Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 47664 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 47664 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME COGNOME n. Mazzarino (CI) 17/08/1963 avverso l’ordinanza n. 214/24 del Tribunale di Caltanissetta del 06/06/2024
letti gli atti, il ricorso e l’ordinanza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME sentito il pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso; sentito per il ricorrente l’avv. NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso, depositando anche memoria in tal senso.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato l’istanza di riesame proposta da NOME COGNOME avverso l’ordinanza del 03/05/2024, con cui il G.i.p. dello stesso Tribunale aveva disposto l’applicazione nei suoi confronti della misura custodiale in carcere con l’imputazione provvisoria di avere fatto parte di una associazione criminale dedita al traffico illecito d stupefacenti e in tale contesto alla coltivazione di cannabis indica in una il GLYPH Il piantagione ubicata presso l’azienda agricola RAGIONE_SOCIALE formalmente intestata alla moglie COGNOME NOME, anch’essa accusata di partecipazione al medesimo sodalizio (art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990).
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione l’interessato, attraverso il suo difensore, che con un primo motivo di censura, deduce la violazione dell’art. 273 cod. proc. pen. nonché vizi cumulativi di motivazione, contestando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto associativo.
Il ricorrente, indagato nell’ambito di distinto procedimento anche per i delitti di detenzione e cessione di stupefacenti e di plurime violazioni della legge sulle armi e per tali imputazioni già sottoposto a custodia cautelare, sostiene che nella complessiva vicenda, in ordine alla quale ha reso ampie ammissioni, può al più configurarsi un concorso nei vari reati, ma non quello di natura associativa, in relazione al quale sia G.i.p. che Tribunale hanno indebitamente omesso di valutare plurimi elementi atti a dimostrare l’interruzione dei rapporti tra lui ed presunti sodali.
Con un secondo motivo, lamenta vizi di legge e di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza di concrete ed attuali esigenze cautelari che, stando al Tribunale, giustificano il mantenimento della misura custodiale in atto.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è manifestamente infondato e va dichiarato inammissibile.
Come ricordato nello stesso atto d’impugnazione (pag. 6 ricorso) il ricorrente è stato già arrestato in flagranza di reato per avere avviato una coltivazione di cannabis indica presso l’azienda agricola di famiglia corrente in INDIRIZZO; nell’occasione sono state tratte in arresto anche la moglie e le due figlie e presso l’azienda è stato rinvenuto anche un cospicuo arsenale di armi di provenienza illecita.
Nella ricostruzione della vicenda accolta dal Tribunale nell’ordinanza, il traffico illecito sarebbe stato, però, ideato da NOME COGNOME e dal suo braccio destro NOME COGNOME entrambi residenti a Barrafranca (En), con l’intento di commerciare la sostanza stupefacente coltivata e prodotta a Piazza Armerina nella città di Catania sotto la regia di un gruppo persone, tra cui NOME COGNOME soggetto contiguo ad un clan mafioso egemone in un quartiere della città ed in rapporti di parentela con almeno un affiliato alla famiglia catanese di Cosa Nostra Santapaola -Ercolano, con condotte perduranti nel periodo agosto 2022 – marzo 2023.
Ciò premesso, il ricorrente, reo confesso nel distinto procedimento riferito ai delitti di coltivazione illecita e di violazione della disciplina in materia di ar contesta, tuttavia, di avere fatto parte di una vera e propria associazione, evidenziando soprattutto l’assenza di una comunanza di interessi tra i presunti sodali in vista di un obiettivo comune.
Il Collegio osserva, tuttavia, che la contestazione della sussistenza di una affectio societatis riposa in primo luogo su una differente valutazione delle risultanze delle intercettazioni telefoniche e delle captazioni ambientali (v. pag. 4 e 5 ricorso) richiedendo, cioè, a questo giudice di legittimità apprezzamenti di esclusiva competenza del giudice di merito, quand’anche cautelare.
In materia di intercettazioni telefoniche costituisce, invero, questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (tra molte v. Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, COGNOME, Rv. 282337).
E la lettura che il Tribunale ha fornito delle risultanze delle operazioni tecniche di captazione e/o intercettazione non può essere definita né manifestamente A:illogica né irragionevole Agganzi coerente con le risultanze del distinto procedimento riguardante l’indagato.
In termini più generali, inoltre, resta immutata la validità dei principi a suo tempo fissati dalle Sezioni Unite con la pronuncia n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828 / secondo cui in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento
emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte suprema spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l’hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto ch governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie.
Le contestazioni formulate dal ricorrente sono, infatti, accomunate dalla circostanza di investire direttamente il merito (cautelare) della vicenda, senza in realtà riuscire a cogliere profili né di illegittimità del provvedimento impugnato né di illogicità e/o contraddittorietà della relativa motivazione.
Lo stesso è, inoltre, a dirsi del secondo motivo di ricorso che, a dispetto della affermazione difensiva, non offre elementi di valutazione concreti per superare la presunzione relativa di adeguatezza della misura coercitiva applicata ai sensi dell’art. 275, comma 3, cod. proc. pen.
Dal momento, infatti, che è la legge a stabilire la valenza di detta presunzione, è la difesa dell’indagato – una volta dal giudice ravvisata la sussistenza di gravi indizi dell’ipotesi di reato di natura associativa (nella specie dell’art. 74 d.P.R. n 309 del 1990) – a dover offrire elementi di apprezzamento di segno contrario.
Nella specie il Tribunale ha ritenuto che il mero decorso del tempo, di per sé non significativo rispetto agli eventi criminosi, così come la dismissione da parte della famiglia COGNOME dell’intera azienda agricola e degli strumenti di lavoro, non abbiano dato sufficiente dimostrazione della cessazione dei legami con gli altri componenti del sodalizio criminale, valutazione / quest’ultima i di stretto merito (cautelare) ( ma di per sé non illogica né contraddittoria in rapporto alle risultanze indiziarie ed ai pregressi giudiziari del ricorrente, dalla difesa legittimamente non condivisa ma insuscettibile di integrare un profilo di illegittimità dell’ordinanza impugnata.
Alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del ammende. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 21 novembre 2024
Il consiglie estensore
Il Presidente