Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 20157 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 20157 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOMECOGNOMENOME nato a MATERA il 26/08/1963
avverso l’ordinanza del 28/01/2025 del TRIBUNALE di CATANZARO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile; udite le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso con ogni conseguente statuizione.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Catanzaro, in riforma della ordinanza del G.i.p. di Catanzaro del 09/01/2025, ha sostituito la misura della custodia in carcere, che era stata applicata nei confronti di NOME COGNOME con la misura degli arresti domiciliari in relazione alla imputazione provvisoria allo stesso ascritta (artt. 110, 629, comma primo e secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo, n. 1 e 3, 416-bis.1 cod. pen.).
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione, per mezzo del proprio difensore, NOME COGNOME articolando motivi di ricorso che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. NOME Inosservanza ed erronea applicazione della legge penale con riferimento agli artt. 629, comma primo e secondo, in relazione all’art. 628, comma terzo, n. 1 e 3, cod. pen., nonché violazione di legge in relazione agli artt. 273 e 292, comma secondo, cod. proc. pen. quanto alla ritenuta ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza, nonché vizio della motivazione perché carente, contraddittoria e manifestamente illogica, con evidente travisamento delle risultanze processuali.
Nella prospettazione difensiva è del tutto mancato un ragionamento congruo e logicamente articolato del Tribunale, soprattutto tenuto conto dei plurimi temi introdotti con la memoria difensiva. In tal senso, si è osservato, dopo aver richiamato la contestazione elevata, che era mancata qualsiasi considerazione in ordine alla consapevolezza del ricorrente quanto: – all’essere stata la società di cui era gestore di fatto (RAGIONE_SOCIALE scelta al solo fine di realizzare il meccanismo illecito esplicativo della attività estorsiva; all’avere effettivamente concordato con ICOP un prezzo altamente superiore al dovuto per il trasporto e smaltimento terre da scavo proprio a tal fine; – all’effettiva ricorrenza di un prezzo notevolmente superiore ai valori di mercato; – alla effettiva ricomprensione nel prezzo di una percentuale pari al 5% da destinare alla soddisfazione della finalità estorsiva; – alla piena consapevolezza della richiesta estorsiva e delle sue modalità nei confronti della ICOP; – restituzione consapevole, quale esito dell’accordo e concorso nella estorsione, al Salvo della somma di euro 100.00,00; – alla possibile fondatezza della
versione alternativa per cui tale somma potesse essere ritenuta una mera remunerazione in favore del Salvo per aver agevolato l’affidamento del servizio alla RAGIONE_SOCIALE
Sono poi state richiamate le considerazioni del Tribunale quanto alle captazioni ed alla loro portata per evidenziare un sostanziale travisamento del contenuto delle stesse, atteso che, contrariamente a quanto ritenuto nell’ordinanza, evidenziavano come il ricorrente fosse estraneo a tale sistema estorsivo, tanto che cercava di modificarne portata e condizioni a proprio vantaggio, indispettendo il Salvo. Risultava poi del tutto apodittica, nella prospettazione difensiva, l’affermazione del Tribunale secondo la quale il prezzo pattuito per il servizio affidato alla RAGIONE_SOCIALE fosse molto più alto di quello normalmente praticato, con travisamento del dato collegato alla consulenza tecnica, atteso che il prezzo praticato era pari a 22 euro per tonnellata mentre nel listino prezzi regione Calabria l’importo per il conferimento ad impianto di recupero era pari ad euro 30 per tonnellata.
