Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 27015 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 27015 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 20/06/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
QUARTA SEZIONE PENALE
Composta da
SALVATORE DOVERE
Presidente –
Sent. n. sez. 652/2025
NOME COGNOME
Relatore –
CC – 20/06/2025
NOME
R.G.N. 9786/2025
NOME COGNOME
NOME
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME Salvatore nato a PALERMO il 30/03/1988
avverso l’ordinanza del 24/12/2024 del TRIB. LIBERTA’ di Palermo; udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che si riporta alla memoria scritta depositata e conclude per l’inammissibilità del ricorso. Udito il difensore del ricorrente, avvocato NOME COGNOME il quale insiste nell’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, quale giudice del riesame dei provvedimenti cautelari personali, ha rigettato l’istanza di riesame proposta nell’interesse di COGNOME Salvatore avverso l’ordinanza emessa in data 20 novembre 2024 dal Giudice per le indagini preliminari del medesimo Tribunale, applicativa della misura cautelare della custodia in carcere per l ‘ ipotesi di reato di cui:
al capo 18) del l’i mputazione provvisoria, relativa al delitto previsto dal l’art. 74, comma 1, d.P.R. n. 309/1990, per essersi associato a COGNOME NOME,
COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME COGNOME, COGNOME NOME e COGNOME Silvio, allo scopo di realizzare i delitti previsti dall’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, mediante acquisti e successive rivendite e cessioni di sostanza stupefacente del tipo hashish e cocaina. In particolare, COGNOME NOME immetteva lo stupefacente proveniente da un canale modenese grazie alla collaborazione di COGNOME NOME e dei corrieri COGNOME NOME e COGNOME Silvio, successivamente alla sottoposizione alla misura della custodia cautelare in carcere, nel febbraio 2022, di COGNOME NOME. COGNOME NOME si adoperava per riprendere i contatti con la rete dei fornitori del fratello NOME, condividendo le scelte strategiche con il sodale COGNOME NOME, secondo le indicazioni di COGNOME NOME e con la collaborazione di COGNOME NOME (In Palermo, in data antecedente ad agosto 2021 e fino al maggio 2022).
NOME COGNOME ricorre per cassazione censurando l’ordinanza, a mezzo dei seguenti motivi, sintetizzati ex art. 173, disp. att. cod.proc.pen.:
con il primo motivo, deduce violazione della legge processuale penale, in riferimento agli artt. 125, 273 e 192 cod. proc. pen., nonché vizio di motivazione in ordine alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza quanto al delitto di cui all’art. 74 d.P.R. 309 del 1990; ritiene il ricorrente che le intercettazioni dei presunti correi non fossero dimostrative della propria partecipazione all’asserita associazione finalizzata alla detenzione e allo spaccio di sostanze stupefacenti.
Nonostante le specifiche doglianze rivolte al Tribunale del riesame, lo stesso aveva affermato che le risultanze investigative confermavano la tesi accusatoria e, in particolare alla pagina tre, veniva indicata l’esistenza di un’articolata attività investigativa concretatasi in captazioni telefoniche e ambientali, servizi di controllo, osservazioni e pedinamenti, nonché perquisizioni culminate in sequestri di sostanze stupefacenti (21 ottobre 2021) e arresti in flagranza di reato, in data 8 febbraio 2022, di COGNOME NOME e COGNOME NOME. Ancora, l’ordinanza aveva fatto riferimento alla riscontrata prosecuzione dell’attività associativa illecita , attraverso l’opera del fratello palermitano NOME, coadiuvato dallo zio NOME e da NOME COGNOME, referente del gruppo criminale per la distribuzione all’ingrosso dei carichi di hashish, provenienti dal modenese e che venivano trasportati in auto a Palermo attraverso i corrieri COGNOME e COGNOME. Tuttavia, al fine di sostenere tale impianto , relativo a fatto contestato dall’agosto 2021 al maggio 2022, erano emerse solo conversazioni criptate, relative all’8 febbraio 2022, dal contenuto espressivo solo di preoccupazione per possibili arresti (pag. 4). In modo illogico, il Tribunale del riesame aveva immediatamente collegato a tali fatti il sequestro
di una pressa, rinvenuta all’interno dell’abitazione di INDIRIZZO, avvenuto quattro mesi dopo. L’ordinanza non aveva risolto la questione, relativa alla carenza di materiale indiziario specificamente riferito al COGNOME, al quale non era stato contestato neanche un reato fine. Data l ‘estraneità del ricorrente alle fasi di arrivo dello stupefacente, attentamente monitorate, sarebbe dimostrato che il ragionamento di circolarità logica adottato dal Tribunale per gli altri indagati non può porsi in relazione al COGNOME Allo stesso risultato, sostiene il ricorrente, si perviene guardando alle pagine da 8 a 10 dell’ordinanza impugnata, che avevano esaminato le intercettazioni dell’8 febbraio 2022, intercorse tra COGNOME NOME e COGNOME NOME.
