Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 37531 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 37531 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 05/11/2025
SENTENZA
Oggi,
i 8 NOV, 2011 .
sul ricorso proposto da NOME COGNOME, nato in Albania il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del 03/07/2025 del Tribunale di L’Aquila IL FUNZIONAR visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; Ladna udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il 3 luglio 2025 il Tribunale di L’Aquila confermava l’ordinanza emessa dal Giudice per le indagini preliminari di L’Aquila il 20 maggio 2025 con la quale è stata disposta la misura della custodia cautelare in carcere per i delitti di cui all’ar 74 d.P.R. n. 309 del 1990, per essersi associato con altri, rivestendo il ruolo di partecipe, allo scopo di commetterne una serie indeterminata di reati di acquisizione, produzione, detenzione e successiva cessione di ingenti quantitativi di sostanza stupefacente, del tipo cocaina, marijuana, eroina e “amnesia” (capo 1) e di cui agli artt. 110 cod. pen., 73 comma 1, 80 comma 2, d.P.R. n. 309 del 1990, per aver coltivato, in concorso con altri, 880 piante di marijuana all’interno di un capannone sito a Piadena Drizzona, ricavandone un ingente quantitativo di sostanza del tipo cannabis del peso pari a 421,60 kg (capo 2).
Propone ricorso per cassazione il difensore dell’indagato, che si affida a sei motivi.
2.1 Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 in merito alla partecipazione ad una associazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti, per inosservanza e erronea applicazione della legge penale e mancanza, contraddittorietà ovvero manifesta illogicità della motivazione con riguardo all’appartenenza del prevenuto a tale associazione.
Si osserva che l’ordinanza del Tribunale del riesame si fonda su una motivazione palesemente illogica, trasformando condotte innocue, la cui causa efficiente risiede nei doveri di solidarietà familiare, in presunti atti partecipazione a un sodalizio criminale.
Si osserva che vengono indicate (ma non anche riportate e specificate) alcune conversazioni tra l’indagato ed altri coindagati che non sono state neanche riportate dal pubblico ministero a sostegno della sua tesi e che in ogni caso dal fascicolo non risulta alcun contatto tra l’indagato e gli altri soggetti che fanno parte del sodalizio criminale, né prima, né dopo il sequestro del capannone; che non vi è alcun dettaglio in merito alle modalità operative della messa a disposizione in favore degli altri coindagati della propria abitazione; che mancano intercettazioni telefoniche o ambientali dirette a suffragare la partecipazione dell’indagato alla associazione.
Si aggiunge che non sussiste né viene riportato alcun episodio e/o condotta riguardante un diretto interessamento dell’indagato alla coltivazione della sostanza stupefacente né il noleggio di auto/furgoni da parte di altri utilizzati pe raggiungere il capannone.
Si rappresenta che nel provvedimento impugnato viene del tutto obliterata la tesi difensiva, che aveva documentato la stretta parentela tra l’indagato e le altre persone indicate come sodali, liquidata dal Tribunale del riesame senza alcuna indicazione degli elementi positivi che provassero che l’ospitalità o i contatti non fossero espressione di affetto familiare ma di contributo consapevole al programma criminoso.
Manca la prova che l’indagato avesse fornito un contributo come “base logistica” e che l’ospitalità da lui offerta fosse collegata alla attività del gru criminale.
Vengono quindi analizzate le conversazioni e gli episodi in cui il ricorrente presta ospitalità, che nell’ordinanza sono riportate come indicative della sua partecipazione al sodalizio, offrendo per ognuno di essi la propria interpretazione a confutazione della manifestamente illogica motivazione adottata dal tribunale.
2.2. Con il secondo motivo, lamenta violazione degli artt. 110 e 73 d.P.R. n. 309 del 1990 e vizio di motivazione per carenza, manifesta illogicità, travisamento del fatto in ordine alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per il concorso nel reato di coltivazione di cui al capo 2.
Si evidenzia che anche in questo caso gli unici elementi indiziari sono l’aver messo a disposizione la propria abitazione di Rescaldina (Milano) definita “luogo logistico strategico”, senza che vi sia prova che lui si sia recato al capannone di Piadena Drizzona, o che abbia partecipato all’allestimento della serra; senza intercettazioni in cui si parli di coltivazione; senza che abbia fornito mezzi, denaro o risorse, di cui non vi è prova.
