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Gravi indizi di colpevolezza e misure cautelari

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un indagato contro un’ordinanza di custodia cautelare in carcere per reati legati agli stupefacenti. La Corte ha confermato la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, chiarendo che per la cessione di droga è sufficiente l’accordo tra le parti, e ha rigettato tutti i motivi di ricorso, inclusi quelli sull’attualità delle esigenze cautelari e sulla qualificazione dei fatti.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Gravi Indizi di Colpevolezza: La Cassazione e le Misure Cautelari per Stupefacenti

L’applicazione di una misura cautelare, come la custodia in carcere, richiede una solida base probatoria. In una recente sentenza, la Corte di Cassazione si è pronunciata sulla nozione di gravi indizi di colpevolezza nel contesto dei reati di droga, confermando principi consolidati e offrendo chiarimenti importanti. L’analisi della Corte sottolinea come, anche in assenza di una consegna fisica della sostanza, l’esistenza di un accordo tra le parti possa essere sufficiente a giustificare un provvedimento restrittivo della libertà personale.

I Fatti di Causa

Il caso origina dal ricorso presentato da un soggetto sottoposto a indagini per diversi episodi di reato in materia di stupefacenti, commessi tra ottobre e novembre 2023. Il Tribunale del Riesame di Genova aveva confermato la misura della custodia cautelare in carcere disposta dal GIP del Tribunale di Massa.

Contro questa decisione, la difesa dell’indagato ha proposto ricorso in Cassazione basato su cinque motivi principali:

1. Insussistenza dei gravi indizi: Per un episodio di acquisto di cocaina del 19 ottobre 2023, la difesa sosteneva la mancanza di un accordo effettivo tra cedente e acquirente.
2. Errata valutazione della quantità: Riguardo a un altro episodio del 30 ottobre 2023, si contestava il valore della sostanza, ritenuto inferiore a quanto stimato dai giudici.
3. Mancanza di attualità delle esigenze cautelari: Si evidenziava il lasso di tempo trascorso tra i fatti e la richiesta della misura, periodo in cui non sarebbero emersi nuovi elementi a carico dell’indagato.
4. Errata qualificazione giuridica: Si lamentava la mancata applicazione dell’ipotesi di reato di lieve entità (art. 73, comma 5, dPR 309/90).
5. Ruolo marginale: Si sosteneva che il ruolo dell’indagato nel narcotraffico fosse di scarsa importanza, come dimostrerebbe il basso grado di purezza della sostanza sequestrata.

L’Analisi della Corte sui gravi indizi di colpevolezza

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutti i motivi sollevati dalla difesa con argomentazioni precise e fondate su principi giuridici consolidati.

Primo Motivo: L’accordo per la cessione è sufficiente

La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale costante: ai fini del perfezionamento del reato di cessione di stupefacenti, non è necessaria la consegna materiale (traditio) della sostanza. È sufficiente che tra le parti sia stato raggiunto un accordo, anche solo sui punti essenziali dell’intesa. Nel caso specifico, sebbene l’indagato avesse inizialmente rifiutato una partita di droga per la sua cattiva qualità, le indagini avevano dimostrato che l’offerta era stata reiterata con merce di qualità migliore, sulla quale si era concretizzato l’interesse di entrambi i soggetti, al punto che l’indagato ne aveva assicurato la disponibilità a terzi per il giorno successivo. Questo configura i gravi indizi di colpevolezza richiesti.

Secondo e Quarto Motivo: La valutazione del fatto

La Corte ha giudicato inammissibili i motivi relativi alla quantità di droga e alla sua qualificazione come fatto di lieve entità. In fase cautelare, ciò che rileva è la legittimità della misura. Essendo pacifico che il valore della transazione superasse i 1.000 euro, la questione se l’importo esatto fosse 1.000 o 2.000 euro non incideva sulla legittimità della custodia cautelare, poiché in entrambi i casi si sarebbe esclusa la fattispecie di lieve entità. La valutazione sulla qualificazione del fatto è stata ritenuta generica, non avendo il ricorrente fornito elementi manifesti per considerare il reato come lieve, soprattutto a fronte della ripetitività delle condotte.