Le captazioni delle conversazioni telefoniche, al più, sarebbero significative della volontà di esprimere opinioni o progetti per prossime attività, ma non si potrebbe certamente trarne argomento indiziario relativo all’associazione contestata. In definitiva, difetterebbe il quadro indiziario necessario a sostenere l ‘ ipotesi della sussistenza di una organizzazione di attività personale di beni per il perseguimento del fine illecito comune, in attuazione dello stabile piano criminoso, come anche dell’apporto individuale consapevole e volontario apprezzabile e non episodico, necessario ad integrare un contributo alla stabilità dell’unione illecita.
La motivazione addotta dal Tribunale del riesame di Palermo, sostiene il ricorrente, non è condivisibile in punto di fatto ed è comunque affetta da gravi vizi motivazionali, essendo insufficiente e contraddittoria; ciascun indizio, infatti, avrebbe dovuto essere valutato singolarmente, per verificare la significatività e gravità e, una volta ritenuto grave il singolo elemento, si sarebbe dovuto valutarne la concordanza con gli altri.
Con il secondo motivo, si deduce la violazione dell’art. 606 lett. b) ed e) cod. proc. pen., in relazione agli artt. 125, 274 lett. c), cod. proc. pen. in ordine alla sussistenza del pericolo di reiterazione nel reato e vizio di motivazione. Nel caso in esame la misura è stata applicata con riferimento a fatti l’ultimo dei quali, in ordine cronologico, risale al marzo 2022; pertanto, considerato il notevole lasso di tempo trascorso dall’ipotesi di reato e il vuoto investigativo emergente dalle attività d’indagine , l’onere motivazionale avrebbe dovuto essere più stringente. Il Tribunale ha, invece, ritenuto sufficiente fare laconico riferimento alla commissione dei fatti indicati e alla spregiudicatezza dimostrata.
Il Procuratore generale ha depositato memoria chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso .
All’odierna udienza, disposta la trattazione orale ai sensi degli artt. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n.137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, 16 d.l. 30 dicembre 2021, n.228, convertito con
modificazioni dalla legge 21 maggio 2021, n.69, 35, comma 1, lett. a), 94, comma 2, d. lgs. 10 ottobre 2022, n.150, 1, comma 1, legge 30 dicembre 2022, n.199 e 11, comma 7, d.l. 30 dicembre 2023, n.215, le parti hanno rassegnato le conclusioni indicate in epigrafe.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non supera il vaglio di ammissibilità.
Il Tribunale del riesame, dopo aver richiamato gli elementi indicativi della gravità indiziaria a sostegno del reato associativo di cui all’ipotesi accusatoria (pagg.3-11), ha confermato il giudizio espresso nell’ordinanza genetica, richiamata alle pagine 115-135 e alla richiesta di misura alla stessa correlata, circa la gravità indiziaria a carico di NOME COGNOME con il ruolo di partecipe dei traffici illeciti in materia di stupefacenti.