Si osserva che vi è una manifesta illogicità ed una assoluta mancanza di connessione tra l’ospitalità familiare e il reato fine.
Con il terzo motivo, lamenta vizio di violazione di legge e vizio di motivazione per omessa pronuncia su specifici motivi di gravame e per carenza di autonoma valutazione critica.
Si rappresenta che nella memoria depositata il 3 luglio 2025 la parte aveva lamentato la motivazione per relationem non consentita da parte del giudice, per mancata valutazione critica degli elementi di accusa, posto che il giudice per le indagini preliminari si era limitato a recepire passivamente la tesi della pubblica accusa senza compiere alcuna valutazione sulla stessa. Su questo il Tribunale non si è minimamente pronunciato, con una evidente omissione di pronuncia.
2.4 Con il quarto motivo lamenta violazione degli artt. 274 e 275 cod. proc. pen. e vizio di motivazione per travisamento del fatto e manifesta illogicità in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari e alla scelta della misura.
Si assume il travisamento del fatto avendo il Tribunale ritenuto il pericolo di reiterazione sulla “disponibilità a collaborare”, manifestata “nonostante si trovasse in affidamento in prova e pur disponendo di un lavoro”, trasformando in un elemento a carico ciò che la difesa aveva prodotto per documentare che il proprio assistito aveva un regolare lavoro, stabile.
Viene denunciata anche la violazione del principio di proporzionalità e adeguatezza e la motivazione apparente per aver il tribunale omesso del tutto una valutazione sul punto, con una evidente manifesta illogicità.
2.5 Con il quinto motivo si deduce vizio di motivazione per l’utilizzo di una struttura argomentativa seriale e per relationem di fatto tra provvedimenti distinti: nei confronti del prevenuto e di altri due coindagati sono state emesse tre ordinanze che costituiscono un’unica “macro-motivazione” standardizzata, in cui la parte individualizzante è meramente giustapposta a un blocco precostituito.
2.6 Con il sesto motivo, lamenta vizio di motivazione per l’utilizzo di argomentazioni stereotipate e cumulative e per la mancata individualizzazione della valutazione cautelare ex art. 292, comma 2, lett. c) cod. proc. pen.
Identico è il contenuto del provvedimento redatto per i tre indagati per giustificare le esigenze cautelari e l’inadeguatezza di misure meno afflittive.
3 Con requisitoria scritta il Sost. AVV_NOTAIO AVV_NOTAIO ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
Premesso che il controllo di legittimità è circoscritto all’esame del contenuto dell’atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall’altro, l’assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità del argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento (si cita Sez. 6, n. 2146 del 25/05/1995, Tontoli, Rv. 201840) e che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 c.p.p. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 c.p.p. è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge o in mancanza o manifesta illogicità della motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato (da ultimo, Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01), si rileva che, nel caso in esame, l’ordinanza impugnata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, riconducendoli ad unità in considerazione della loro concordanza e, con motivazione assolutamente logica, ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente.
Si osserva che anche avuto riguardo alle esigenze cautelari e alla scelta della misura, le argomentazioni addotte nel provvedimento impugnato appaiono del tutto congrue ed esenti da qualsiasi vizio logico o giuridico, rappresentando in modo compiuto la sussistenza delle esigenze cautelari, la loro attualità, nonché il rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza della misura applicata, anche tenuto conto della concreta pericolosità dell’indagato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto è manifestamente infondato per le ragioni di seguito esplicitate.
I primi due motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente, attenendo ai gravi indizi di colpevolezza, sono inammissibile, posto che con essi si mira ad una diversa valutazione in fatto, non consentita in questa sede.
1.1 Questo collegio aderisce infatti all’orientamento giurisprudenziale, assolutamente consolidato, secondo cui in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione che deduca insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, o assenza delle esigenze cautelari, è ammissibile solo se denuncia la violazione di
specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti, o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. (Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, COGNOME, Rv. 270628 – 01; in termini conformi, Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884 – 01; Sez. 6, n. 11194 del 08/03/2012, COGNOME, Rv. 252178 – 01; Sez. 5, n. 46124 del 08/10/2008, COGNOME, Rv. 241997 – 01).
