Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22659 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22659 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 10/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA rappresentato ed assistito dall’AVV_NOTAIO, di fiducia
avverso l’ordinanza n. 918/2023 in data 14/12/2023 del Tribunale di Reggio Calabria in funzione di giudice del riesame;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
preso atto che con atto datato 25.3.2024 è stata richiesta dal difensore dell’indagato /imputato la trattazione orale ai sensi degli artt. 611, comma 1-bis cod. proc. pen., 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, prorogato in forza dell’art. 5duodecíes del d.l. 31 ottobre 2022, n. 1,62, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 e, da ultimo, dall’art. 17 del dl. 22 giugno 2023, n. 75, convertito con modificazioni dalla legge 10 agosto 2023, n. 112;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore dell’indagato, AVV_NOTAIO, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 14 dicembre 2023, a seguito di giudizio di riesame, il Tribunale di Reggio Calabria ha confermato l’ordinanza in data 3 ottobre 2023 del Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale della medesima città con la quale era stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare personale della custodia in carcere in relazione ai reati di associazione per delinquere di tipo mafioso (capo A della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni) e di concorso (con NOME COGNOME e con NOME COGNOME) nel reato di violazione aggravata e continuata della legge sulle armi (capo Q).
Con particolare riguardo al reato di cui al capo A,si contesta allo COGNOME di avere rivestito il ruolo di partecipe dell’articolazione territoriale d ‘ndrangheta nota come RAGIONE_SOCIALE e di avere collaborato con i reggenti e gli affiliati della RAGIONE_SOCIALE nella gestione degli interessi imprenditoriali, fungendo anche da autista dei rappresentat apicali del gruppo, rimanendo stabilmente a disposizione per veicolare messaggi e, più in generale, per mantenere i rapporti con gli altri affiliati e con gli esponenti della altre consorterie di ‘ndrangheta nonché partecipando alle spese di mantenimento in carcere degli associati detenuti, tenendo i rapporti con i rispettivi difensori di fiducia e detenendo le armi per conto della RAGIONE_SOCIALE.
Ricorre per cassazione avverso la predetta ordinanza il difensore dell’indagato, deducendo:
2.1. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione agli artt. 125, comma 3, e 309, commi 9 e 10 stesso codice (con specifico riferimento agli artt. 2 e 4 I. n. 497/74 ed all’art. 416-bis.1 cod. pen.).
Lamenta la difesa del ricorrente che l’ordinanza impugnata sarebbe caratterizzata da una radicale carenza di autonoma motivazione in relazione alla contestazione di cui al capo Q della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni, ivi compresa anche la circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1 essendosi i giudici della cautela limitati ad elencare gli elementi emergenti dall’attività investigativa e ad inglobarl nella parte motiva allorquando hanno trattato della contestazione di cui al capo A.
Secondo parte ricorrente il vizio sarebbe afferente non solo alla motivazione della gravità indiziaria in ordine ai fatti contestati ma anche in relazione all circostanza aggravante de qua.
2.2. Violazione dell’art. 606, comma 1, lett. c) ed e), cod. proc. pen. in relazione all’art. 273, commi 1 e 1-bis dello stesso codice con specifico riferimento all’art. 416-bis cod. pen.).
Partendo dalla premessa che l’odierno ricorrente è stato assolto in via definitiva in relazione al reato associativo (partecipazione alla “RAGIONE_SOCIALE“) contestatogli in altro procedimento ed avente come momento terminale la data del 10 agosto 2007, rileva la difesa del ricorrente che avrebbe dovuto essere oggetto di adeguata analisi il frangente temporale successivo, cosa che i giudici della cautela non avrebbero fatto invece occupandosi anche di una vicenda risalente al 2005 relativa ad un’arma per la quale è pure intervenuta pronuncia assolutoria.
In sostanza, secondo parte ricorrente, l’ordinanza impugnata sarebbe costituita da una mera sommatoria di elementi tratti da altri procedimenti (uno dei quali, come detto, conclusosi con sentenza assolutoria), caratterizzati da una dicotomia fattuale e storica, che non sarebbero idonei a delineare un profilo dimostrativo adeguato rispetto al factum probandum.
