Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 18943 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 18943 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/02/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME NOME COGNOME nato a San Severo il 05/09/1978 avverso l’ordinanza del 05/11/2024 del Tribunale della Libertà di Napoli esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso, udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, avv. COGNOME del foro di Foggia, anche in qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME conclude chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
. Con l’ordinanza in preambolo il Tribunale di Napoli, investito di richiesta di riesame ex art. 309 cod. proc. pen., confermava la misura degli arresti domiciliari, applicata dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale in data 14 ottobre 2024, nei confronti di NOME COGNOME in relazione al reato di cui agli artt. 110 cod. pen., 1, 2 e 4 l. n. 895 del 1967, per avere confezionato e detenuto un ordigno esplosivo, ottenuto mediante miscuglio di perclorati, potassio, alluminio, nitrati, ammonio e zolfo, costituenti miscela esplosiva ad effetto detonante.
Il Tribunale del riesame richiamava in premessa gli esiti delle attività investigative, così come sunteggiate nell’ordinanza genetica, che avevano coinvolto il correo NOME COGNOME che aveva attentato alla vita di NOME COGNOME sulla cui vettura era stato collocato e fatto esplodere a distanza detto ordigno, provocando l’incendio del veicolo e il pericolo di vita per il passeggero, scampato miracolosamente all’attentato.
2.1. La provvista indiziaria a carico di COGNOME era costituita da una serie di messaggi whatsapp scambiati con COGNOME, aventi a oggetto: i) informazioni richieste da quest’ultimo in merito ad alcune sostanze chimiche e, tra queste, l’alluminio, sostanza rinvenuta in numerose
particelle repertate dai Carbinieri del R.i.s. sul luogo dell’esplosione; ii) informazioni del pari richieste da COGNOME a COGNOME, per il tramite di NOME COGNOME, sulla durata delle batterie Duracell nell’«aggeggio» ovvero nel «pezzettino elettronico»; iii) la rassicurazione da parte di COGNOME a COGNOME che «il liquido» che quest’ultimo gli aveva «lasciato, sta la. Se qualcosa Ł andato storto che devi restituirlo, me lo dici. Non ci sono problemi. L’importante e non crearti dei nemici»; iv) l’autorizzazione da parte di COGNOME a Caliendo, nuovamente per il tramite di COGNOME, che «i 1500 può metterli subito in tasca e poi quando torno calcoliamo il resto».
Rilevava il Tribunale che la lettura dei messaggi in parola desse chiara contezza del fatto che: i) COGNOME avesse fornito a COGNOME l’ordigno; ii) che quest’ultimo avesse avuto dei problemi di realizzazione dell’attentato e che, per questo motivo, avesse necessità di conoscere la durata delle relative batterie; iii) che secondo l’accordo tra i due, COGNOME avrebbe ottenuto il corrispettivo in denaro solo in caso di funzionamento dell’ordigno; iv) che, difatti, dopo l’attentato era autorizzato a riscuotere quanto meno la prima tranche del compenso pattuito.
I Giudici della cautela si facevano carico altresì di valutare le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato in occasione dell’udienza di riesame, reputandole inverosimili e in contrasto con le risultanze indiziarie e, segnatamente: i) l’affermazione secondo la quale le sostanze delle quali COGNOME chiedeva informazioni a COGNOME riguardassero concimi agricoli perchØ quest’ultimo «aveva lavorato in agricoltura» era in stridente conflitto con la risposta di questi che affermava che avrebbe chiesto a qualcuno competente; ii) l’affermazione secondo cui le batterie di cui alla conversazione whatsapp riguardassero una foto-trappola o un impianto fotovoltaico, erano recisamente smentite dall’assenza di tali strumenti nella disponibilità di COGNOME, oltre alla considerazione che un impianto fotovoltaico non si alimenta con pile Duracell; iii) la frase «se qualcosa Ł andato storto, che devi restituirlo» mal si addiceva all’oggetto indicato dal ricorrente (concime), stante il successivo riferimento al «non crearsi nemici».
2.2. Presenti, dunque, i gravi indizi, riguardo alle esigenze cautelari, il Tribunale riteneva che la contestazione operata ponesse una doppia presunzione della loro sussistenza, rimarcando in particolare tanto quello del pericolo di reiterazione di condotte analoghe, quanto quello d’inquinamento probatorio.
Ricorre per cassazione l’indagato, tramite il difensore di fiducia, articolando tre motivi.
3.1. Con il primo denuncia l’assenza di motivazione in punto di sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza.
