Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 7092 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 7092 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a REITANO il 21/09/1960
avverso l’ordinanza del 25/07/2024 del TRIB. LIBERTA’ di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette: la requisitoria scritta presentata dal Sostituto Procuratore generale presso questa Cort di Cassazione NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; la memoria di replica presentata dall’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse del ricorrente, ha contestato la fondatezza di quanto rassegnato per il Procuratore Generale e ha insistito nell’accoglimento del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 25 luglio 2024 il Tribunale di Roma, quale Giudice del riesame (art. 309 cod. proc. pen.), ha confermato il provvedimento in data 27 giugno 2024 con il quale il Giudice per le indagini preliminari dello stesso Tribunale ha applicato a NOME COGNOME l custodia cautelare in carcere, poiché gravemente indiziato del delitto di associazione di tip mafioso (incolpazione di cui al capo 11.).
Avverso il provvedimento collegiale è stato proposto ricorso per cassazione nell’interesse della persona sottoposta a indagini, articolando quattro motivi (di segu enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.).
2.2. Con il secondo motivo sono stati dedotti la violazione degli artt. 192, comma 2, e 273 cod. proc. pen., poiché il Tribunale avrebbe erroneamente escluso che in sede cautelare occorra verifcare la precisione e la concordanza degli indizi di colpevolezza. Al riguardo, tra orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità, sarebbe preferibile l’esegesi – diffor da quella sposata dal Collegio del riesame – secondo cui, in conformità a una lettura costituzionalmente orientata, occorrerebbe fare applicazione del disposto nell’art. 192, comma 2, cit. anche in materia de libertate poiché espressione di un principio generale dell’ordinamento (che trova conferma anche nell’art. 2729 cod. civ.) e non può venir meno in alcuna fase del giudizio e che (a differenza del disposto dell’art. 192, commi 3 e 4, cit .) richiede un espresso richiamo nell’art. 273 cit. In tal senso deporrebbe anche il legame indissolubile tra fase cautelare e fase di cognizione (dimostrata dal divieto di applicazione del misura cautelare detentiva nei casi in cui possa prevedersi la concessione della sospensione
2.1. Con il primo motivo sono stati denunciati la violazione della legge penale e il vi di motivazione in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza del reato. L’ordinan impugnata avrebbe argomentato in violazione del disposto dell’art. 416-bis cod. pen. (come interpretato dalla giurisprudenza di legittimità) senza effettivamente confutare le deduzio difensive. In particolare, Tribunale avrebbe qualificato il fatto dello COGNOME come partecipazi pur a fronte di un compendio indiziario scarno (mutuando la gravità indiziaria da quanto già ritenuto per NOME COGNOME – richiamando quanto esposto nella diversa ordinanza relativa a quest’ultimo -, dando per scontata l’esistenza di un clan mafioso dedito alla commissione di più reati e traendo dal cospicuo compendio indiziario relativo ad esso, come diretto corollario la partecipazione del ricorrente senza chiarire se ed in che modo egli potesse considerarsi quale soggetto stabilmente inserito nell’organizzazione, quale fosse il suo apporto causale ad essa e il ruolo ricoperto); e avrebbe fondato la decisione su elementi probatori incerti (atteso che a COGNOME non è stato attribuito alcun reato fine, egli avrebbe sempre agito per conto proprio, senz alcuna compartecipazione neppure morale ai fini del sodalizio), valorizzando due singoli episodi che si collocano nel 2018 (il sostegno alla campagna elettorale di NOME COGNOME; la mera partecipazione a una colletta in favore di un amico detenuto) ed offrendo un’interpretazione erronea degli elementi in atti (segnatamente, del compendio intercettivo). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
condizionale della pena, nonché del divieto di custodia cautelare in carcere ove si ritenga ch la pena in concreto erogata sarà inferiore a tre anni di reclusione), che verrebbe incrina dall’applicazione di una diversa regola di giudizio, fermo restando che il vaglio compiuto al fine dell’applicazione di una misura cautelare, a differenza del giudizio di merito, s comunque volto alla verifica della probabilità di una condanna e non della certezza di essa.