In particolare, per quanto attiene, nello specifico, il vizio di motivazione del provvedimento adottato dal tribunale del riesame, va ribadito, in ossequio ai principi a suo tempo espressi da Sez. U, Audino, che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti l adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito. (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Mazzelli, Rv. 276976 – 01; in termini conformi anche Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400 – 01 che ha affermato che l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
1.2 Nel caso di specie, la difesa, senza censuare specifiche violazioni di legge, ma nel contestare, negandolo, il ruolo del ricorrente all’interno del sodalizio e nella commissione del reato fine ascrittogli al capo 2, riportando la disponibilità manifestata nei confronti dei sodali a meri rapporti di solidarietà familiare, così negando, assertivamente, un ruolo attivo del ricorrente, che ha invece messo a disposizione la sua abitazione per tutti coloro che facevano la sponda tra l’Abbruzzo e l’hinterland milanese, finisce col chiedere a questa Corte un controllo di legittimità non consentito, concernente la ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti (l conversazioni riportate nei provvedimenti cautelari, nelle quali, con motivazione immune da vizi logici, si dà conto del fatto che il prevenuto mostra di essere a conoscenza degli affari legati alla coltivazione e allo spaccio degli stupefacenti) e la rilevanza e concludenza dei dati indiziari (su cui il giudice della cautela, in sede di riesame, motiva in termini che, sia pur nella loro sinteticità, sono congrui e
corretti, dando conto del contributo offerto dal prevenuto, sia all’interno del sodalizio, sia con riferimento alla condotta di coltivazione svolta nel capannone sito a Piadena Drizzone, in un luogo vicino alla sua abitazione sita a Rescaldina, la cui posizione era dunque strategica per gli affari del gruppo): in applicazione dei principi giurisprudenziali sopra riportati, le censure mosse sono dunque inammissibili, in quanto le stesse, pur investendo formalmente la motivazione, riguardano la ricostruzione dei fatti e si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito.
1.2 Parimenti inammissibile è il terzo motivo di censura, che sostanzialmente non si discosta dai primi due motivi, riguardando la disamina, da parte del tribunale del riesame, della tesi difensiva che nega la sussistenza, nel caso di specie, della affectio societatis.
Anche sotto questo aspetto, nessuna censura può essere mossa al giudice del riesame che non è incorso in alcuna omissione di pronuncia, avendo dato conto della tesi difensiva e motivato sulla stessa con un’argomentazione immune da vizi logici, laddove, analizzando gli elementi addotti dalla difesa (il vincolo familiare tra il ricorrente e i componenti dell’associazione o il viaggio operati dal primo in luoghi che si assumono non di interesse per il gruppo) li ha ritenuti inidonei a confutare il quadro indiziario ritenuto sussistente dal giudice che ha applicato la misura cautelare, facendo così corretta applicazione dei principi di diritto sopra riportati.
1.3. Con riferimento al quarto motivo, con il quale la difesa lamenta il travisamento del fatto e la manifesta illogicità in ordine alla valutazione delle esigenze cautelari e alla scelta della misura, va ricordato che nel caso in esame la misura cautelare carceraria è stata applicata in relazione ad un delitto per il quale opera la presunzione relativa di pericolosità sociale.
Ebbene, come già affermato da questa Corte, in tema di custodia cautelare in carcere, l’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. pone una presunzione relativa di pericolosità sociale che determina, in chiave di motivazione del provvedimento cautelare, la necessità, non già di dar conto della ricorrenza dei pericula libertatis, ma solo di apprezzarne le ragioni di esclusione, ove queste siano state evidenziate dalla parte o siano direttamente evincibili dagli atti, tra le quali, in particola rilevano il fattore “tempo trascorso dai fatti”, che deve essere parametrato alla gravità della condotta, e la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, che ha valore determinante nella esclusione della sussistenza delle esigenze cautelari (cfr Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Quaceci, Rv. 280471 – 01; in termini conformi an che Sez. 5, n. 57580 del 14/09/2017, P.m. in proc. lupia, Rv. 272435 – 01; più di recente, Sez. 5, n. 806 del 27/09/2023, dep. 2024, S., Rv. 285879 – 01 che, in termini conformi alle massime indicate, ha precisato che la rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza è desumibile da indicatori
concreti, quali le attività risocializzanti svolte in regime carcerario, volte reinserimento nel circuito lavorativo lecito, nonché l’assenza di comportamenti criminali).