Il ricorrente, non essendosi mai sottoposto a interrogatorio e avendo eccepito la nullità di quello di garanzia, all’udienza celebratasi dinanzi al Tribunale per il riesame ha reso dichiarazioni spontanee con le quali avrebbe chiarito il significato delle conversazioni contenute nei messaggi whatsapp e, piø in generale, la sua versione dei fatti.
Egli ha, invero, affermato e documentato che la somma di 1.500,00 euro costituiva una parte di una somma riscossa in conseguenza di un risarcimento da sinistro stradale. Di COGNOME, saputo che il ricorrente avrebbe percepito la somma di 11.500,00 euro, gli avrebbe chiesto un prestito che egli gli aveva accordato nella misura di 10.000,00 euro, trattenendo per sØ la parte residua. Ciò sarebbe attestato dall’estratto conto bancario dal quale si evincerebbe l’accredito della somma di 11.500,00 euro in favore di Caliendo, il successivo bonifico di 10.000,00 euro al beneficiario, persona indicata da COGNOME.
3.2. Con il secondo motivo denuncia la nullità della motivazione dell’ordinanza genetica in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
A fronte della censura di motivazione inesistente da parte del giudice per le indagini preliminari, cui sarebbe dovuta conseguire la nullità del provvedimento genetico ai sensi dell’articolo 309,
comma 9, cod. proc. pen., il Tribunale ha erroneamente ritenuto di poter integrare la motivazione carente del primo Giudice, sulla scorta di una giurisprudenza anacronistica e superata.
3.3. Con il terzo motivo denuncia la mancanza di motivazione del Tribunale del riesame in punto di ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari.
Ove si ritenesse superato il precedente motivo, il ricorrente denuncia che anche la motivazione del Tribunale sarebbe apparente, poichØ il pericolo di recidiva Ł stato ritenuto esclusivamente sulla base della gravità del titolo di reato, trascurando il dato dell’incensuratezza dell’indagato e il tempo (due anni) trascorso dalla commissione del fatto.
Il Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME anche richiamando la memoria depositata in data 22 gennaio 2025, ha chiesto la declaratoria d’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il primo motivo di ricorso, riguardante la gravità indiziaria, Ł inammissibile siccome rivalutativo, a-specifico e teso a sollecitare una non consentita rivisitazione della provvista indiziaria.
1.1. Com’Ł noto, in Sezioni Unite n. 11 del 23/02/2000, Audino, Rv. 215828 si Ł statuito che «in tema di misure cautelari personali, allorchØ sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, a questa Corte spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie».
L’arresto costituisce, ormai, patrimonio comune della giurisprudenza di legittimità che l’ha ribadito, fra le molte, con Sez. 2 n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 e Sez. 1, n. 30416 del 25/09/2020, in motivazione. Occorre avere anche riguardo alla specificità della valutazione compiuta nella fase cautelare, dovendosi sempre tenere conto della «diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata a un giudizio prognostico in termini di ragionevole e alta probabilità di colpevolezza, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato» (Sez. 2, n. 11509 del 14/12/2016, dep. 2017, Rv. 269683; Sez. 5, n. 50996 del 14/10/2014, Rv. 264213, tra le molte conformi).
Inoltre, questa Corte, in particolare nelle sentenze Sez. 2, n. 9106 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 280747; Sez. 6, n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965, ha chiarito che «in tema di motivi di ricorso per cassazione, non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali a imporre diversa conclusione del processo, sicchØ sono inammissibili tutte le doglianze che avversano la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento».
Corollario di tale consolidato approccio Ł il principio, ribadito anche dal massimo consenso di questa Corte – che viene in rilievo nel procedimento in esame, in cui le prove sono costituite dal contenuto di messaggistica whatsapp – secondo cui, in tema d’intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio, adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337 – 01). A ciò va aggiunto che il contenuto d’intercettazioni, telefoniche o ambientali, dalle quali emergono elementi di accusa nei confronti dell’indagato, anche quando sono captate fra terzi, può costituire fonte diretta di prova della sua colpevolezza senza necessità di riscontri, ai sensi dell’art. 192, comma 3, cod. proc. pen., fatto salvo l’obbligo del giudice di valutare il significato delle conversazioni intercettate secondo criteri di linearità logica (tra tante, Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414).
1.2. Scrutinata alla luce dei principi sin qui sintetizzati, l’ordinanza – come preannunciato resiste alle censure contenute nel primo motivo di ricorso.
La cognizione del Tribunale ha, difatti, compreso tutte le risultanze fattuali emergenti dalle investigazioni, non limitandosi a una lettura atomistica degli indizi, ma valorizzandoli attraverso una lettura unitaria.
Il ricorrente lamenta l’asserito mancato vaglio della documentata versione alternativa svolta dall’imputato in sede di dichiarazioni spontanee e svolge un fugace richiamo all’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia.
