Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14744 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14744 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/03/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CHIESANUOVA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/11/2023 del TRIB. LIBERTA’ di PALERMO
udita la relazione svolta dai Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha chiesto che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
lette le conclusioni dei difensori del ricorrente, AVV_NOTAIO, che hanno cniesto l’accoglimento dei ricorsi con ogni conseguente statuizione; conclusioni ribadite con memoria scritta del 28/02/2024.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Palermo, con ordinanza del 09/11/2023, ha rigettato la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di COGNOME NOME avverso l’ordinanza del G.i.p. del Tribunale di Palermo di applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari, senza la procedura di controllo ex art. 275bis cod. proc. pen.
Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione con due distinti atti di ricorso, per mezzo dei propri difensori, COGNOME NOME, che ha dedotto motivi che qui si riportano nei limiti strettamente necessari per la motivazione ai sensi dell’art. 173 disp.att. cod. proc. pen.
Primo ricorso.
Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento all’art. 273, comma 1, e comma 1 -bis, cod. proc. pen; la difesa ha rilevato la mera reiteratività delle argomentazioni del Tribunale, in totale aderenza con la motivazione del G.i.p.; non ricorrono elementi sufficienti a ritenere ricorrente una reale provvista indiziaria a carico del ricorrente, soggetto ultrasettantenne e incensurato, in mancanza di qualsiasi indizio concreto attestante la sua partecipazione alla associazione per delinquere di stampo mafioso, essendosi il giudizio basato esclusivamente su captazioni dal contenuto non univoco e risolutivo. In tal senso, la difesa ha rilevato come il provvedimento si basi su elementi emersi dalle captazioni, ricostruendo un ruolo attivo e informativo, una particolare dinamicità del ricorrente senza alcun reale riscontro. In realtà i dialoghi riportati sono relativi a circostanze note nel piccolo contesto territoriale di riferimento, senza alcun elemento a sostegno del pactum sceleris e della condotta di messa a disposizione. Sono stati richiamati, in tal senso, quali elementi assolutamente neutri, quello del taglio di alberi di noci e la consegna di conigli, invece ritenuti dal Tribunale estremamente significativi. Anche i contatti con soggetti notoriamente inseriti nelle consorterie criminali indagate non potevano ritenersi significativi. n
Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 274, comma 1, lett. c) cod. proc. pen.; il Tribunale con riferimento alle esigenze cautelari ha omesso qualsiasi approfondimento, limitandosi a richiamare la piena operatività del meccanismo presuntivo; certamente non ricorre il pericolo di inquinamento probatorio, atteso che i procedimenti in tema di associazione per delinquere si risolvono nella mera acquisizione di captazioni e sono già del tutto cristallizzati in relazione alla fase in corso quanto al ricorrente, in mancanza di qualsiasi rilevante elemento
dichiarativo, né risultano indicati elementi alla luce dei quali si deve supporre che il ricorrente possa commettere delitti della stessa specie, attesa anche la detenzione cautelare degli altri indagati e la cristallizzazione del compendio probatorio.
Mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in relazione all’art. 275 cod. proc. pen.; la scelta della misura cautelare non si presenta conforme ai parametri di adeguatezza e proporzionalità, manca l’identificazione dei presupposti di legge ai quali ancorare l’applicazione della misura.
Secondo ricorso.
Con il secondo ricorso sono stati proposti motivi sostanzialmente sovrapponibili, con l’unica aggiunta, e ulteriore precisazione, nell’ambito del primo motivo di ricorso, relativo alla provvista indiziaria, mediante richiamo agli esiti del procedimento c.d. Operazione Scrigno, che non vedeva in alcun modo coinvolto il ricorrente, elemento questo ritenuto estremamente significativo dalla difesa, atteso che il procedimento in questione aveva avuto ad oggetto proprio la RAGIONE_SOCIALE e i suoi esponenti, veri o presunti (pag. 8 e seg.).
Il Procuratore generale ha concluso chiedendo che i ricorsi vengano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso proposti sono manifestamente infondati, i ricorsi deve essere conseguentemente dichiarati inammissibili.
In tal senso, occorre rilevare come il Tribunale abbia fornito una considerazione ampia, approfondita e priva di illogicità od aporie, nella ricostruzione del complesso degli elementi indicativi della ricorrenza di gravi indizi di colpevolezza a carico del COGNOME.