Nel caso in esame la parte nulla ha dedotto in ordine alla rescissione dei legami con il sodalizio di appartenenza, ma si è limitata di fatto a contestare la circostanza che il tribunale del riesame abbia dedotto dalla documentazione che la difesa aveva prodotto al solo fine di dimostrare la capacità reddituale del prevenuto, che lo stesso avesse commesso i delitti in contestazione mentre era in affidamento in prova, leggendo, quindi, un elemento che avrebbe dovuto essere valorizzato in una ottica di favore, come un dato indiziario negativo.
Ritiene il collegio che la motivazione adottata sul punto dal giudice della cautela è immune da censure, tenuto conto, da un lato, che tale produzione difensiva non basta a ritenere superata la presunzione relativa di pericolosità e che, dall’altro, essa può essere letta – come fatto dal tribunale del riesame – come indice di attuale e concreta sussistenza di tale pericolosità, senza con ciò incorrere in vizi di logicità, posto che la valutazione da dare ad un documento, quand’anche esso venga prodotto dalla parte per suffragare la propria tesi, è compito del giudice, che ben può dare ad esso una valenza diversa da quella auspicata dalla parte, sempre che la valutazione risponda a canoni di logicità e congruità e sia giuridicamente corretta, come nel caso di specie.
1.4 Gli ultimi due motivi, che possono essere trattati congiuntamente in quanto attengono alla tecnica di motivazione del provvedimento applicativo della misura e di quello che, in sede di riesame, l’ha confermato, sono manifestamente infondati.
E’ di palmare evidenza che l’ordinanza adottata dal giudice per le indagini preliminari non è stata redatta con la tecnica del “copia e incolla”: i due provvedimenti hanno una struttura diversa; i paragrafi, nel loro contenuto, non coincidono; il provvedimento di applicazione della misura cautelare contiene una serie di valutazioni ulteriori e diverse rispetto a quelle della richiesta (che non stata integralmente accolta) e dunque una serie di valutazioni autonome sia per quanto concerne la ricostruzione dei fatti, sia per quanto riguarda i gravi indizi di colpevolezza e la sussistenza delle esigenze cautelari, per cui non può ravvisarsi nella prima alcun tipo di vizio.
Parimenti alcuna censura può essere mossa all’ordinanza adottata dal tribunale del riesame, che, pur nella sua sinteticità, dà conto della dinamica del fatto e dunque degli elementi indiziari a carico del ricorrente, nonché delle esigenze cautelari, in ossequio ai principi di questa Corte secondo cui sussiste il requisito dell’autonoma valutazione del giudice cautelare, di cui all’art. 292, comma 2, lett. c) bis cod. proc. pen. quando dal contenuto complessivo del
provvedimento emerga la conoscenza degli atti del procedimento, e, ove necessaria, la rielaborazione critica degli elementi sottoposti al vaglio del riesame (cfr in questo senso, riferita al caso della tecnica c.d. dell’incorporazione, Sez. 5, n. 1304 del 24/09/2018, dep. 2019, Pedato, Rv. 275339 – 01), né tale requisito viene meno sol perché in un procedimento plurisoggettivo, l’ordinanza del riesame risulti, in tesi difensiva, composta di parti “generali” uguali a quelle contenute i altre ordinanze, adottate dal medesimo ufficio giudiziario, nell’ambito dello stesso procedimento, relative ad altre “posizioni” soggettive attinte dalla stessa ordinanza cautelare, trattandosi di una tecnica di redazione che non inficia la legittimità del provvedimento, laddove lo stesso, come nel caso in esame in cui viene in rilievo un reato associativo, contenga, accanto ad una parte “AVV_NOTAIO” e dunque “comune” a tutti o a più indagati, la disamina delle singole posizioni soggettive e una serie di considerazioni, nel caso di specie sulle esigenze cautelari, che sono comunque individualizzate, anche se replicate, come si afferma in tesi, per altri indagati.
2. Alla declaratoria di inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere per il ricorrente del pagamento delle spese del procedimento nonché, tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che “la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, quello del versamento della somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE delle ammende, equitativamente fissata in euro 3.000,00.
Il collegio intende in tal modo esercitare la facoltà, introdotta dall’art. comma 64, legge n. 103 del 2017, di aumentare, oltre il massimo edittale, la sanzione prevista all’art. 616 cod. proc. pen. in caso di inammissibilità del ricorso, considerate le ragioni della inammissibilità stessa come sopraindicate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE delle Ammende.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.