Terzo e Quinto Motivo: Esigenze cautelari e caratura criminale

La Cassazione ha ritenuto adeguata la motivazione del Tribunale sull’attualità delle esigenze cautelari. I giudici di merito avevano correttamente evidenziato come l’indagato non avesse mostrato alcuna intenzione di allontanarsi dagli ambienti criminali e non avesse dimostrato di possedere fonti di reddito lecite, rendendo plausibile che la sua unica fonte di sostentamento fosse l’attività criminale. Anche l’argomento sulla presunta marginalità del ruolo, basato sulla purezza della droga (cocaina al 57%), è stato respinto. La Corte ha osservato che tale dato si riferiva a una sola partita e non poteva essere esteso alle altre. Inoltre, una purezza del 57% è stata considerata un indice di qualità “medio-buona”, non un elemento a favore dell’indagato.

Le Motivazioni

La decisione della Corte si fonda sulla distinzione tra la fase cautelare e quella di merito. In sede di riesame e di legittimità, il controllo è focalizzato sulla sussistenza dei presupposti per l’applicazione della misura (gravi indizi e esigenze cautelari) e sulla congruità della motivazione del giudice. Nel caso di specie, tutti i motivi di ricorso tendevano a una rivalutazione del merito dei fatti, inammissibile in Cassazione. La motivazione del Tribunale del Riesame è stata ritenuta logica, coerente e completa, avendo fornito una risposta puntuale a tutte le doglianze difensive. La Corte ha sottolineato che, sulla base degli atti, sussistevano elementi sufficienti a configurare un quadro indiziario grave e a giustificare il pericolo di reiterazione del reato, legittimando così la misura cautelare.

Le Conclusioni

Questa sentenza riafferma principi cruciali in materia di misure cautelari per reati di droga. In primo luogo, consolida l’interpretazione secondo cui l’accordo per la vendita di stupefacenti è di per sé sufficiente a integrare il reato, indipendentemente dalla consegna fisica. In secondo luogo, chiarisce che la valutazione delle esigenze cautelari deve basarsi su un’analisi complessiva della condotta di vita dell’indagato, inclusa la sua fonte di sostentamento. Infine, la decisione evidenzia come, in fase cautelare, la valutazione sulla qualificazione del fatto sia discrezionale e possa essere censurata solo in presenza di vizi manifesti, non sulla base di mere allegazioni difensive. Il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali sanciscono la piena legittimità dell’operato dei giudici di merito.

Per integrare il reato di cessione di stupefacenti è necessaria la consegna materiale della droga?
No, secondo la Corte di Cassazione, per il perfezionamento del reato è sufficiente che tra acquirente e cedente sia stato raggiunto un accordo, anche solo sui punti qualificanti dell’intesa, non essendo necessaria la materiale traditio (consegna) della sostanza.

Come viene valutata l’attualità delle esigenze cautelari se è passato del tempo dai fatti contestati?
La Corte ha ritenuto le esigenze cautelari ancora attuali considerando che l’indagato non aveva preso le distanze dagli ambienti criminali frequentati e non aveva dimostrato di produrre alcun reddito lecito, rendendo attendibile che la sua unica fonte di sostentamento fosse la ricaduta nel crimine.

Un basso grado di purezza della droga può indicare un ruolo marginale dell’indagato nel narcotraffico?
No, la Corte ha respinto questo argomento, specificando che il dato sulla purezza (in questo caso, cocaina al 57%) si riferiva solo a una partita di droga e non poteva essere esteso automaticamente alle altre. Anzi, ha definito tale purezza come “medio-buona”, considerandola un indice di qualità e non di marginalità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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