In ogni caso – prosegue la difesa del ricorrente – in tutte le circostanze oggetto di valutazione i giudici della cautela avrebbero delineato un rapporto dell’indagato uti singuli, vale a dire un sostegno che lo COGNOME avrebbe fornito non al sodalizio criminale complessivamente considerato ma piuttosto a singoli soggetti che, secondo l’assunto accusatorio, di tale sodalizio sarebbero partecipi ovvero dirigenti il che, come affermato dalla Corte di legittimità, non è elemento sufficiente a configurare la partecipazione al reato associativo.
Con riguardo, poi, alle risultanze probatorie del presente procedimento, la condotta dello COGNOME si sarebbe concretizzata nella mera offerta di disponibilità che lo stesso avrebbe formulato nei confronti di NOME COGNOME, offerta poi non recepita e neppure tenuta in considerazione da quest’ultimo, situazione questa non idonea a configurare una partecipazione dell’odierno ricorrente al reato associativo.
Quanto alla contestazione relativa alla veicolazione dei messaggi, rileva parte ricorrente, come non appare dimostrato che gli stessi si riferissero a vicende di natura associativa e comunque che tale condotta sia stata realizzata in modo stabile.
Quanto, inoltre, al narrato dei collaboratori di giustizia, secondo la difesa del ricorrente avrebbero errato i Giudici della cautela nella valutazione del contenuto di tali dichiarazioni in quanto nessuna di esse è dimostrativa dell’intraneità dello COGNOME al sodalizio di tipo mafioso in contestazione. Le affermazioni ivi contenute di «essere a disposizione di NOME», della «vicinanza
dello COGNOME ai RAGIONE_SOCIALE» o di essere «amico dei RAGIONE_SOCIALE» non sarebbero sufficienti ad affermare l’intraneità del ricorrente al circuito mafioso.
Quanto, infine, alle richiamate dichiarazioni del coindagato NOME COGNOME, non sarebbe stata adeguatamente valutata l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE stesse e non sarebbe stato rinvenuto alcun riscontro esterno alle relative propalazioni,ilche avrebbe comportato la violazione del disposto dell’art. 273, comma 1-bis, cod. proc. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato in tutte le sue articolazioni. 2. Giova preliminarmente evidenziare che le Sezioni Unite di questa Corte Suprema hanno già avuto modo di chiarire che «in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte Suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità ed ai limiti che ad ess ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto RAGIONE_SOCIALE ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi d diritto che governano l’apprezzamento RAGIONE_SOCIALE risultanze probatorie» (In motivazione, la S.C., premesso che la richiesta di riesame ha la specifica funzione, come mezzo di impugnazione, sia pure atipico, di sottoporre a controllo la validità dell’ordinanza cautelare con riguardo ai requisiti formali enumerati nell’art. 292 cod. proc. pen. e ai presupposti ai quali è subordinata la legittimità del provvedimento coercitivo, ha posto in evidenza che la motivazione della decisione del tribunale del riesame, dal punto di vista strutturale, deve essere conformata al modello delineato dal citato articolo, ispirato al modulo di cui all’art. 546 cod proc. pen., con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all’accertamento non della responsabilità, bensì di una qualificata probabilità di colpevolezza) (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Rv. 215828). Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
Tale orientamento, dal quale l’odierno Collegio non intende discostarsi, ha trovato conforto anche in pronunce più recenti di questa Corte Suprema (ex ceteris: Sez. 4, n. 26992 del 29/05/2013, Rv. 255460).
Ne consegue che «l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. e RAGIONE_SOCIALE esigenze cautelari di cui all’art. 274 stesso codice è rilevabile
in cassazione soltanto se si traduce nella violazione di specifiche norme di legge od in mancanza o manifesta illogicità della motivazione, risultante dal testo del provvedimento impugnato» (In motivazione, la S.C. ha chiarito che il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità RAGIONE_SOCIALE fonti e la rilevanza e concludenza de dati probatori, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito) (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, Rv. 261400; Sez. 3, n. 40873 del 21/10/2010, Rv. 248698).
Ciò doverosamente prospettato in punto di diritto, quanto al motivo di ricorso riguardante la contestazione di cui al capo Q relativa al concorso dello COGNOME con COGNOME NOME e COGNOME NOME nella violazione della legge sulle armi, va detto immediatamente che il Tribunale del riesame alle pagg. 11 e 12 della propria ordinanza ha dettagliatamente indicato gli elementi dai quali si desume il coinvolgimento dello COGNOME nel fatto-reato in contestazione.
