stupefacenti, evidenziava, a confutazione, che la partecipazione al sodalizio non è correlata al numero di cessioni o operazioni di smercio effettuate, essendo sufficiente anche un solo reatofine, purchè accompagnato dall’affectio societatis e l’imputato rivesta una funzione specifica nelle dinamiche dell’associazione (segue indicazione di giurisprudenza assolutamente univoca sul punto) e che il contributo partecipativo è “atipico”, ossia può assumere le forme più diverse e variabili ed essere minimo e limitato nel tempo (segue indicazione di giurisprudenza assolutamente univoca sul punto).
Ciò posto, sottolineava come le condotte di cessione poste in essere dal ricorrente «si inseriscono in un collaudato sistema delle cui dinamiche l’indagato mostrava profonda conoscenza, e sono pertanto sintomatici della compresenza degli elementi oggettivi e soggettivi del delitto ascritto al capo 1)».
Le indagini, sul punto, evidenziavano come l’COGNOME si rapportasse direttamente con lo COGNOME, organizzatore del sodalizio, concordando con lui i rifornimenti e i periodici trasporti Cosenza. In tal senso, egli era stabilmente impegnato nel garantire alla associazione la sua operatività e la futura proiezione verso ulteriori attività di cessione.
Tale ricostruzione è confermata dalle dichiarazioni etero-accusatorie dello NOME, da ritenersi pienamente utilizzabili (su cui, più diffusamente, infra).
Il ricorrente contesta la tenuta logica del provvedimento eliminando del tutto, dal percorso motivazionale, le dichiarazioni dello NOME, che costituiscono fondamentale elemento di riscontro del quadro indiziario, ritenendone – erroneamente – la inutilizzabilità.
In tal modo, la censura non può che risultare parziale e viziata dalla omessa considerazione di un fondamentale elemento di prova.
Il motivo di ricorso è pertanto infondato.
Il secondo motivo è inammissibile.
3.1. A pagina 5 dell’ordinanza, il Tribunale del riesame evidenzia come l’episodio di cui al capo 4) della rubrica è comprovato da una serie di conversazioni che hanno quale protagonista NOME (ossia NOME) e NOME, relativi sia al tipo di stupefacente che al quantitativo. I due, dopo l’arresto dello NOME, concordano di sostituirlo, quale “corriere”, con l’odiern indagato.
Quanto alle obiezioni della difesa circa la lettura fornita dai giudici della cautela d dichiarazioni intercettate, il Collegio ribadisce il principio reiteratamente espresso dalla Co secondo cui la portata dimostrativa del contenuto delle conversazioni costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, e si sottrae al sindacato di legittimità se valutazione è motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 – 01; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389 – 01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650 – 01; Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, COGNOME, Rv. 257784 – 01; Sez. 6, n. 17619 del 08/01/2008, dep. 30/04/2008, COGNOME, Rv. 239724).
È possibile prospettare in sede di legittimità una interpretazione del significato un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito soltanto in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il giudice di merito ne abbia indicato il contenut in modo difforme da quello reale, e la difformità risulti decisiva ed incontestabile ((Sez. 3, 6722 del 21/11/2017, 2018. COGNOME Maro, Rv. 272558 – 01; Sez. 5, n. 7465 del 28/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259516 – 01; Sez. 6, n. 11189 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252190 – 01; Sez.2, n. 38915 del 17/10/2007, dep. 19/10/2007, Donno, Rv. 237994).
Tuttavia, la difesa non ha dedotto illogicità evidenti desumibili dal testo della ordinan impugnata, né ha assolto il peculiare onere di rappresentare in modo adeguato l’eventuale vizio di travisamento della prova (Sez. 4, n. 37982 del 26/06/2008, dep. 03/10/2008, Buzi, Rv. 241023).
Il profilo di censura è pertanto aspecifico e, in definitiva, inammissibile.