Nell’insieme la considerazione degli altri elementi valutati dal Tribunale si doveva ritenere apodittica e caratterizzata da travisamento degli elementi emersi sia quanto all’extra gestibile destinato a provento estorsivo che quanto al diretto coinvolgimento del ricorrente in tale meccanismo considerato tale solo in termini di verosimiglianza, in presenza di una risposta manifestamente illogica quanto alle eccezioni difensive che avevano evidenziato come non fosse emerso alcun elemento a carico del ricorrente per poter ritenere che questi fosse a conoscenza del ruolo del NOME e dei suoi diretti contatti con la criminalità organizzata, mentre ogni somma corrisposta era semplicemente il prezzo della intermediazione realizzata dal NOME con la ICOP; né si poteva considerare in alcun modo effettivamente rilevante e risolutiva la affermazione secondo la quale il COGNOME si era lamentato perché avrebbe dovuto corrispondere l’Iva sulle fatture gonfiate. Tale lamentela era stata introdotta solo ed esclusivamente dal NOME titolare del CMI.
Si doveva ritenere ampiamente travisato il compendio intercettivo, come dimostrava la circostanza che il COGNOME era costretto a corrispondere al NOME il provento della estorsione prima che le fatture venissero effettivamente pagate dalla ICOP. Risultava poi del tutto svalutata la situazione effettiva del ricorrente rispetto al NOME, che minacciava pesantemente, anche se in modo indiretto, il COGNOME
nel caso in cui non avesse ottemperato alle sue richieste di denaro, che obbligavano il COGNOME a consistenti pagamenti prima di avere effettivamente incassato le fatture, con modalità dunque del tutto diverse dal meccanismo ipotizzato in contestazione (pag. 15 e seg. del ricorso con particolare riferimento all’intervento del c.d. ragioniere e al tentativo del ricorrente di ribellarsi affermando che avrebbe raccontato tutto ai vertici della RAGIONE_SOCIALE in ordine al comportamento del loro dipendente).
In conclusione, il comportamento del ricorrente era stato qualificato come apicale e centrale nella complessa organizzazione estorsiva così travisando completamente l’esito della attività di indagine, anche con specifico riferimento all’elemento soggettivo del reato con particolare riferimento al dolo del concorso. Il Tribunale aveva inoltre del tutto omesso di considerare la conversazione indicata nella memoria difensiva di cui al progressivo 2264 tra NOME NOME e il capocantiere della RAGIONE_SOCIALE COGNOME NOME, che evidenziava come la somma di euro 7000,00 in contanti era stata esplicitamente riferita al pagamento di stati di avanzamento lavori e, dunque, il richiamo a quell’altra roba effettuato dal Tribunale era da ritenersi del tutto eccentrico. Era poi mancata qualsiasi considerazione a supporto della ricostruzione accusatoria quanto ad una effettiva consegna da parte del Salvo al clan COGNOME delle somme versate dal COGNOME, nonché l’assenza di qualsiasi riscontro quanto all’effettiva consegna da parte del ricorrente della somma di euro centomila al Salvo, quale prezzo dell’estorsione.
2.2. GLYPH Inosservanza ed erronea applicazione dell’art. 416 -bis.1 cod. pen., nonché art. 273 cod. proc. pen., nonché carenza, illogicità e contraddittorietà della motivazione, oltre al travisamento delle risultanze processuali, in ordine alla ricorrenza della circostanza aggravante contestata solo ed esclusivamente sulla base delle conversazioni intercorse tra il Salvo e il COGNOME, senza che sia mai stato evocato in alcun modo il clan COGNOME, in mancanza di qualsiasi elemento a supporto al fine di ritenere che effettivamente tale agevolazione rappresenti lo scopo diretto perseguito dall’agente.
2.3. Violazione di legge ed erronea applicazione degli artt. 273, 274, 275 cod. proc. pen.; la aggravante doveva essere esclusa, con conseguente inapplicabilità della presunzione di cui all’art. 275 cod. proc. pen. L’assunto relativo alla centralità del ruolo del ricorrente è rimasto del tutto indimostrato e basato su mere asserzioni in assenza
di effettivo riscontro, ricorrendo al massimo una condotta in realtà imposta di sovrafatturazione. Inoltre, non è stata considerata la risalenza della vicenda.