Occorre premettere che, ai fini dell’applicazione o della conferma di una misura cautelare, è necessario ma anche sufficiente che i giudici delle fasi di merito cautelare non si sottraggano a una approfondita e scrupolosa disamina del compendio delle intercettazioni a loro disposizione, potendo desumere il giudizio di gravità indiziaria anche dalle sole conversazioni, tanto più allorché siano plurime, inequivoche e continuative nel tempo. È, infatti, sufficiente il requisito della sola gravità degli indizi, posto che l’art. 273, comma 1-bis, cod.proc.pen. richiama espressamente il terzo ed il quarto comma dell’art. 192, ma non anche il secondo comma (che prescrive la valutazione della precisione e della concordanza, accanto alla gravità, degli indizi): ne consegue che, in sede di giudizio de libertate , la valutazione degli indizi non va operata secondo i parametri richiesti ai fini dell’affermazione di responsabilità all’esito del giudizio di cognizione. Il diverso regime trova evidente giustificazione nella diversità dell’oggetto della delibazione cautelare, preordinata ad un giudizio prognostico in termini di ragionevole ed alta probabilità di colpevolezza del chiamato, rispetto a quella di merito, orientata invece all’acquisizione della certezza processuale in ordine alla colpevolezza dell’imputato (Sez. 2, n.8948 del 10/11/2022, dep. 2023, Pino, Rv. 284262 – 01; Sez. 2, n.48276 del 24/11/2022, COGNOME, Rv. 284299 – 02; Sez. 6, n.26115 del 11/06/2020, COGNOME, Rv. 279610 – 01, in cui si definisce il requisito della gravità dell’indizio).
Quanto al ruolo del partecipe di un’associazione finalizzata al narcotraffico, si deve ritenere che a fronte di gravi indizi di plurime commissioni, in concorso con altri partecipi, di fatti integranti i reati-fine dell’associazione, e in ragione della natura permanente del reato associativo, la prova dell’inesistenza di un vincolo di natura associativa con i correi non può consistere nella limitata durata dei rapporti con costoro (Sez. 3, n. 42228 del 03/02/2015, Prota, Rv.
265346 – 01); la qualifica di partecipe deve, poi, essere vagliata tenendo conto del fatto che con riferimento all’attività di procacciamento e spaccio di sostanze stupefacenti, non è necessaria per la configurabilità dell’associazione una struttura articolata o complessa o una esplicita reciproca manifestazione di intenti, essendo sufficiente una struttura anche esile alla quale i compartecipi possano fare reciproco, anche tacito, affidamento (Sez. 5, n. 11899 del 05/11/1997, COGNOME, Rv. 209646 – 01). In un simile contesto, il ruolo del partecipe può desumersi dalle più diverse forme di collaborazione alle attività del sodalizio, talvolta configurandosi come condotta agevolatrice di reati-scopo, talaltra anche come condotta più in generale indicativa di una stabile disponibilità a compiere quanto si renda necessario per la realizzazione delle attività del sodalizio (Sez. 6, n. 50133 del 21/11/2013, Casoria, Rv. 258645 01).
Quanto al primo motivo di ricorso, inerente alla gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente al sodalizio di cui al capo 18), va ricordato che il ricorso tendente a contestare la legittimità di un provvedimento in materia cautelare non è ammissibile qualora proponga una diversa lettura del compendio investigativo, non consentita in fase di legittimità, senza evidenziare vizi specificamente deducibili con tale mezzo di impugnazione.
Inoltre, il vizio di manifesta illogicità della motivazione non può, sul piano della astratta formulazione, configurarsi ponendo quali diretti termini di raffronto il percorso argomentativo del provvedimento e l’attività investigativa o istruttoria.
Nel caso in esame, risulta, in primo luogo, evidente il solo parziale confronto con il tenore del provvedimento impugnato, avendo la difesa evidenziato solo alcuni elementi emersi dalle indagini, trascurando ciò che, invece, ha fondato il giudizio di gravità indiziaria; per altro verso, nei motivi di ricorso si propone una, inammissibile, lettura alternativa dei risultati investigativi.