2.3. Con il terzo motivo sono stati prospettati la violazione degli artt. 272, 274, 2 comma 2, lett. c), cod. proc. pen. e il vizio di motivazione con riguardo alle esigenze cautela Ad avviso della difesa, il pericolo di reiterazione sarebbe stato ritenuto sulla scor espressioni generiche e presuntive, inidonee a dar conto della necessaria attualità e concretezza che – secondo la giurisprudenza di legittimità – non può fondarsi sull’al probabilità che l’imputato torni a delinquere qualora se ne presenti l’occasione, ma richiede l previsione in termini di alta probabilità che al medesimo imputato si presenterà l’occasione pe delinquere. Inoltre, il Tribunale avrebbe riconosciuto rilievo al fatto che il ricorrente mostrato come persona violenta al consigliere comunale NOME COGNOME quantunque nel consti alcun dialogo tra i due; e, viceversa, non avrebbe preso in considerazione elementi favorevoli, ossia la collocazione molto risalente dell’unico precedente riportato dallo Ziino e la collocazi nel 2018 del suo agire in incolpazione, profilo rilevante dato che – come chiarito dal giurisprudenza – il tempo trascorso dai fatti, anche quando opera la presunzione di cui all’ar 275, comma 3, cod. proc. pen., rientra tra gli elementi dai quali può risultare che non sussistan esigenze cautelari (non potendo valere in senso contrario, come erroneamente esposto nell’ordinanza impugnata, che la contestazione sia aperta, atteso dato che non vi sono elementi a carico dell’imputato successivi all’anno 2018).
2.4. Con il quarto motivo si sono assunti la violazione dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in ordine alla inadeguatezza degli arresti domiciliari, ritenuta s far riferimento ad alcuna circostanza concreta e in palese disparità di trattamento con alt coindagati sottoposti a misure meno afflittive e quantunque allo Ziino non sia stato ascritto differenza di costoro) alcun reato fine. La motivazione sarebbe viziata nella parte in cui escluso elementi dimostrativi del recesso o dello scioglimento del gruppo, atteso che proprio la mancanza di rapporti dal 2018 tra lo COGNOME e gli altri indagati, l’assenza di contestazione di fine e di carichi pendenti avrebbe consentito l’applicazione della chiesta misura meno afflitti (che, peraltro, ben può essere accompagnata dai divieti di cui all’art. 284, comma 2, cod proc pen e dell’applicazione di un dispositivo di controllo elettronico ex art. 275-bis cod. proc. pen.).
Il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso, deducendo l’infondatezza dei primi due motivi di ricorso (sulla scorta princìpi posti dalla giurisprudenza di legittimità in tema di apprezzamento del compendio indiziario e di partecipazione a un’associazione di tipo mafioso e della congrua motivazione fornita dal Tribunale, rispetto alla quale parte ricorrente prospetterebbe pure un alternat apprezzamento di merito), nonché la genericità e la manifesta infondatezza del terzo motivo
(tenuto conto della consolidata giurisprudenza relativa alla presunzione di sussistenza delle esigenze, cautelari, anche alla luce del tempo c.d. silente, nel caso di custodia cautelare carcere disposta per il reato di cui all’art. 416-bis cod. pen.); e rassegnando che il qua motivo conterebbe allegazioni in fatto, senza considerare la presunzione di adeguatezza della sola custodia in carcere (cfr. requisitoria scritta).
La difesa del ricorrente ha presentato memoria di replica, rappresentando che la requisitoria avrebbe erroneamente ricostruito le censure sollevate con l’impugnazione, ribadendo le allegazioni contenute nel ricorso sia in relazione all’apprezzamento contra legem (in virtù di quanto chiarito pure dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite) e con motivazio viziata del compendio indiziario (sub specie della qualificazione del ricorrente quale partecipe ex art. 416-bis cod. pen.), sia in ordine ai vizi denunciati a proposito della sussistenza del esigenze cautelari e della scelta della misura (con particolare riguardo al tempo trascorso dal fatto in incolpazione).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è nel complesso infondato e deve essere rigettato.