Il richiamo alle conversazioni intercettate (i passi salienti RAGIONE_SOCIALE quali sono testualmente riportati nell’ordinanza impugnata) tra NOME COGNOME e l’odierno ricorrente e, ancora, tra il predetto COGNOME e NOME COGNOME, come adeguatamente sottolineato dai Giudici della cautela, fanno chiaramente emergere il ruolo dello COGNOME di custode RAGIONE_SOCIALE armi affidategli dal boss NOME COGNOME ed ogni ulteriore motivazione sul punto nella presente fase cautelare sarebbe stata del tutto ultronea.
Ne consegue che nessun vizio motivazionale è rinvenibile nell’ordinanza del Tribunale del riesame in ordine alla configurabilità a carico dello COGNOME del contestato reato di cui al capo Q.
Lamenta, ancora, la difesa del ricorrente, sempre con riguardo al reato di cui al capo Q, che il provvedimento in esame difetta di motivazione in ordine alla contestata circostanza aggravante di cui all’art. 416-bis.1’0,Lpe., ,.
Osserva sul punto la Corte che, né dalla richiesta di riesame datata 4 dicembre 2023, né dal verbale di udienza innanzi al Tribunale di Reggio Calabria del 14 dicembre 2023, né infine dall’ordinanza impugnata nella parte in cui sono state riassunte le conclusioni del difensore (pag. 6), la questione sia stata devoluta in modo specifico ai giudici dell’impugnazione.
E’ principio consolidato quello secondo il quale «In tema di impugnazioni avverso i provvedimenti “de libertate”, pur nella peculiarità del contesto decisorio del giudizio di riesame resa manifesta dall’art. 309, comma 9, cod. proc. pen., il
ricorrente ha l’onere di specificare le doglianze attinenti al merito (sul fatto, sul fonti di prova e sulla relativa valutazione) onde provocare il giudice del riesame a fornire risposte adeguate e complete, sulle quali la Corte di cassazione può essere chiamata ad esprimersi. Pertanto, in mancanza di tale devoluzione, è inammissibile il ricorso che sottoponga alla Corte di legittimità censure su tali punti, che non possono trovare risposte per carenza di cognizione in fatto addebitabile alla mancata osservanza del predetto onere, in relazione ai limiti del giudizio di cassazione, ex art. 606 cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 20003 del 10/01/2020, Rv. 279505).
Anche quanto alla contestazione di cui al capo A ; la motivazione dell’ordinanza impugnata risulta esente da ogni vizio motivazionale.
Parte ricorrente tenta di parcellizzare i singoli profili di contestazione all’indagato che, invece, debbono – come ha correttamente fatto il Tribunale del riesame – essere considerati nella loro globalità e che, sotto tale profilo, ben danno conto della sussistenza della gravità indiziaria necessaria per l’avviamento del trattamento cautelare nei confronti dello COGNOME.
Nessun vizio può, innanzitutto, ravvisarsi nel fatto che il Tribunale del riesame ha richiamato anche emergenze di altro procedimento penale all’esito del quale lo COGNOME è stato assolto. Infatti, tali elementi risultano richiamat nell’ordinanza impugnata nell’ottica di una ricostruzione storica RAGIONE_SOCIALE vicende del sodalizio ‘RAGIONE_SOCIALE e, comunque, della “vicinanza” da lunga data dello COGNOME allo stesso.
Per il resto e, come detto, le nuove emergenze investigative, globalmente intese, hanno consentito di ben delineare i plurimi ruoli rivestiti dall’odierno ricorrente nell’ambito dell’associazione di tipo mafiosa.
Già si è detto del coinvolgimento dello COGNOME nella vicenda relativa alla detenzione RAGIONE_SOCIALE armi , che è però solo uno dei vari profili indiziari relati all’intraneità dello stesso nel sodalizio ed al quale se ne aggiungono molti altri tutti debitamente indicati nell’ordinanza.
Si pensi, al riguardo, alle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME – tutti ritenuti dai giudici di merito di assoluta affidabilità – che hanno indicato lo COGNOME come soggetto a disposizione sia di NOME COGNOME che, con il ruolo di autista, sia di NOME COGNOME che di NOME COGNOME, succedutisi ai vertici del clan (v. pag. 9 dell’ordinanza Si guardi bene, non si tratta come sostiene la difesa del ricorrente, di una disponibilità uti singull tquanto piuttosto di una cooperazione con diversi soggetti tutti collocati al vertice dell’organizzazione mafiosa.