3.2. Quanto al capo 8), relativo alla cessione di 960 gr. di marijuana, operata dall’odierno ricorrente e da NOME COGNOME in favore di NOME COGNOME e NOME COGNOME, oltre alle dichiarazioni rese da NOME COGNOME all’atto dell’arresto e poi in sede d interrogatorio, secondo l’ordinanza impugnata compongono il compendio indiziario le dichiarazioni rese dallo NOME, l’informativa di P.G. del 29/01/2020, il verbale di perquisizion operata in data 29/01/202 nei confronti del NOME, nonché le intercettazioni telefoniche (progr. 1742 e 1744 R.I.T. 9/20).
Segue una dettagliata descrizione del fatto (pag. 6), insuscettibile di nuova analisi in quest sede, da cui emerge che il NOME aveva ricevuto l’incarico di consegnare lo stupefacente proprio da NOME e NOME.
Anche in questo caso il ricorrente non si confronta con l’ampia motivazione offerta dal provvedimento impugnato, limitandosi a censurare il contenuto delle captazioni e le dichiarazioni del NOME, risultando di tal guisa inammissibile per genericità.
4. Il terzo motivo è inammissibile.
Secondo la costante giurisprudenza della Corte, le dichiarazioni spontanee che l’indagato abbia reso – in assenza di difensore ed in difetto degli avvisi di cui agli artt. 63, comma 1 e 64 cod. proc. pen. – alla polizia giudiziaria ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen., so utilizzabili nella fase procedimentale (e dunque nell’incidente cautelare e negli eventuali rit prova contratta) alle seguenti condizioni:
che emerga con chiarezza che egli abbia scelto di renderle liberamente, ossia senza alcuna coercizione o sollecitazione (Sez. 1, n. 15197 del 08/11/2019, dep. 2020, Fornaro, Rv. 279125 – 01; Sez. 2, n. 26246 del 03/04/2017, COGNOME, Rv. 271148 – 01);
che siano verbalizzate in un atto sottoscritto dal dichiarante, onde consentire al giudicante di verificarne i contenuti ed evitare possibili abusi, o anche solo involontari malintesi, da p dell’autorità di polizia (Sez. 2, n. 41705 del 28/06/2023, COGNOME, Rv. 285110 – 01).
Tali dichiarazioni, che possono essere rese anche non nell’immediatezza dei fatti (Sez. 4, n. 2124 del 27/10/2020, dep. 2021, Minauro, Rv. 280242 – 01), alle condizioni sopra descritte possono essere utilizzate anche nei confronti del coimputato, chiamato in reità o in correità (Sez. 1, n. 40050 del 23/09/2008, Ponte, Rv. 241554 – 01).
In ogni caso, evidenzia il Tribunale del riesame (pag. 5) che nei successivi interrogatori, res in data1/06/2021 e 3/06/2021, lo COGNOME confermava sia le dichiarazioni spontanee rese nelle due precedenti occasioni che l’individuazione fotografica degli imputati in precedenza effettuata, che riguardava, tra gli altri, anche l’NOME.
Con tale motivazione il ricorrente non si confronta affatto in modo critico, ma meramente assertivo, destinando così il motivo all’inammissibilità.
La funzione tipica dell’impugnazione, infatti, è quella della «critica argomentata» avverso i provvedimento cui si riferisce. Tale critica argomentata si realizza attraverso la presentazione d motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 c.p.p.), debbono indicare specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Contenuto essenziale dell’atto di impugnazione è, pertanto, innanzitutto e indefettibilmente il confronto puntuale (cioè, con specifica indicazione delle ragioni di diritto e degli element fatto che fondano il dissenso) con le argomentazioni del provvedimento il cui dispositivo si contesta (testualmente Sez. 6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo, Rv 254584 e Sez. 2, n. 19411 del 12/3/2019, COGNOME, cit.), circostanza non verificatasi nel caso in esame.
L’inammissibilità o al rigetto dei motivi di ricorso relativi al fumus determina analoga sorte al profilo di doglianza, appena ventilato ma non sviluppato, relativo al ridimensionamento delle esigenze cautelari: la ritenuta sussistenza della gravità indiziaria in ordine al delitto d
all’articolo 74 d.P.R. 309/1990 determina l’automatica applicazione della doppia presunzione di cui all’articolo 275, comma 3, cod. proc. pen., la cui applicazione non risulta contestata dal ricorrente.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 08/03/2024.