Il Tribunale del riesame ha rilevato, infatti, che l’analisi delle plurime attività di indagine espletate, le numerose captazioni poste in essere, le attività di osservazione e controllo, rendono evidente l’emersione dei gravi indizi di colpevolezza rispetto al reato contestato, quale partecipe, ai sensi dell’art. 416-bis cod. pen.
Con motivazione logica ed argomentata, che non si presta a censure in questa sede, è stata evidenziato: – l’accertato collegamento e diretta conoscenza di plurimi esponenti della consorteria criminale indagata, caratterizzata da profondo radicamento territoriale e struttura organizzata e
verticistica, con chiara consapevolezza ed attiva comprensione delle dinamiche criminali e dei diversi ruoli rispettivamente ricoperti (COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME, COGNOME NOME); – la diretta conoscenza di soggetti di spicco e di rinomata fama nell’ambito della organizzazione criminale indagata, anche storicamente noti, ed oggetto di indagini e accertamento (COGNOME NOME e COGNOME NOME); – il coinvolgimento del COGNOME, in una serie di rilevanti attività di controllo del territorio quanto alle attività imprenditoriali in corso e non solo, essendo emerso l’evidente interessamento al fine di controllo di diverse attività di investimento immobiliare (con acquisizione di informazioni da condividere per l’equilibrio tra i diversi gruppi presenti sul territorio); – la considerazione dei ruoli e delle dinamiche volte al raggiungimento ed affermazione in posizione di vertice all’interno della consorteria criminale indagata; – il chiaro intendimento di cautelarsi dalle indagini e di sostenere i soggetti coinvolti in indagini e sottoposti a misure custodiali; – l’evidente coinvolgimento nella cosca criminale indagata anche in considerazione della sua evidente autorevolezza.
Con argomenti logici ed articolati, che non si prestano a considerazioni di contraddittorietà o illogicità, il Tribunale ha ampiamente ricostruito la ricorrenza di un quadro di decisa gravità indiziaria. A fronte dell’articolata motivazione del Tribunale del riesame, il ricorrente nel denunciare una manifestamente illogica e contraddittoria considerazione e valutazione delle esigenze cautelari e dei gravi indizi di colpevolezza con particolare richiamo ad alcune marginali considerazioni difensive, non ha assolto l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali la detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario di tale rilevanza da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, Rv. 277496-01, Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2919, Rv. 278001-01), mentre ripropone una mera lettura alternativa degli stessi elementi di merito oggetto di considerazione da parte del Tribunale del riesame. Si deve, quindi, ribadire il costante principio che chiarisce come in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo
formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976-01, Sez. F., n.47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01, Sez. 4, n. 22500 del 03/05/2007, COGNOME, Rv. 237012-01, Sez.3, n. 40873 del 21/10/2010, COGNOME, Rv. 248698-01). Il controllo di legittimità, dunque, non concerne né la ricostruzione dei fatti, né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attendibilità delle fonti e la rilevanza e concludenza dei dati probatori, sicché sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400-01). Nel caso concreto ricorre una motivazione approfondita e logica, che non si presenta contraddittoria o insufficiente, mentre il ricorrente propone di fatto una mera rilettura degli elementi analiticamente considerati dal Tribunale del riesame; rilettura caratterizzata da una considerazione parcellizzata e limitata del materiale acquisito, concentrandosi nella sostanza in una riconsiderazione, non consentita in questa sede, del materiale captativo. In tal senso, si deve ricordare che l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, non può essere sindacata dalla Corte di cassazione se non nei limiti della manifesta illogicità e irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite. In questa sede, dunque, è possibile prospettare un’interpretazione del significato di un’intercettazione diversa da quella proposta dal giudice di merito solo in presenza del travisamento della prova, ovvero nel caso in cui il contenuto sia stato indicato in modo difforme da quello reale e la difformità risulti decisiva e incontestabile (Sez. U, n. 22471 del 26/2/2015, Sebbar, Rv. 263715-01; Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389-01; Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650-01).
E’ consolidato anche il principio secondo cui gli elementi di prova raccolti nel corso delle intercettazioni di conversazioni alle quali non abbia partecipato l’imputato costituiscono fonte di prova diretta, soggetta al generale criterio valutativo del libero convincimento razionalmente motivato, senza che sia necessario reperire dati di riscontro esterno, con l’avvertenza che, ove tali elementi abbiano natura indiziaria, essi dovranno essere gravi, precisi e concordanti, come disposto dall’art. 192, comma 2, cod. proc. pen.
