Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 28354 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 28354 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da NOME COGNOME nato in Albania il 12-01-1986, NOME COGNOME nato in Albania il 30-04-1991, NOME COGNOME nato in Albania il 16-11-1979, avverso l’ordinanza del 22 -11-2024 del Tribunale di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità de i ricorsi; stasio, difensore di fiducia di NOME COGNOME e NOME COGNOME il quale ha insistito per l’annullamento letta la memoria di replica trasmessa dall’avvocato NOME COGNOME dell’ordinanza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 22 novembre 2024, il Tribunale del riesame di Firenze, per quanto in questa sede rileva, confermava l’ordinanza emessa dal G.I.P. del Tribunale di Firenze il 13 agosto 2024, con la quale, nell’ambito di un articolato procedimento penale a carico di una pluralità di indagati, erano state applicate le misure della custodia cautelare in carcere nei confronti di NOME COGNOME e degli arresti domiciliari nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME in quanto gravemente indiziati del delitto ex art. 110, 61bis e 416bis , comma 1 cod. pen. e art. 73, comma 1bis e 80, comma 2, del d.P.R. n. 309 del 1990 (capo F, ascritto a NOME) e del delitto di cui agli art. 110 cod. pen. e 73, comma 1bis e 80, comma 2 del d.P.R. n. 309 del 1990 (capo M, addebitato a NOME COGNOME e NOME COGNOME).
Avverso l’ordinanza del Tribunale toscano, NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite i rispettivi difensori, hanno proposto ricorso per cassazione.
2.1. NOME COGNOME tramite l’avvocato NOME COGNOME, ha sollevato due motivi.
Con il primo, la difesa contesta la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza, osservando che il Tribunale avrebbe omesso di confrontarsi con i rilievi difensivi, con i quali era stata censurata l’attendibilità de lle dichiarazioni del collaboratore di giustizia, NOME COGNOME anche con riferimento alla valutazione dei riscontri e in particolare alla disponibilità in capo a NOME della Lancia Thema, non essendosi altresì considerate altre significative circostanze, ovvero che l’indagato non è stato m ai visto nell’area portuale ; che, durante la perquisizione locale e personale svolta nei confronti del ricorrente, non vennero reperiti i due telefoni criptati che COGNOME gli avrebbe asseritamente fornito, e che non è stata rinvenuta l’ingente somma di denaro che gli sarebbe stata data come anticipo per la sua attività di recupero.
Ancora, il Tribunale avrebbe mancato di fornire una risposta esauriente e logica alla richiesta difensiva con cui era stata invocata la desistenza volontaria di NOME
Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è il giudizio sulla configurabilità delle esigenze cautelari, non comprendendosi da quali elementi il Tribunale abbia desunto l’esistenza di strutturati e complessi rapporti di complicità che NOME possa aver avuto con la cosca mafiosa in questione, risultando tale affermazione smentita dalle stesse dichiarazioni di COGNOME, secondo cui l’organizzazione criminale aveva addirittura parlato di uccidere NOMECOGNOME non potendosi peraltro sottacere che, a tutto concedere, l’indagato, dopo la presunta partecipazione a una sola attività di esfiltrazione, quella del 17 e 18 marzo 2021, è uscito completamente di scena, non prendendo più parte ad alcuna operazione.
2.2. NOME COGNOME e NOME COGNOME tramite il loro comune difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME hanno proposto due distinti ricorsi, entrambi affidati a un unico motivo, articolato in termini sostanzialmente sovrapponibili.
In particolare, la difesa lamenta l’o messa valutazione da parte dei giudici del riesame delle critiche difensive riferite alla gravità indiziaria e alle esigenze cautelari, non essendosi considerato, quanto al primo aspetto, che di NOME COGNOME e di NOME COGNOME non vi è alcuna traccia nell’ambito di un’indagine che, tramite le acquisizioni informatiche, addirittura retroagisce rispetto al momento della sua genesi e che prosegue ininterrottamente per due anni con imponenti sviluppi investigativi, non riferibili tuttavia alla posizione degli odierni ricorrenti, peraltro mai indicati nominativamente nei messaggi rinvenuti nei telefonini sequestrati. Rispetto alle esigenze cautelari, invece, si contesta il difetto del requisito della concretezza del pericolo di reiterazione dei reati, requisito evocato dal Tribunale ma non adeguatamente verificato, se non con richiami apodittici e astratti.