In particolare, l ‘ordinanza impugnata, esplicitamente richiamata, condividendola, l’intera ordinanza genetica n.2144/2022 del Gip del Tribunale di Palermo, ha affermato che il procedimento ha tratto origine dalla indagine approfondita che ha utilizzato una combinazione di intercettazioni telefoniche, sorveglianza e analisi dei movimenti dei sospettati. La sorveglianza, riporta il Tribunale, ha permesso di osservare i movimenti dei sospettati, confermando le loro attività illecite. L’organizzazione, riconducibile ad alcuni esponenti della famiglia COGNOME, già coinvolti e condannati in via definitiva, utilizzava diverse basi logistiche, tra cui appartamenti, depositi e magazzini, per l’occultamento della droga. Il Tribunale del riesame alla pag. 3 dell’ordinanza impugnata ha
riferito che le intercettazioni hanno rivelato che i membri dell’organizzazione discutevano sistematicamente delle operazioni di approvvigionamento, trasporto e rivendita di droga. Il 21 ottobre 2021, inoltre, erano stati sequestrati circa 66 kg di hashish e 110 grammi di marijuana in un appartamento utilizzato dai membri dell’organizzazione e condotto in locazione dal Ficarra. Questo sequestro, ad avviso del Tribunale, ha confermato la loro capacità di gestire grandi quantità di droga. In sintesi, il Tribunale ha ravvisato gravi indizi di colpevolezza a carico di NOME COGNOME, dettagliatamente evocati alle pagine da 8 a 11 dell’ordinanza, in relazione al ruolo significativo svolto nell’organizzazione criminale, collaborando strettamente con i membri della famiglia COGNOME. I dettagli principali del suo coinvolgimento sono stati individuati nella ripresa dei contatti con la famiglia COGNOME dopo l’arresto di NOME COGNOME. In particolare, ha ricostruito il Tribunale, NOME COGNOME si adoperava per riprendere i contatti con la rete dei fornitori del fratello, condividendo le scelte strategiche con NOME COGNOME e seguendo le indicazioni di NOME COGNOME. Inoltre, COGNOME risultava coinvolto nella gestione delle operazioni di approvvigionamento, trasporto e rivendita di droga. Discute delle problematiche dell’organizzazione, come gli arresti e i sequestri subiti, e della necessità di sostenere economicamente i sodali detenuti. Il Tribunale ha quindi dedotto che l’organizzazione disponesse di basi logistiche, tra cui l’appartamento di INDIRIZZO dove erano stati sequestrati circa 66 kg di hashish e COGNOME risultava coinvolto nella gestione di queste basi, collaborando con i corrieri NOME COGNOME e NOME COGNOME per il trasporto della droga. La sua presenza, infatti, era stata registrata tramite video-captazione presso l’abitazione di NOME COGNOME. COGNOME, secondo i giudici del merito cautelare, aveva dimostrato un vero e proprio legame societario con NOME, NOME, NOME e NOME NOME COGNOME come attestato dalle conversazioni in cui si discute della necessità di sostenere economicamente i sodali arrestati e di riallacciare i contatti con fornitori di droga. COGNOME, rileva il Tribunale, temeva di essere collegato agli COGNOME arrestati e manifestava preoccupazione per le impronte digitali rilevate su oggetti sequestrati.
7. A fronte di tale impianto motivazionale, conforme a diritto e privo di vistose aporie logiche, la deduzione difensiva, sul punto della gravità indiziaria, mira chiaramente a spezzare la continuità logica del complessivo quadro indiziario sopra riportato in sintesi, sforzandosi di isolare e parcellizzare ogni singolo elemento nell’intenzione di sminuirne la portata. Tale tecnica risulta inidonea , a fronte dell’ampio compendio investigativo, a destrutturare il quadro di gravità indiziaria segnalato da ll’ordinanza impugnata .
Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Deve rammentarsi che il Tribunale ha correttamente fatto pratica applicazione della doppia presunzione stabilita dall’art. 275, comma 3 cod.proc.pen. È opportuno ricordare che nella giurisprudenza di legittimità si è andato affermando un orientamento, di maggiore rigore interpretativo, secondo il quale la presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari e di adeguatezza della custodia cautelare in carcere, di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., è prevalente, in quanto speciale, rispetto alla norma generale stabilita dall’art. 274 cod. proc. pen.; ne consegue che, se il titolo cautelare riguarda i reati previsti dall’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., detta presunzione fa ritenere sussistente, salvo prova contraria, non desumibile dalla sola circostanza relativa al mero decorso del tempo, i caratteri di attualità e concretezza del pericolo (Sez. 2, n. 6592 del 25/01/2022, Rv. 282766 -02; Sez. 5, n. 4950 del 07/12/2021 (dep. 2022) Rv. 282865 -01; Sez. 1, n. 21900 del 07/05/2021, COGNOME, Rv. 282004 -01).