Muovendo da questo secondo argomento, Ł appena il caso di evidenziare che dagli atti – la cui consultazione Ł consentita al Collegio siccome giudice del “fatto processuale” (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220093 – 01) – risulta che, in occasione dell’udienza di riesame, questi ha dichiarato di rinunciare all’eccezione di nullità dell’interrogatorio di garanzia che, pertanto, resta valido. ¨ con esso che deve confrontarsi la versione resa in occasione delle dichiarazioni spontanee, rese in detta sede, richiamate nel ricorso per cassazione.
Ciò premesso, se Ł ben vero – come segnalato dal ricorrente – che il provvedimento impugnato non fa alcun espresso riferimento alla documentazione allegata dall’indagato, Ł altrettanto innegabile che il Tribunale abbia comunque valutato la complessiva versione alternativa dei fatti (p. 5), sicchØ il motivo s’intende implicitamente assorbito e disatteso dalle spiegazioni svolte nella motivazione in quanto incompatibile con la struttura e con l’impianto della stessa nonchØ con le premesse essenziali, logiche e giuridiche che compendiano la ratio decidendi.
¨, infatti, fermo nella giurisprudenza di legittimità il principio secondo cui «L’obbligo di motivazione del giudice dell’impugnazione non richiede necessariamente che egli fornisca specifica ed espressa risposta a ciascuna delle singole argomentazioni, osservazioni o rilievi contenuti nell’atto d’impugnazione, se il suo discorso giustificativo indica le ragioni poste a fondamento della decisione e dimostra di aver tenuto presenti i fatti decisivi ai fini del giudizio, sicchØ, quando ricorre tale condizione, le argomentazioni addotte a sostegno dell’appello, ed incompatibili con le motivazioni contenute nella sentenza, devono ritenersi, anche implicitamente, esaminate e disattese dal giudice, con conseguente esclusione della configurabilità del vizio di mancanza di motivazione di cui all’art. 606, comma primo, lett. e), cod. proc. pen.» (Sez. 1, 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260841 – 01)
A ciò va aggiunto che, secondo la stessa prospettazione del ricorrente, la documentazione in parola sarebbe tutt’altro che dirimente, poichØ attesterebbe da un canto la ricezione da parte di COGNOME di una somma a titolo di risarcimento di danni e, dall’altro, l’accredito di una minor somma non direttamente a COGNOME, bensì a una persona che egli sostiene sarebbe stata indicata da COGNOME
COGNOME sicchØ la versione alternativa riposa unicamente sulla parola dell’indagato che, com’Ł noto, ha diritto al mendacio.
Il secondo motivo e il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente stante la connessione logica delle questioni trattate, sono manifestamente infondati.
Anche a seguito delle modifiche apportate agli artt. 292 e 309 cod. proc. pen. dalla legge 16 aprile 2015, n. 47, l’ordinanza che decide sulla richiesta di riesame può integrare l’eventuale carenza o insufficienza della motivazione di quella adottata dal primo giudice, salve le ipotesi di motivazione mancante o apparente, ovvero priva dell’autonoma valutazione delle esigenze cautelari, degli indizi e degli elementi forniti dalla difesa, in quanto, ricorrendo tali ipotesi, il tribunale del riesame Ł tenuto ad annullare il provvedimento impositivo della misura» (Sez. 5, n. 3581 del 15/10/2015, dep. 2016, carpentieri, Rv. 266050 – 01; Sez. 3, n. 49175 del 27/10/2015, COGNOME, Rv. 265365 – 01).
Nel caso che ci occupa il Giudice per le indagini preliminari non ha reso una motivazione inesistente o apparente, poichØ ha espressamente fatto riferimento alla piena consapevolezza che ricorrente, pur non avendo partecipato materialmente all’attentato, ha avuto della destinazione dell’ordigno e ne ha desunto – con motivazione non manifestamente illogica – il pericolo concreto e attuale di condotte analoghe.
Il Tribunale del riesame, dal canto suo, ha reso una motivazione logicamente coerente laddove, nel riprendere le considerazioni del Giudice per le indagini preliminari, ha fatto riferimento alla spregiudicatezza e alla pericolosità sociale dell’indagato, desunta dalla gravità della condotta e dalla contiguità con gli ambienti criminali che gli hanno fornito i materiali per la composizione del pericoloso ordigno.
Dalla declaratoria d’inammissibilità del ricorso discende la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e – valutato il contenuto del ricorso e in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa d’inammissibilità (Corte cost., sent. n. 186 del 2000) – al versamento della somma, ritenuta congrua, di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 07/02/2025.
Il Presidente NOME COGNOME