A ciò si aggiunge che le uniche pregresse condanne a carico dei ricorrenti riguardano, quanto a NOME COGNOME, i reati ex art. 337 e 582 cod. pen. risalenti al 2021 e quanto a NOME COGNOME, i medesimi reati appena indicati risalenti al 2015.
2.2.1. In data 10 febbraio 2025, l’avvocato NOME COGNOME difensore di fiducia di NOME COGNOME e di NOME COGNOME ha trasmesso una memoria con cui, nel replicare alle considerazioni del Procuratore generale, ha insistito per l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono infondati.
1. Iniziando dalle censure in punto di gravità indiziaria, occorre innanzitutto richiamare, per un inquadramento generale, la consolidata affermazione di questa Corte ( ex multis cfr. Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, Rv. 281019 e Sez. 5, n. 36079 del 05/06/2012, Rv. 253511), secondo cui la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella che serve a qualificare il quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale. Al fine dell’adozione della misu ra è infatti sufficiente l’em ersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare ‘un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato’ in ordine ai reati addebitati. Pertanto, tali indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192 comma 2 cod. proc. pen., ed è per questa ragione che l’art. 273 comma 1 bis cod. proc. pen. richiama l’art. 192 commi 3 e 4 cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precisione e concordanza degli indizi. Quanto ai limiti del sindacato di legittimità, deve essere ribadito (sul punto tra le tante cfr. Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013 Rv. 255460) che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei
gravi indizi di colpevolezza, alla Corte spetta solo il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che a esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hann o indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato e di controllare la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’ap prezzamento delle risultanze probatorie. Il controllo di logicità deve rimanere quindi ‘all’interno’ del provvedimento impugnato, non essendo possibile procedere a una nuova o diversa valutazione degli elementi indizianti o a un diverso esame degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate; in altri termini, l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive dell’indagato, in ciò rientrando anche l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure adeguate, trattandosi di apprezzamenti rientranti nel compito esclusivo del giudice cui è stata chiesta l’applicazione della misura, nonché al tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto al solo esame dell’atto impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno di carattere positivo e l’altro negativo, ovvero: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno determinato; 2) l’assenza di illogicità evidenti, risultanti cioè prima facie dal testo dell’atto impugnato.
1.1. Alla luce di tali premesse ermeneutiche, occorre ribadire che il giudizio sulla gravità indiziaria formulato dal Tribunale (e prima ancora dal G.I.P.) rispetto a ciascun ricorrente non presta il fianco a censure di irragionevolezza.
Ciò vale, in primo luogo, per le doglianze formulate da NOME COGNOME e di NOME COGNOME: nel ripercorrere le risultanze investigative riferibili al capo M, il Tribunale del riesame (cfr. pag. 1820 dell’ordinanza impugnata) ha richiamato le conversazioni intercorse tra i fratelli COGNOME, nelle quali era presente il riferimento ai cd. ragazzi, ossia NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali avrebbero dovuto far parte della squadra di recupero dello stupefacente. Costoro, al momento del controllo di P.G. eseguito nella notte tra l’8 e il 9 marzo 2021 nei pressi della località Calambrone, a ridosso del porto di Livorno, avevano nella loro disponibilità una pluralità di attrezzi funzionali al recupero dello stupefacente, come cesoie, tronchesi, trapani, piedi di porco, corde e borsoni, attrezzi di cui i fratelli COGNOME parlavano come assolutamente necessari per il recupero della droga. Dunque, avuto riguardo all’accertato impegno di una pluralità di persone nella importazione di una partita di cocaina di circa 50 chili proveniente dal Sud America, è stato legittimamente ritenuto configurabile, almeno a livello di gravità indiziaria, il reato ex art. 73-80, comma 2, del d.P.R. n. 309 del 1990 e 110 cod. pen.
Analoghe considerazioni valgono per la posizione di NOME COGNOME Questi è risultato coinvolto nella vicenda di cui al capo F, avente ad oggetto una complessa operazione avvenuta nel marzo 2022 e finalizzata alla importazione di circa 400 chili di cocaina provenienti nel porto di Livorno dall’Ecuador, essendo stato attribuito al ricorrente il compito di addetto al recupero dello stupefacente. Ora, nell’ordinanza impugnata (cfr. pag. 8-9 e 16-18) sono state valorizzate, in maniera non illogica, le dichiarazioni del collaboratore di giustizia NOME COGNOME questi , dopo aver premesso di appartenere alla ‘ndrina COGNOME e d i rivestire il grado di ‘Vangelo’ , ha riferito di aver partecipato nel 2022 a due operazioni di esfiltrazione di cocaina dal porto di Livorno, alla prima della quale ha preso attivamente parte NOME COGNOME che il collaboratore conosceva bene in virtù di una pregressa e comune detenzione e che aveva condotto presso NOME COGNOME, vertice della cosca alleata ai COGNOME, cosca dalla quale il ricorrente aveva conseguito la somma di 30.000 euro come anticipo per il recupero della droga.
Nel rimarcare l’attendibilità di COGNOME, che ha iniziato a collaborare quando ancora non era stata elevata alcuna accusa a suo carico, il Tribunale, rispetto alla posizione di NOME COGNOME ha sottolineato che le propalazioni del dichiarante, rivelatesi, su questa e altre vicende, chiare e precise, hanno trovato adeguati riscontri sia nel riferimento all’utenza cellulare che COGNOME ha riferito appartenere a NOME, sia nell’accertata presenza presso il porto di Livorno della Lancia Thema nella dispo nibilità dell’indagato, residente almeno fino al maggio 2023 a Viareggio, dove risultano accertate varie infrazioni riconducibili a tale auto. Di qui il coinvolgimento di NOME nell’operazione descritta al capo F, rispetto alla quale l’eventuale desistenza del ricorrente è stata solo enunciata dalla difesa, ma non adeguatamente comprovata nel contesto dei singoli apporti causali.
4. In definitiva, almeno per quanto riguarda la valutazione indiziaria tipica della fase cautelare e fatti salvi ovviamente gli eventuali sviluppi probatori nel prosieguo del procedimento penale in corso, occorre evidenziare che la valutazione sui gravi indizi di colpevolezza rispetto ai reati provvisoriamente ascritti ai ricorrenti, in quanto fondata su considerazioni razionali e allo stato coerenti con le acquisizioni investigative, resiste alle censure difensive, che invero sollecitano sostanzialmente una lettura alternativa delle fonti dimostrative disponibili, operazione questa che non può tuttavia trovare ingresso in sede di legittimità, dovendosi in tal senso ribadire l’affermazione di questa Corte (cfr. ex multis Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884), secondo cui il ricorso per cassazione in tema di impugnazione delle misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei
fatti ovvero, come nella vicenda in esame, si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Ugualmente immune da censure, per ciascun ricorrente, è infine il giudizio sulle esigenze cautelari e sulla scelta della misura, individuata nella custodia in carcere per NOME COGNOME e negli arresti domiciliari per NOME COGNOME e NOME COGNOME in ragione del ruolo più modesto da loro assunto rispetto ad altri ricorrenti.
5.1. Ed invero, in ordine alla posizione di NOME COGNOME e NOME COGNOME, il Tribunale del Riesame (pag. 23 dell’ordinanza impugnata) ha ragionevolmente evidenziato come l’elevato pericolo di recidiva, desumibile dall’oggettiva gravità della vicenda contestata al capo M (partecipazione a una squadra di recupero di un carico di circa 50 chili di cocaina proveniente nel porto di Livorno dall’Ecuador a bordo di un container), non potesse essere soddisfatto con misure meno gravose, che risulterebbero pur sempre sottodimensionate rispetto alla serietà degli addebiti e inefficaci alla luce della occasionalità dei relativi controlli.
5.2. Quanto invece alla posizione di NOME COGNOME è stato ricordato che il riconoscimento dell’aggravante di cui all’art. 416 bis 1 cod. pen. rispetto al reato di cui al capo F comporta l’operatività del la presunzione sulla sussistenza delle esigenze cautelari e sull’adeguatezza della misura di massimo rigore di cui all’ art. di cui all’ art. 275 comma 3 cod. proc. pen., presunzione legittimamente ritenuta non superata nel caso di specie, in assenza di concreti elementi di segno contrario e in presenza della contestata recidiva reiterata, specifica e infraquinquennale. Dunque, anche rispetto alla valutazione delle esigenze cautelari, si è al cospetto di un apparato argomentativo non illogico, a fronte del quale non vi è spazio per l’accoglimento delle obiezioni difensive , in quanto volte a veicolare differenti apprezzamenti di merito che esulano dal perimetro del giudizio di legittimità.
Al rigetto dei ricorsi di NOME COGNOME di NOME COGNOME e di NOME COGNOME consegue la condanna degli stessi al pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’ art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter , disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 26.02.2025