Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 32275 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 32275 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 24/07/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a LUSCIANO il 14/03/1967
avverso l’ordinanza del 28/04/2025 del Tribunale di Napoli Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME Udito il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME il quale ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
GLYPH E’ impugnata l’ordinanza del 28 aprile 2025 con la quale il Tribunale del riesame di Napoli ha confermato l’ordinanza di custodia cautelare del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Napoli, nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME relativamente al reato di cui all’art. 416 bis cod.pen., commesso in Napoli per avere partecipato all’associazione di tipo mafioso denominata” RAGIONE_SOCIALE“, fazioni COGNOME e COGNOME, in particolare in qualità di referente del clan per le estorsioni sui territori di egemonia del clan medesimo, Lusciano e Parete. Il Tribunale ha ritenuto, sulla scorta delle convergenti ed autonome dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia COGNOME Vincenzo e COGNOME NOME, che l’indagato, a partire dall’anno 2022, sia stato insignito della reggenza del clan direttamente da NOME COGNOME. Ha, altresì, richiamato le risultanze
/f f acquisite in merito alla tentata estorsione nei confronti dell’imprenditore edile
COGNOME NOME ed alla condotta tenuta dall’indagato in proposito, considerata dimostrativa del ruolo di spessore assunto dal medesimo all’interno del clan, sottolineando che: il suddetto l’imprenditore, dopo essere stato reso destinatario di una richiesta estorsiva, aveva tuttavia preso contatti con il COGNOME, conosciuto come esponente della criminalità locale, manifestando la propria intenzione di resistere alle pretese estorsive del clan; ad un successivo appuntamento concordato fra il COGNOME e COGNOME, per continuare a discutere della questione, l’indagato si era presentato insieme al COGNOME all’appuntamento concordato con l’imprenditore, al quale quest’ultimo, tuttavia, non si presentava.
3.11 Sostituto Procuratore generale ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
Il ricorso è inammissibile.
1. Occorre premettere che in sede di controllo di legittimità non è consentito il diretto apprezzamento del requisito dei gravi indizi di colpevolezza, avendo il controllo sempre ad oggetto la motivazione del provvedimento impugnato e non immediatamente il complesso degli elementi indiziari valutati dal giudice del merito cautelare. Secondo quanto hanno affermato le Sezioni unite, «allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se i giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 01). In altri termini, la ricostruzione del fatto e le questioni relative all’inten delle esigenze cautelari sono rilevabili in cassazione soltanto se si traducono nella violazione di specifiche norme di legge o nella manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato, con la conseguenza che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e l rilevanza e concludenza dei dati probatori: sono, dunque, inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito, “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, Rv. 280747 – 01; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 49153 del 12/11/2015, COGNOME, Rv. 265244 – 01; Sez. 7, ord. n. 12406 del 19/02/2015, COGNOME, Rv. 262948 01; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01). Per superare il vaglio di ammissibilità, il vizio di motivazione deve essere idoneo ad individuare un preciso difetto del percorso logico argomentativo offerto dalla Corte di merito, sia esso identificabile come illogicità manifesta della motivazione, sia esso inquadrabile come carenza od omissione argomentativa; quest’ultima declinabile sia nella mancata presa in carico degli argomenti difensivi, sia nella carente analisi Corte di Cassazione – copia non ufficiale
delle prove a sostegno delle componenti oggettive e soggettive del reato contestato.
2.Nella fattispecie in esame le doglianze difensive sono inammissibili in quanto non si confrontano con il tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, che risulta scevro da vizi logici. La lettura dell’ordinanza impugnata, alla luce dei principi di diritto sopra enunciati e pienamente condivisi da questa Corte, evidenzia che il Tribunale ha proceduto ad una attenta valutazione dell’attendibilità dei collaboratori sotto il profilo della precisione, costanza, no contraddittorietà del loro dichiarato, dell’assenza di intenti calunniatori e dell’autonomia delle stesse dichiarazioni.
Dopo avere sottolineato lo spessore criminale di entrambi i collaboratori ha, altresì, escluso il rischio di circolarità della prova, evidenziando che le conoscenze riversate dal collaboratore COGNOME Antonio sono frutto di una sua diretta partecipazione alle riunioni organizzative del clan e alle conversazioni telefoniche con il capo, NOME COGNOME. Il Tribunale ha, inoltre, considerato che le dichiarazioni dei due collaboratori- concordi nella ricostruzione di una investitura del ricorrente della reggenza del clan, da parte di NOME COGNOME ( capo clan e detenuto sottoposto al regime del 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario), avvenuta nell’anno 2022, dopo la cessazione della reggenza di NOME COGNOME siano convergenti «sugli elementi essenziali del tema probandum”» ( pag.3) ritenendo evidentemente prive di rilievo le divergenze minime segnalate dalla difesa relativamente alla definizione delle zone di influenza del ricorrente o alla individuazione delle regioni che avevano determinato il venir meno della reggenza di NOME COGNOME
Inoltre, la difesa – nel dolersi della mancata formale contestazione della condotta attribuita all’odierno ricorrente nell’ambito della vicenda estorsiva COGNOME – non ha considerato che le circostanze emerse in merito alla suindicata vicenda sono state richiamate dal Tribunale per la loro idoneità a fornire un elemento di riscontro rispetto alle dichiarazioni dei collaboratori in quanto confermative del ruolo di spessore criminale assunto dall’indagato all’interno del clan se si considera che la sua presenza è stata registrata in relazione ad un appuntamento fissato con la persona offesa da COGNOME NOME– con il quale l’imprenditore aveva preso i primi contatti dopo avere ricevuto una richiesta estorsiva- con l’evidente finalità di superare le resistenze opposte dal medesimo al pagamento dei soldi richiesti (“vado a parlare nuovamente con quelli di Lusciano e vedo quanto gli devi dare, sicuramente non meno di 5-6.000 C, perché se uno non paga rischia di essere sparato …”).
Il Tribunale ha, pertanto, ritenuto, con motivazione logica ed immune da vizi, che le dichiarazioni dei collaboratori risultino dotate di precisione e arricchite dalla individuazione di circostanze idonee a conferire concretezza al narrato, avendo, altresì, considerato che il ricorrente risulta essere già stato condannato per il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. e scarcerato in data 2019. Sotto tale profilo va ricordato, peraltro, che, secondo l’insegnamento di questa Corte, in tema di associazione mafiosa, la valutazione della prova della continuità dell’adesione al sodalizio di un soggetto già condannato per lo stesso reato può essere tratta da elementi di fatto che, autonomamente considerati, potrebbero anche non essere sufficienti a fondare un’accusa originaria di partecipazione (Sez. 6, n. 3508 del 24/10/2019, dep. 2020, Rv. 278221 – 01), in quanto l’esistenza di una sentenza di condanna passata in giudicato per lo stesso delitto in relazione ad un precedente periodo può rilevare quale elemento significativo di un più ampio compendio probatorio, da valutarsi nel nuovo procedimento unitamente ad altri elementi di prova dimostrativi della permanenza all’interno della associazione criminale ( Sez. 1, n. 19703 del 14/11/2023, dep. 2024, Rv. 286395 – 01).
3.In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», alla declaratoria dell’inammissibilità medesima consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così è deciso, 24/07/2025