Del resto, che l’organizzazioneiutelrla posizione dello COGNOME, all’evidenza ritenendolo un proprio membro, emerge pure dal fatto (narrato dal collaboratore di giustizia NOME COGNOME) che l’organizzazione stessa, allorquando lo COGNOME era stato licenziato dalla società RAGIONE_SOCIALE perché sottoposto a carcerazione, per effetto dell’intervento di tale NOME COGNOME (esponente di spicco della ‘ndrangheta di Archi che aveva indicato io COGNOME «come amico e rappresentante dei RAGIONE_SOCIALE») aveva costretto l’imprenditore a riassumerlo e pretendeva addirittura un risarcimento dei danni.
Ma nei confronti dello COGNOME vi è molto di più.
Emerge sempre dall’ordinanza impugnata un ruolo dello COGNOME in una vicenda legata a prodotti caseari che, attraverso la forza di intimidazione della consorteria ‘RAGIONE_SOCIALE, venivano imposti all’acquisto ai commercianti del luogo con esclusione di eventuali concorrenti (v. pagg. 10 e 11 dell’ordinanza).
Ancora, emerge da conversazioni intercettate tra soggetti rivestenti posizioni di rilievo all’interno della consorteria criminale (v. pagg. 12 e 1 dell’ordinanza) che lo sesso COGNOME – ancorché ritenuto di scarsa intraprendenza criminale in relazione a fatti quali l’incendio di autoveicoli – veniva considerato soggetto pur sempre a disposizione del clan, per compiti meno eclatanti quali quello di recapitare “ambasciate” o di svolgere il ruolo di autista.
In tale quadro GLYPH inserisce anche la vicenda narrata dall’imprenditore NOME COGNOME (v. pag. 13 dell’ordinanza) nella quale viene descritto il ruolo dello COGNOME nel recapito di un messaggio proveniente dal carcere legato ad una vicenda estorsiva.
Il particolare legame con i vertici della RAGIONE_SOCIALE emerge poi non solo dalla espressa dichiarazione di disponibilità fatta dallo COGNOME a “NOME” COGNOME fin dal 2005 (quindi protratta nel tempo) 5 ma anche dal fatto che lo stesso riceve le confidenze dell’altro personaggio di vertice, “NOME COGNOME, che gli manifesta i gravosi impegni legati alla reggenza della RAGIONE_SOCIALE ed al quale ribadisce la propria disponibilità ad agire nel suo interesse (v. pag. 13 dell’ordinanza).
Sempre dall’ordinanza impugnata emergono, poi,l’azione dello COGNOME in ossequio al vincolo di mutua assistenza tra gli associati detenuti che caratterizza le organizzazioni mafiose e, in particolare, l’assistenza al boss detenuto NOME COGNOME ed al fatto che addirittura l’odierno ricorrente avrebbe tenuto i contatti con il legale dello stesso oltre ad essere disponibile a veicolare messaggi per conto dei vertici dell’organizzazione (v. pagg. 14 – 16 dell’ordinanza) nonché i successivi rapporti con NOME COGNOME (altro soggettedi spicco della RAGIONE_SOCIALE).
In conclusione, le vicende descritte nell’ordinanza, globalmente intese, consentono – come evidenziato dai Giudici della cautela con motivazione logica, congrua e rispondente ai principi di diritto che governano la materia e, quindi
esente da vizi – di ritenere allo stato correttamente integrata nei confronti dello COGNOME anche la configurabilità del reato di cui al capo A della rubrica RAGIONE_SOCIALE imputazioni.
Per le considerazioni or ora esposte, dunque, il ricorso deve esse dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento nonché, ai sensi dell’art. 616 cod. pr pen., valutati i profili di colpa nella determinazione della causa di inammissi emergenti dal ricorso (Corte Cost. 13 giugno 2000, n. 186) al versamento del somma ritenuta equa di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE.
Poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in libertà de ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1-ter, RAGIONE_SOCIALE disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia della stessa sia trasm al direttore dell’istituto penitenziario in cui l’indagato trovasi ristret provveda a quanto stabilito dal comma 1-bis del citato articolo 94.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE sp processuali e della somma di euro tremila a favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 10 maggio 2024.