Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 9888 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 9888 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOMECUI: CODICE_FISCALE nato a CROPANI il 30/04/1960
avverso l’ordinanza del 05/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di TORINO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni della Sostituta Procuratrice generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso;
lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 5 dicembre 2024, il Tribunale di Torino, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, applicava a NOME COGNOME indagato per il reato di rapina aggravata, la misura della custodia cautelare in carcere.
1.1 Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, evidenziando che il Pubblico Ministero aveva rinunciato all’appello cautelare originariamente proposto nei confronti del coimputato COGNOME e che l’ordinanza impugnata ome tteva di motivare in ordine agli elementi evidenziati dal giudice per le indagini preliminari, avendo: a) omesso di tracciare argomenti che potessero porsi a base un’ipotesi alternativa quale la presenza di entrambi presso
il dormitorio dove risiedevano a un’ora dai fatti; b) male interpretato i filmati di video sorveglianza della farmacia spingendosi a ricondurre in termini di certezza il primo soggetto alla persona di NOME; c) inteso in modo illogico l’elemento del vestiario indossato da NOME al momento dell’arresto, mancando di motivare in ordine ad un dettaglio invece valorizzato dal giudice per le indagini preliminari: un Cavallino rosso presente sulle scarpe sequestrate a Leto al momento dell’arresto che, secondo il primo giudice, non si scorgeva nelle immagini di videosorveglianza della farmacia; d) illogicamente valutato la proprietà in capo a COGNOME di un’automobile coincidente per marca e modello a quella che si vedeva nelle immagini di videosorveglianza, quando invece il giudice per le indagini preliminari aveva affermato che dalle immagini si poteva vedere solo il colore dell’autovettura; e) illogicamente valutato i riconoscimenti fotografici effettuati dalle farmaciste, senza considerare che detti riconoscimenti andavano necessariamente fatti sulla scorta di una loro preventiva descrizione del soggetto e che le descrizioni originariamente rese erano assolutamente incerte; f) omesso di motivare circa il reperimento in possesso degli indagati al momento dell’arresto sia della refurtiva sia del passamontagna o degli abiti utilizzati dal rapinatore.
1.2 Il difensore rileva che la motivazione adottata dal Tribunale in relazione alla sussistenza di esigenze cautelari presentava profili di illegittimità, in quanto fondata unicamente sulla gravità delle accuse e sui precedenti penali del ricorrente: il Tr ibunale aveva valorizzato i precedenti penali di COGNOME e l’assenza di attività lavorativa, ma non erano stati evidenziati elementi sufficienti per ritenere che, presentatasi l’occasione, fosse altamente probabile la commissione di reati analoghi; era stato fatto malgoverno anche dei principi di adeguatezza e proporzionalità individuati dagli artt. 275 e 275bis cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.Il ricorso è inammissibile.
1.1 Giova immediatamente evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie» (In
motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod. proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828).
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema ( ex ceteris : Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Tiana, Rv. 255460); ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e delle esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito) (Sez. F, n. 3 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698).
Orbene, nel caso in esame, l’ordinanza esaminata risulta avere adeguatamente analizzato tutti gli elementi indiziari, averli ricondotti ad unità attesa la loro concordanza e, con motivazione assolutamente logica, avere ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente in ordine al reato a lui contestato.
Con riferimento al primo motivo di ricorso, infatti, il Tribunale ha dato atto della individuazione fotografica effettuata sia dalle persone offese che dalla polizia giudiziaria, e finanche dallo stesso Tribunale, in base alla quale NOME è stato individuat o come il soggetto entrato nella farmacia poco prima dell’ingresso del complice, al quale aveva poi fatto un cenno mentre usciva e con il quale si era poi allontanato a bordo di un’autovettura, concludendo quindi per la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME
1.2 Quanto poi alla sussistenza delle esigenze cautelari, il Tribunale ha fornito congrua motivazione nelle ultime due pagine dell’ordinanza impugnata evidenziando i plurimi precedenti penali dell’indagato, l’assenza di lecita attività lavorativa, l’organi zzazione nella commissione del reato che denotano, a giudizio del Tribunale, noncuranza per le prescrizioni imposte dalla legge; a fronte di tale apprezzamento, che non appare inficiato da alcun profilo di illogicità manifesta, l’odierno ricorso tenta di sollecitare una mera rivalutazione, pacificamente preclusa in sede di legittimità, degli elementi fattuali posti fondamento della prognosi sfavorevole articolata in sede di merito, donde il giudizio conclusivo di inammissibilità delle censure dedotte; il Tribunale ha anche motivato sulla adeguatezza nella misura imposta (si vedano le considerazioni esposte nell’ultima pagina dell’ordinanza impugnata).
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186), al versamento della somma, che si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila alla Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. proc. pen.
Così deciso il 26/02/2025