(Sez. 6, n. 5224 del 02/10/2019, dep. 2020, Acampa, Rv. 278611-01; Sez. 5, n. 40061 del 12/07/2019, COGNOME, Rv. 278314-01; Sez. 5, n. 4572 del 17/07/2015, dep. 2016, COGNOME, Rv. 265747-01; Sez. 1, n. 37588 del 18/06/2014, COGNOME, Rv. 260842-01).
È bene, inoltre, ricordare che il medesimo principio è stato affermato anche in tema di associazione per delinquere di stampo mafioso (Sez. 2, n. 31920 del 23/08/2021, COGNOME, Rv. 281811 -01; Sez. 6, n. 32373 del 04/06/2019, COGNOME, Rv. 276831 -01; Sez. 5, n. 48286 del 12/07/2016, COGNOME, Rv. 268414-01; Sez. 5, n. 42981 del 28/06/2016, COGNOME, Rv. 268042-01; Sez. 1, n. 40006 del 11/04/2013, COGNOME, Rv. 257398-01). In tal senso si è ribadito che i contenuti informativi provenienti da soggetti intranei all’associazione RAGIONE_SOCIALE, frutto di un patrimonio conoscitivo condiviso derivante dalla circolazione all’interno del sodalizio di informazioni e notizie relative a fatti di interesse comune degli associati sono utilizzabili in modo diretto, e non come mere dichiarazioni de relato soggette a verifica di attendibilità della fonte primaria (Sez. 2, n. 10366 del 06/03/2020, Muià, Rv. 278590-01).
In tal senso, il giudice a quo, ha rilevato che quanto alle esigenze cautelari doveva essere richiamata la portata della presunzione relativa ex art. 275, comma 3, cod. proc. pen., rispetto alla quale la difesa, alla quale spettava fornire prova del fatto che non sussistano esigenze cautelari o che le stesse non impongano l’applicazione della misura imposta in considerazione dell’età del ricorrente, non aveva fornito alcun elemento di valutazione in senso favorevole al COGNOME. Doveva, quindi, essere ritenuta la sussistenza di un concreto pericolo di reiterazione dei reati della stessa specie e di inquinamento probatorio, tenuto conto delle caratteristiche della condotta oggetto di imputazione provvisoria e della personalità dell’indagato, attesa la contestazione allo stesso elevata. La motivazione offerta dal Tribunale del riesame, come evidenziato, si presenta priva di vizi logici manifesti e decisivi, coerente con le emergenze indiziarie, fornendo una valutazione non censurabile, allo stato degli atti, degli elementi che compongono il quadro della cautela richiesta.
Il ricorrente ha anche contestato, in modo assai generico, la ricorrenza di un pericolo attuale e concreto, a prescindere dalla presunzione relativa di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., a fronte di una analitica motivazione del Tribunale sul punto che ha richiamato in modo logico e persuasivo la portata ampia e strutturata per la pluralità di contatti e campo di azione delle condotte realizzate, l’evidente pericolosità dei soggetti implicati
consapevolmente in articolate operazioni di controllo del territorio e delle attività imprenditoriale in corso, a prova dell’intensità delle relazioni di ille natura intrattenute per lungo e consistente periodo dal COGNOME, con piena consapevolezza della portata e consistenza della associazione e volontà di contribuire con le proprie azioni e con la strutturata conoscenza delle dinamiche mafiose, oltre che grazie ad una serie di cospicue informazioni assunte da diversi soggetti di rilevante caratura nella organizzazione, alla realizzazione delle finalità della consorteria criminale indagata. Con tale motivazione il ricorrente non si confronta. In tal senso, occorre considerare come il Tribunale del riesame abbia correttamente applicato il principio, che qui si intende ribadire, secondo il quale gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti – non necessariamente aventi natura processuale – in difetto di precedenti penali, o comportamenti concreti non necessariamente oggetto di accertamento giudiziario (Sez. 3, n. 36330 del 01/06/2019, COGNOME, Rv. 277613-01; Sez. 5, n. 5644 del 25/09/2014, Iov, Rv. 264212-01; Sez. 6, n. 6274 del 27/01/2016, COGNOME, Rv. 265961-01). Con l’ampia motivazione, anche quanto alla proporzionalità ed adeguatezza della misura imposta, il ricorrente non si confronta, proponendo motivi del tutto reiterativi e in gran parte generici sul punto.
I ricorsi devono, dunque, essere dichiarati inammissibili, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il giorno 13 marzo 2024.