Accanto a tale orientamento, se ne è delineato un altro, più favorevole all’interessato, secondo il quale, pur se per i reati di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen. è prevista una presunzione relativa di sussistenza delle esigenze cautelari, il tempo trascorso dai fatti contestati, alla luce della riforma di cui alla legge 16 aprile 2015, n. 47, e di un’esegesi costituzionalmente orientata della stessa presunzione, deve essere espressamente considerato dal giudice, ove si tratti di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, del codice di rito (Sez. 6, n. 11735 del 25/01/2024, Tavella, Rv. 286202 -02).
Ciò premesso, le conclusioni cui è pervenuto il Tribunale, essendo conformi in diritto ai principi espressi dalla Corte di cassazione, peraltro nella declinazione meno rigorosa e quindi di maggior favore per l’indagato, non possono formare oggetto di censura in questa sede in punto di concreto apprezzamento dei fatti posti a sostegno del giudizio di attualità del pericolo di reiterazione dei gravi delitti oggetto di contestazione. In linea di principio, infatti, i requisiti di attualità e concretezza della pericolosità dell’indagato richiedono che il giudice preveda che si presenti effettivamente un’occasione per compiere ulteriori delitti (Sez. 3, n. 34154 del 24/4/2018, COGNOME, Rv. 273674 -01; Sez. 6, n. 21350 del 11/5/2016, COGNOME, Rv. 266958 – 01; Sez. 6, n. 24476 del 4/5/2016, COGNOME, Rv. 266999 – 01), da intendere nel senso che valuti
in prospettiva quali siano e se vi siano elementi concreti recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare (Sez. 2 n. 5054 del 24/11/2020, dep. 2021, Barletta, Rv. 280566 – 01; Sez. 1 n. 14840 del 22/1/2020, COGNOME, Rv. 279122 – 01), dovendosi quindi escludere a fronte di una condotta del tutto sporadica ed occasionale e dovendo, invece, essere riconosciuti qualora, all’esito di una valutazione prognostica fondata sulle modalità del fatto, sulla personalità del soggetto e sul contesto socio-ambientale in cui egli verrà a trovarsi, ove non sottoposto a misure, appaia probabile, anche se non imminente, la commissione di ulteriori reati.
La pluralità degli elementi che devono e possono essere valutati a tal fine presuppone l’ulteriore chiarimento per cui l’attualità e la concretezza delle esigenze cautelari non devono essere concettualmente confuse con l’attualità e la concretezza delle condotte criminose, sicché il pericolo di reiterazione di cui all’art. 274, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. può essere legittimamente desunto dalle modalità delle condotte contestate, anche se risalenti nel tempo (Sez. 2, n. 38299 del 13/06/2023, Mati, Rv. 285217 -01).
Nel caso in esame, il giudizio di attualità e concretezza del pericolo di reiterazione di delitti della stessa specie di quelli per i quali si procede non è stato ancorato alla sola commissione dei fatti in tempi recenti, essendovi chiaro riferimento alle modalità della condotta in quanto indicative dell’inserimento dell’indagato in un contesto criminale, dedito in maniera professionale al traffico illecito in larga scala di sostanze stupefacenti, alla ripetitività degli affari conclusi.
A fronte di tale giudizio, cui si aggiunge l’ulteriore , logica, considerazione che unica misura idonea a recidere i contatti con i fornitori dello stupefacente e con la platea di acquirenti è la custodia in carcere, nel ricorso si tenta di avvalorare una diversa valutazione della personalità dell’imputato, che secondo il giudizio discrezionale rimesso ai giudici della cautela ha mostrato sicura pervicacia criminale.
Alla declaratoria d’inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali; ed inoltre, alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità», il ricorrente va condannato al pagamento di una somma che si stima equo determinare in euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 20 giugno 2025
Il Consigliere estensore Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME