Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26175 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26175 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 30/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME a LAMEZIA TERME il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/12/2023 del TRIB. LIBERTA’ di REGGIO CALABRIA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso letta la memoria del difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO COGNOME, che ha chiesto l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 28 dicembre 2023, il Tribunale di Reggio Calabria, sezione per il riesame, confermava il provvedimento con il quale il Gip del locale Tribunale aveva applicato a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per le imputazioni ascrittegli ai capi 4 e 7 della rubrica.
Al capo 4, gli era stato contestato il furto pluriaggravato di un furgone e di attrezzatura varia, consumato il 24 settembre 2022 ai danni della RAGIONE_SOCIALE, società sottoposta, da luglio 2016, ad amministrazione giudiziaria (nell’ambito del procedimento penale detto “Rhegion”).
Al capo 7, gli era ascritto il furto aggravato di un escavatore idraulico, consumato la notte fra il 4 ed il 5 ottobre 2022, ai danni di NOME COGNOME (utilizzatore del medesimo in forza di un contratto di leasing stipulato con RAGIONE_SOCIALE), escavatore che COGNOME aveva precariamente affidato in prestito all’amico NOME COGNOME, presso il cui capannone era custodito.
1.1. In risposta ai dedotti motivi di riesame, il Tribunale considerava quanto segue.
In ordine al furto descritto al capo 4:
i mezzi erano custoditi nel cantiere di RAGIONE_SOCIALE presso l’impianto di depurazione che serviva il comune di Reggio Calabria, il cui cancello d’entrata era stato forzato;
grazie alle immagini tratte dall’impianto di videosorveglianza del complesso si era potuto appurare che quattro soggetti erano entrati nell’area, nelle prime ore del 24 settembre 2023, e vi erano usciti, con il mezzo sottratto (il furgone Iveco), alle ore 5.04;
alle 5.07 ed alle 5.10 il furgone citato era stato ripreso lungo la direttrice che conduce allo svincolo autostradale di Reggio Calabria, sempre preceduto (di pochi metri, con evidente ruolo di “staffetta”) da una vettura Fiat (modello Grande Punto, di colore scuro), con l’evidente intento di imboccare l’autostrada Reggio Calabria Salerno in direzione nord;
venivano così acquisiti i dati del traffico telefonico sviluppato in quei luoghi e lungo quel percorso;
venivano così identificate quattro utenze, fra cui quella intestata ed in uso all’indagato, che, dalla mezzanotte alle 5.00 di quella notte, avevano agganciato la cella di INDIRIZZO, laddove era posto il cantiere, la ricordata via di fuga e che avevano, anche, avuto contati reciproci;
fra questa vi era l’utenza, intestata alla moglie del prevenuto, NOME COGNOME (in uso al prevenuto che rispondeva a tale numero e che era risultato in contatto
con i complici grazie alla stessa), che, quella notte si era mossa da Gioia Tauro (vi era un contatto alle 22.21), aveva impegNOME una cella riferibile al cantiere nelle ore in cui i malfattori aveva agito (fino alle 5.11), era rimasta in contatto con le utenze risultate in uso dei complici ed era, infine tornata nella zona di Gioia Tauro (alle 5.49).
In ordine al furto descritto al capo 7:
la mattina del 5 ottobre 2022, l’utilizzatore dell’escavatore, NOME COGNOME, ne aveva denunciato il furto (la macchina gli era stata prestata da NOME COGNOME per le necessità di cantiere e ne aveva quantificato il valore in euro 42.000), commesso da ignoti che erano penetrati nel cantiere forzando il lucchetto di chiusura del cancello di accesso al cantiere;
la verifica delle immagini degli impianti di videosorveglianza della zona aveva consentito di appurare che, alle 3.44, lungo la strada fra il terreno ove era avvenuto il furto ed il centro di Reggio Calabria era transitata un’auto tg TARGA_VEICOLO (che era risultata essere stata noleggiata dal coimputato COGNOME) seguita da un camion che portava un escavatore;
anche in questo caso si erano identificate le utenze che si erano viste seguire il tragitto indicato e trovarsi nel luogo era avvenuto il furto e fra queste, oltre a quelle dei comici, anche l’utenza già risultata in uso al prevenuto, come riportato in dettaglio a pagina 4 dell’ordinanza impugnata;
anche quella notte vi erano stati reciproci contatti fra le predette utenze.
L’utenza intestata a NOME COGNOME era stata attribuita al prevenuto perché alla medesima era solito rispondere un uomo di nome NOMENOME come l’indagato, e perché, anche prima dei furti, tale utenza era risultata in contatto con altre intestate ai familiari del coimputato COGNOME.
Tutto ciò convinceva il Tribunale del riesame a ritenere concretati, anche nei confronti del prevenuto, i gravi indizi di reità del contestato reato.
Quanto alle esigenze cautelari, il pericolo di reiterazione del fatto era dimostrato dalle stesse modalità delle condotte che disvelavano tutta la potenzialità criminale del prevenuto (così da risultare anche proporzionata la misura massima disposta).
Si aggiungevano poi le precedenti condanne patite dal prevenuto, anche per reati contro il patrimonio ed il fatto che non risultava dedito ad alcuna lecita attività lavorativa.
Propone ricorso l’imputato, a mezzo del proprio difensore AVV_NOTAIO, articolando le proprie censure in due motivi.
2.1. Con il primo deduce la violazione di legge ed il vizio di motivazione in relazione al requisito della gravità indiziaria in ordine ai delitti di furt pluriaggravato contestati al ricorrente ai capi 4 e 7 della rubrica (con le accessorie imputazioni di danneggiamento).
Il Tribunale, infatti, si era limitato a richiamare quanto argomentato nella ordinanza custodiale, senza così tenere conto delle censure mosse, con la richiesta di riesame, dalla difesa, le cui deduzioni erano state ignorate.
Non si era così adeguatamente spiegato come si potesse attribuite al prevenuto l’uso dell’utenza intestata alla moglie del medesimo (che ben avrebbe potuto prestarla ad altri soggetti piuttosto che al marito), grazie a contatti avvenuti solo alcuni mesi dopo i fatti in contestazione.
Né si era precisato quale fosse stato il concorso dell’COGNOME nell’azione collettiva, anche in relazione alla necessaria individuazione del dolo del reato e del contributo offerto ai presunti compartecipi dei fatti.
2.2. Con il secondo motivo lamenta la violazione di legge, ed in particolare dell’art. 274 cod. proc. pen., ed il vizio di motivazione in relazione alla ritenuta sussistenza delle esigenze di cautela.
Erano trascorsi oltre due anni dai fatti contestati e, in tale lasso di tempo, non si era raccolto elemento concreto alcuno che facesse ritenere una recidivanza del prevenuto.
Non era stata contestata alcuna ipotesi associativa, talchè quelli contestati dovevano considerarsi fatti occasionali. Né si era adeguatamente motivata la scelta della misura.
Il Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte, nella persona del sostituto NOME COGNOME, ha inviato requisitoria scritta con la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore del ricorrente ha inviato memoria con la quale insiste per l’accoglimento dei motivi di ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso presentato nell’interesse del prevenuto non merita accoglimento.
Quanto al primo motivo, speso sulla sussistenza dei gravi indizi in riferimento ai contestati delitti di furto, deve, innanzitutto, ricordarsi che questa Corte ha già avuto modo di ribadire che, in tema di misure cautelari personali, il
ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del Tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976 che riprende le argomentazioni già autorevolmente fissate da Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, COGNOME, Rv. 215828; nello stesso senso Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, COGNOME, Rv. 255460, Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400).
1.1. A ciò deve aggiungersi, quanto agli elementi indiziari che possono trarsi dai tabulati dei telefoni cellulari, come si sia già avuto modo di precisare che, in tema di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, gli “altri elementi di prova” che, ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 1, comma 1bis, d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, devono corroborare i cd. “dati esteriori” delle conversazioni, ai fini del giudizio di colpevolezza, possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a confortare il mezzo di prova ritenuto “ex lege” bisognoso di conferma (Sez. 4, n. 50102 del 05/12/2023, COGNOME‘Ignoti, Rv. 285469 proprio in una fattispecie relativa ad un delitto di furto aggravato in concorso, in cui si era riconosciuto valore indiziario alla geolocalizzazione ricavabile dal sistema di intercettazione della telefonia mobile in uso ad uno degli imputati, unitamente ad altri elementi corroboranti tale dato, quali i tabulati e i contatti intercorsi con i correi nell’imminenza dell’orario concordato per l’esecuzione del reato).
1.2. Deve, allora, osservarsi come il Tribunale abbia adeguatamente e compiutamente motivato sulla sussistenza di quei gravi indizi che conducono a ritenere provato, allo stato degli atti e per quanto attiene alla fase cautelare, il concorso dell’COGNOME in entrambi i furti contestatigli.
Quanto al furto descritto al capo 4 della rubrica, si era accertato come:
nelle prime ore del 24 settembre 2022, quattro individui non identificati erano penetrati nell’area del cantiere ove erano custoditi il furgone e l’attrezzatura sottratta;
4
alle 5.04, il furgone era stato ripreso uscire dall’area e dirigersi verso lo svincolo autostradale, preceduto da una fiat Punto, controllata a pochi metri di distanza dallo stesso, sia alle 5.07 sia alle 5.10, con evidente ruolo di “staffetta”;
dai dati del traffico telefonico nei luoghi e nei percorsi indicati, oltre che nei ricordati orari, era risultate attive quattro utenze, una riconducibile al prevenuto e le altre attribuibili ai coindagati; tutte collocate nell’area del cantiere in questione fra mezzanotte e le 5.00.
Era allora evidente come il combinarsi dei contatti telefonici, delle celle impegnate, degli orari ricordati, della via di fuga seguita, costituisca un complessivo compendio indiziario che rende inattaccabile, in sede di legittimità, la motivazione sul punto del Tribunale.
Deve solo aggiungersi che la riconducibilità dell’utenza, intestata alla moglie, al prevenuto non deriva solo da tale dato di fatto ma anche dagli ulteriori accertamenti, che avevano consentito di acclarare come, seppur in progresso di tempo, proprio l’indagato (NOME) era solito rispondere alla medesima, nonché dalla evidente inattendibilità dell’ipotesi alternativa, l’affidamento di tale utenza, da parte dell’intestataria, ad altri non identificati soggetti.
Altrettanto motivata, da parte del Tribunale, era la congruità del quadro indiziario relativo al furto descritto al capo 7 della rubrica, visto che si fondava sui medesimi elementi: le immagini degli impianti di videosorveglianza, l’individuazione delle utenze attive nel luogo del furto e nella via di fuga, il tragitto compiuto dai malfattori e i contatti reciproci fra le utenze individuate.
Il secondo motivo, sulla ritenuta sussistenza delle esigenze di cautela processuale, è anch’esso infondato.
Anche in tema di verifica, da parte di questa Corte di legittimità, delle esigenze di cautela si è affermato che il ricorso per cassazione nei confronti della misure cautelari personali è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica ed i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, COGNOME, Rv. 269884; Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628).
2.1. Se ne deduce, nell’odierno caso concreto, che la dimostrata professionalità del prevenuto nella complessa attività illecita consumata, organizzando a distanza e con le complicità rilevate i due furti sopra descritti,
costituisce elemento idoneo a fondare quel giudizio di pericolosità che ha determiNOME il Tribunale a confermare la misura applicata.
Si aggiungono poi le precedenti condanne per reati della medesima indole e le pendenze altrettanto specifiche nonché l’assenza di lecita attività lavorativa.
In argomento poi si è precisato come il nuovo testo dell’art. 274, comma 1, lett. b) e c) cod. proc. pen., risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 47 del 2015, se non consente di desumere il pericolo di fuga e di recidiva esclusivamente dalla gravità del titolo di reato per il quale si procede, non osta alla considerazione, ai fini cautelari, della concreta condotta perpetrata e delle circostanze che la connotano, in quanto la modalità della condotta e le circostanze di fatto in presenza delle quali essa si è svolta restano concreti elementi di valutazione imprescindibili per effettuare una prognosi di probabile ricaduta del soggetto nella commissione di ulteriori reati (Sez. 5, n. 49038 del 14/06/2017, COGNOME, Rv. 271522).
Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, in Roma il 30 maggio 2024.