1. Il primo motivo è inammissibile poiché manifestamente infondato e versato in fatto. L’ordinanza impugnata ha richiamato i dati già posti a fondamento dei provvedimenti relativi ad altri indagati (resi nel medesimo procedimento) al fine di dare conto dell’esisten – nell’ottica gravemente indiziaria che qui rileva – di un sodalizio che opera con il met descritto dall’art. 416-bis cod. pen., profilo questo non censurato dal ricorso; e non occo dilungarsi per osservare che tra gli elementi di natura logica o rappresentativa, funzionali a verifica della sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il Giudice della cautela può av riguardo a tutti i dati emersi dalle investigazioni compiute nel medesimo procedimento. Alla verifica dell’esistenza dell’organizzazione il Tribunale ha fatto seguire una disamina deg elementi dai quali ha tratto (nella medesima prospettiva dei gravi indizi di colpevolezza) partecipazione dinamica del ricorrente al sodalizio, segnatamente valorizzando la raccolta anche da parte sua di denaro da destinare a un sodale detenuto, il procacciamento di voti per un candidato alle elezioni sostenuto dalla societas e la partecipazione alle riunioni con gli altri membri (aventi ad oggetto le condotte da tenere dopo l’elezione), le richieste avanzate al medesimo esponente politico (non rilevando, nell’ottica della partecipazione ex art. 416-bis cod. pen., che esse – come prospettato dalla difesa – non siano state esaudite); in tal modo, il Collegio del riesame ha attribuito allo COGNOME lo «stabile inserimento nella st organizzativa dell’associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, a attestare la sua ‘messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi con il compimento di azioni, preventivamente assegnate, teleologicament orientate alla realizzazione degli scopi associativi» (cfr. Sez. U, n. 36958 del 27/05/202 Modaffari, Rv. 281889 – 01, che espressamente ha inteso confermare quanto già affermato da
Sez. U n. 33748 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 231670-01). E tale iter, oltre che conforme al diritto, non è manifestamente illogico e quindi non qui sindacabile; nè può essere utilmente censurato perorando una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal Giudice di merito e un’alternativa ricostruzione dei fatti, come il ricorso prospetta (cfr. Sez. 5, n. 1513 24/02/2020, COGNOME, n.m.; Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884); difatti, materia di provvedimenti de libertate, la Corte di cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ma il controllo di legittimità rimanere interno al provvedimento impugnato ed è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’alt l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al giustificativo del provvedimento (Sez. 5, n. 15138 del 24/02/2020, NOME; cfr. pure Sez. 4 03/02/2011, n. 14726, D.R.; Sez. 4, 06/07/2007, n. 37878, C.).
2. Il secondo motivo è infondato.
2.1. Il Collegio non ignora l’orientamento secondo cui, «ai fini dell’applicabilità di mi cautelari personali, per valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, in caso presenza di “prove” indirette, è necessario utilizzare anche il canone posto dall’art. 192, comma secondo, cod. proc. pen. là dove prevede che gli indizi devono essere plurimi, precisi e concordanti; ne consegue che, in assenza della pluralità e concordanza degli indizi, la discrezionalità valutativa del giudice non può esercitarsi in quanto difetta della certezza fatto da cui trarre il convincimento»: in quest’ottica, il mancato richiamo, nell’art. 273, co 1-bis, cod. proc. pen., dell’art. 192, comma 3, cit. non sarebbe «significativo, in quanto il co di rito, nell’esigere l’esistenza di “gravi indizi di colpevolezza” ai fini dell’adozione di una cautelare, non può che riferirsi a disposizione che, oltre a codificare una rego di inutilizzabilità, costituisce un canone di prudenza nella valutazione della probabilità d colpevolezza necessaria per esercitare il potere cautelare» (Sez. 5, n. 55410 del 26/11/2018, COGNOME, Rv. 274690 – 01; cfr. pure Sez. 4, n. 25239 del 05/04/2016, COGNOME, Rv. 267424 01; Sez. 4, n. 31448 del 18/07/2013, COGNOME, Rv. 257781 – 01).
Tuttavia, per le ragioni che si esporranno, si ritiene meritevole di condivisione la diver prospettiva ermeneutica, cui ha prestato adesione il Tribunale, la quale ha affermato che «in tema di applicazione di misure cautelari personali, gli indizi di colpevolezza non devono essere valutati secondo i medesimi criteri richiesti per il giudizio di merito, essendo sufficiente la gravità di essi, evidenziata da qualsiasi elemento idoneo a fondare un giudizio di qualificat probabilità della responsabilità dell’indagato, e non anche la precisione e la concordanza» (Sez. 2, n. 8948 del 10/11/2022 – dep. 2023, Pino,Rv. 284262 – 01; cfr. pure Sez. 4, n. 22345 del 15/05/2014, Francavilla, Rv. 261963 – 01; Sez. 4, n. 16158 del 08/04/2021, COGNOME, Rv. 281019 – 01; Sez. 4, n. 18589 del 14/02/2013, Superbo, Rv. 255928 – 01; Sez. 6, n. 7793 del 05/02/2013, COGNOME, Rv. 255053 – 01). Quest’ultimo piano esegetico muove dal presupposto che «la nozione di gravi indizi di colpevolezza non è omologa a quella che serve a qualificare i
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quadro indiziario idoneo a fondare il giudizio di colpevolezza finale», ragion per cui «al dell’adozione della misura è sufficiente l’emersione di qualunque elemento probatorio idoneo a fondare “un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato” in ordine ai addebitati» e «i detti indizi non devono essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, giudizio di merito, dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.»; e proprio «per questa ragione l’a 273, comma 1-bis, cod. proc. pen. richiama i commi 3 e 4 dell’art. 192, cod. proc. pen., ma non il comma 2 del medesimo articolo, il quale oltre alla gravità, richiede la precision concordanza degli indizi» (Sez. 2, n. 8948/2022 – dep. 2023, cit., che rimanda anche a precedenti pronunce, ivi comprese quelle appena sopra richiamate; cfr. pure Sez. 4, n. 16158/2021, cit.).
Al dato letterale, che non pare giustificare letture diverse (cfr. Sez. U, n. 12759 14/12/2023 – dep. 2024, L., Rv. 286153 – 01, in motivazione; cfr. pure Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, Nafi, Rv. 287095 – 01, in motivazione, che richiama Sez. U, n. 38810 del 13/06/2022, Banadin, rv. 283369 – 01; Sez. U, n. 40986 del 19/07/2018, P., Rv. 273934 01), si affianca una considerazione di sistema: «in sede cautelare, la nozione di “gravi indizi colpevolezza”, di cui all’articolo 273, comma 1, cod. proc. pen., non poss lo stess significato e valore probatorio della nozione di “indizi”, contenuto nell’articolo 192, comma codice di rito, valevole ai fini dell’affermazione della responsabilità e della dimostrazione d esistenza di un fatto». Difatti, la già richiamata diversa collocazione topografica delle due norme appena richiamate consente di affermare che il termine «indizi» – nell’ordito codicistico – sia polisemico, in quanto:
In effetti, occorre anzitutto avere riguardo alla lettera dell’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. peri. («1-bis. Nella valutazione dei gravi indizi di colpevolezza si applicano le disposizioni degli articoli 192, commi 3 e 4, 195, comma 7, 203 e 271, comma 1»), inserito dall’art. 11, della legge 1 marzo 2001, n. 63, che recava «Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale in materia di formazione e valutazione della prova in attuazione della legge costituzionale di riforma dell’articolo 111 della Costituzione», e che nell’ottica della p rispondenza della disciplina del codice di rito al disposto dell’art. 111 Cost. (come modifica dalla legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), per quel che qui rileva, ha uniformato la fase delle indagini preliminari e, in particolare, l’applicazione delle misure cautelari pers solo a talune delle norme dettate per la formazione della prova nel giudizio (per l’appunto collocate nel Libro III del codice, che disciplina le prove), prevedendo espressamente, quanto alla valutazione della prova, regolata dall’art. 192 cod. proc. pen., che operi il solo comma (a mente del quale le dichiarazioni del coimputato del medesimo reato, dell’imputato in procedimento connesso o, ai sensi del successivo comma 4, di reato collegato ex art. 371, comma 2, lett. b), cod. proc. pen., devono essere «valutate unitamente agli altri elementi d prova che ne confermano l’attendibilità» e ciò in ragione della peculiare posizione di t soggetti); e che operino le ipotesi di inutilizzabilità poste dagli artt. 195, comma 7, 203 e comma 1, cod. proc. pen. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
nell’art. 192, comma 2, cit., secondo cui «l’esistenza di un fatto non può essere desunta da indizi a meno che questi siano gravi, precisi e concordanti», deve riferirsi alla «prov critica, logica, indiretta, contrapposta alla prova diretta, storica o rappresentativa, acqui con i mezzi previsti dal secondo titolo dello stesso libro terzo del codice di rito»;
– laddove nell’art. 273, comma 1, cod. proc. pen., che richiede la sussistenza di «gravi indizi di colpevolezza» quale prima condizione generale per l’applicabilità di misure cautelari designa qualsiasi elemento rappresentativo sino a quel momento acquisito, diretto o indiretto che sia (Sez. 2, n. 48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 – 02), che nel vigente sistema processuale può di norma assurgere al crisma di prova (e fondare la responsabilità) solo se acquisito nel contraddittorio in giudizio (salve le eccezioni previste dalla legge) e che, inv nella prospettiva che il giudice deve adottare quando è investito da una domanda cautelare va valutato in termini di «qualificata probabilità di colpevolezza»; la necessità di tale qualif probabilità non consente neppure di ravvisare la prospettata esigenza di una diversa lettura per rendere la norma costituzionalmente conforme, atteso che l’esegesi qui ribadita impone, comunque, che il compendio su cui può fondarsi l’applicazione di una cautela personale assuma la detta elevata capacità dimostrativa della sussistenza del fatto e della riconducibilità di e la persona a cui viene attribuito che, a seconda del compendio in atti, potrà richiedere senz’alt più elementi convergenti perché ricorra la prescritta gravità indiziaria.
In conclusione, deve ribadirsi che, «ai fini dell’adozione di una misura cautelar personale è sufficiente qualunque elemento probatorio idoneo a fondare un giudizio di qualificata probabilità sulla responsabilità dell’indagato in ordine ai reati addebitatigli, pe necessari “gravi indizi di colpevolezza” non corrispondono agli “indizi” intesi quale elemento prova idoneo a fondare un motivato giudizio finale di colpevolezza e non devono, pertanto, essere valutati secondo gli stessi criteri richiesti, per il giudizio di merito, dall’art. 192, 2, cod. proc. pen. – che, oltre alla gravità, richiede la precisione e la concordanza degli i – giacché il comma 1 -bis dell’art. 273 cod. proc. peri. richiama espressamente i soli commi 3 e 4, ma non il comma 2 del suddetto art. 192 cod. proc. pen.».
2.2. Il Tribunale, nei termini esposti in relazione al primo motivo, si è uniformato a t parametro valutativo, ragion per cui il motivo in esame è infondato, non occorrendo dilungarsi per osservare che in ogni caso sono plurimi i dati valorizzati dal Collegio di seconda istanza che ne ha evidenziato in maniera logica la convergenza, per qualificare il ricorrente come partecipe ex art. 416-bis, comma 1, cod. pen., il che rende superflua ogni ulteriore considerazione.
3. Il terzo motivo è inammissibile.
Invero:
«in tema di riesame di una misura cautelare personale, la natura interamente devolutiva di tale mezzo di impugnazione e la facoltatività dell’indicazione dei motivi n comportano l’automatica rilevanza di doglianze di carattere generico, sicché, in assenza della
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formulazione di specifiche questioni sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, il giu del riesame, pur tenuto a verificare anche tale presupposto, può, in presenza di un provvedimento motivato, limitarsi a richiamare il contenuto del titolo genetico, a condizio che mostri di averlo comunque valutato» (Sez. 6, n. 56968 del 11/09/2017, COGNOME, Rv. 272202 – 01); difatti, «qualora l’impugnazione sia limitata ad uno solo dei presuppost applicativi della misura, rispetto ai punti non oggetto di censura sussiste un obbli motivazionale attenuato, in quanto il tribunale del riesame, in mancanza di specifiche argomentazioni della difesa, potrà limitarsi a richiamare l’ordinanza applicativa ribadend l’adeguatezza della motivazione» (Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 278314 03; Sez. 2, n. 27865 del 14/05/2019, Sepe, Rv. 277016 – 02);
nel caso in esame, i motivi di riesame (ai quali la difesa si è riportata innanzi Tribunale: cfr. verbale dell’udienza del 22 luglio 2024) non contenevano specifiche censure sotto il profilo delle esigenze cautelari;
ragion per cui la motivazione del provvedimento impugnato è adeguata nella parte in cui, richiamando l’ordinanza genetica, ha rimarcato la risalente costituzione del sodalizio e sua operatività senza soluzione di continuità, i rapporti con altre associazioni criminali (anc di stampo mafioso) e la circostanza che lo COGNOME sia risultato soggetto incline alla violenza dunque, escluso in maniera conforme al diritto la sussistenza di elementi atti a vincere l presunzione di sussistenza delle esigenze cautelari di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. non constando né il recesso dell’indagato né l’esaurimento dell’attività associativa, e no potendosi pertanto attribuire rilievo decisivo al tempo, in effetti non esiguo, trascorso l’emissione della misura e i fatti contestati (cfr. Sez. 2, n. 7260 del 27/11/2019 – dep. 2 COGNOME, Rv. 278569 – 01);
ed essa non può essere qui ritualmente censurata per il tramite delle allegazioni in fatto, che pure il ricorso contiene
Il quarto motivo è inammissibile.
dirimente osservare che, allorché ricorrano gravi indizi di colpevolezza del delitto d partecipazione ad un’associazione mafiosa, «in tema di applicazione di misure cautelari personali, anche a seguito della novella attuata con legge 16 aprile 2015, n. 47, l’art. 27 comma terzo, cod. proc. pen. continua a prevedere una doppia presunzione, relativa quanto alla sussistenza delle esigenze cautelari ed assoluta con riguardo all’adeguatezza della misura carceraria»; ragion per cui solo in mancanza di elementi tali da smentire l’effetto del presunzione relativa appena indicata (ossia della sussistenza delle esigenze cautelari), «trova applicazione in via obbligatoria la sola misura della custodia in carcere» (Sez. 5, n. 51742 de 13/06/2018, Pergola, Rv. 275255 – 01; Sez. 5, n. 47401 del 14/09/2017, COGNOME, Rv. 271855 – 01; Sez. 2, n. 19283 del 03/02/2017, COGNOME, Rv. 270062 – 01; cfr. pure, sulla compatibilit costituzionale in parte qua dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., Corte cost. ord. n. 136 del 2017; e Corte cost. n. 191 del 2020).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen. il ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali.
Infine, devono mandarsi alla Cancelleria gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1 -ter, disp. att. cod. proc. pen. Così deciso il 19/11/2024.