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
La difesa ha depositato memoria di replica alle conclusioni della Procura generale ed ha insistito nella richiesta di accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è parzialmente fondato per le ragioni che seguono. I residui motivi sono assorbiti, sicché deve essere disposto l’annullamento con rinvio della ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro.
Si deve premettere che in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie” (in motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 192 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della
responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza, Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828-01).
Tale orientamento ha trovato conforto anche in pronunce più recenti (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01; Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460-01). Ne consegue che: a) l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato; b) il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito – Cass. Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698-01).
3. Ciò premesso, occorre considerare come nel caso in esame, pur a fronte di un articolato e approfondito sforzo ricostruttivo del contesto indagato e oggetto di imputazione provvisoria da parte del Tribunale del riesame, la motivazione risulta carente e in parte mancante su un tema centrale devoluto all’esame del Tribunale, con specifiche argomentazioni della difesa, ed inerente la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza in ordine all’elemento soggettivo del delitto provvisoriamente imputato in concorso (art. 629 cod. pen.). Il Tribunale ha difatti ampiamente ricostruito il complessivo contesto illecito nel quale è inserita la RAGIONE_SOCIALE e i gravi indizi di colpevolezza relativi alla ricorrenza di una articolata attività di rilevanza penale e tributaria volta a realizzare plurime false fatturazioni per operazioni inesistenti o parzialmente inesistenti, così come è stato indagato l’articolato e in parte conflittuale rapporto con il Salvo. Tuttavia, deve essere riscontrata una carenza motivazionale quanto alla censura critica relativa alla piena consapevolezza da parte del COGNOME del meccanismo estorsivo attivato in modo inequivoco nei confronti della ICOP, la consapevolezza da parte dello stesso dell’inoltro di una richiesta estorsiva ai responsabili di cantiere, ricevuta mediante le comunicazioni del Salvo agli addetti NOME e COGNOMEche riferivano specificamente della richiesta estorsiva e delle sue caratteristiche,
mediante indicazione delle ditte con cui lavorare e sovrafatturare, al titolare della ICOP Petrucco), la diretta riferibilità di tale richiesta a
clan COGNOME per il tramite del NOMECOGNOME il ruolo e la funzione del NOME
(anche considerato che questi non svolgeva alcun ruolo o incarico per la ICOP e contattava dunque il COGNOME in assenza di specifica
legittimazione quanto a tale cantiere), con elementi indiziari volti a connotare una piena consapevolezza del ruolo svolto dal concorrente
nel reato condividendone le finalità.
4. Il Tribunale dovrà dunque colmare tale lacuna motivazionale, nell’ambito della propria piena discrezionalità, in ordine alla effettiva
ricorrenza della provvista indiziaria sul punto, anche tenendo conto del principio di diritto, che qui si intende ribadire, secondo il quale in tema
di processo indiziario, il giudice può fondare il proprio convincimento circa la responsabilità dell’imputato anche sulla concatenazione logica
degli indizi, dalla quale risulti che il loro complesso possiede quella univocità e concordanza atta a convincere della loro confluenza nella certezza in ordine al fatto stesso (Sez. 2, n. 45851 del 15/09/2023, COGNOME, Rv. 285441-02) anche quanto alla sua componente soggettiva. Principio che trova un suo evidente ambito di applicazione anche nel caso in esame in considerazione del contesto descritto e dell’ambito territoriale di riferimento, in relazione al quale si è ripetutamente evidenziato che possono rilevare anche soltanto le modalità in sé della richiesta estorsiva, che, pur formalmente priva di contenuto minatorio, ben può manifestare un’energica carica intimidatoria – come tale percepita dalla vittima stessa – alla luce della sottoposizione del territorio in cui detta richiesta è formulata all’influsso di notori consorterie mafiose (Sez. 2, n. 22976 del 13/04/2017, COGNOME, Rv. 270175-01).
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro.
Così deciso il 15/05/2025.