Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 1670 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 1670 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOMECOGNOME nato a Rossano il 06/03/1974
Avverso l’ordinanza del 13/06/2024 del Tribunale di Catanzaro
visti gli atti, il provvedimento denunziato, il ricorso e il ricorso con motivi aggiunti udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; uditi i difensori, avvocato NOME COGNOME e avvocato NOME COGNOME in sostituzione dell’avvocato NOME COGNOME che hanno concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Catanzaro ha respinto l’istanza di riesame avverso l’ordinanza del 17/04/2024 con cui il Giudice per le indagini preliminari aveva applicato nei confronti di NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere, in relazione ai delitti di associazione dedita al narcotraffico (capo 1) e di tentata estorsione (capo 414).
Avverso la suddetta ordinanza hanno proposto ricorso per cassazione i difensori di NOME COGNOME denunciando i motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla sussistenza di gravi indizi di colpevolezza del delitto di cui all’art. 7 d.P.R. n. 309 del 1990. L’ordinanza impugnata, che nella prima parte richiama acriticamente le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia senza selezionare quelle che riguardano la posizione del ricorrente, valorizza, poi, i contributi di NOME COGNOME e di NOME COGNOME in riferimento al suo specifico ruolo. Tuttavia, le dichiarazioni dei collaboratori sono generiche e non sono sufficienti a integrare i gravi indizi della partecipazione all’associazione.
2.2. Con il secondo motivo di ricorso viene dedotto il vizio di violazione di legge in relazione alla sussistenza della gravità indiziaria del delitto di tentata estorsione contestato al capo 414.
Nella prospettazione difensiva la condotta tenuta dal ricorrente non è qualificabile né come concorso morale né come corso materiale, in quanto non ha né determinato né rafforzato il proposito criminoso altrui né è consistita in un contributo causale alla realizzazione del delitto di tentata estorsione.
2.3. Con il terzo motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione alla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. sia in riferimento al reato di cui al capo 1 sia in riferimento al reato di cui al capo 414.
2.4 Con il quarto motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in relazione all’art 297 cod. proc. pen. Nella prospettazione difensiva, il materiale indiziario su cui si fonda l’ordinanza genetica era desumibile dagli atti del procedimento che ha portato all’emissione di una prima ordinanza cautelare nei confronti del ricorrente. Da ciò consegue che, in applicazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., i termini di durata della misura cautelare emessa nel presente procedimento devono essere retrodatati e decorrere dall’esecuzione della prima ordinanza.
2.5. Con il quinto motivo di ricorso si deduce il vizio di violazione di legge in ordine alla sussistenza delle esigenze cautelari, in quanto nell’ordinanza impugnata non vengono evidenziati elementi sufficienti per ritenere che, ove si presentasse l’occasione, sarebbe altamente probabile la commissione di reati della stessa specie. Si rileva, altresì, l’erronea applicazione dei principi di adeguatezza e di proporzionalità della misura cautelare.
Nell’interesse del ricorrente stati depositati motivi aggiunti, di seguito sintetizzati.
3.1. Con il primo motivo viene ribadito ed integrato il quarto motivo del ricorso originario, deducendo che gli elementi su cui è fondata la gravità indiziaria a carico del ricorrente sono stati acquisiti nell’ambito di intercettazioni disposte nel procedimento penale n. 3804/2017 RGNR DDA. Si tratta, quindi, di un compendio indiziario desumibile prima della emissione dell’ordinanza cautelare che ha attinto il ricorrente nel proc. pen. n. 3804/2017 RGNR DDA per il reato di cui all’art. 416bis cod. pen, e per più reati di detenzione e cessione di sostanze stupefacenti commessi tra il 2018 e il 2019. Da ciò consegue che, in applicazione dell’art. 297, comma 3, cod. proc. pen., i termini di durata della misura cautelare emessa nel presente procedimento devono essere retrodatati e decorrere dall’esecuzione della prima ordinanza.
Rileva il difensore che eccentrico è il riferimento contenuto nell’ordinanza impugnata a un diverso procedimento presso la Procura di Lamezia Terme per il delitto di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto l’unica ordinanza cautelare da cui è stato attinto il ricorrente è quella afferente il procedimento n. 3804/2017 RGNR DDA.
3.2. Con il secondo motivo vengono dedotti i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in riferimento alla gravità indiziaria in relazione al delitto d cui al capo 1. Nella prospettazione difensiva, le dichiarazioni dei collaboratori riportate nell’ordinanza impugnata non individuano un’associazione dedita al narcotraffico distinta rispetto all’associazione mafiosa, già contestata nel proc. pen. n. 3804/2017 RGNR. Non sarebbe, cioè, possibile enuclare un assetto organizzativo diverso da quello dell’associazione mafiosa e funzionale esclusivamente al narcotraffico, considerato anche che l’attività svolta dai componenti dell’associazione di cui all’art. 416-bis nel settore degli stupefacenti rappresenta solo una delle attività illecite proprie della compagine associativa.
3.3. Con il terzo motivo si ribadisce che, in riferimento al capo 414, difetta un contributo causale del ricorrente all’azione da delittuosa da altri posta in essere.
3.4. Con il quarto motivo si deducono i vizi di violazione di legge e di difetto di motivazione in relazione alle esigenze cautelari poiché il Tribunale, con motivazione che si assume essere apodittica, schematica e non personalizzata, richiama la sussistenza del pericolo di recidivanza senza evidenziare specifici elementi dai quali desumere l’attuale esistenza di esigenze cautelari, tenuto anche conto del tempo decorso dal compimento dei fatti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va in via preliminare esaminato il quarto motivo di ricorso, riproposto e meglio precisato con i motivi aggiunti, con cui si deduce la violazione dell’art. 297, comma 3, cod proc. pen.
Il ricorrente invoca l’applicazione dell’istituto della retrodatazione che, come chiarito dalle Sezioni Unite COGNOME, consiste «nel “riallineamento” tra misure cautelari che, pur dovendo essere coeve, sono state separatamente adottate, ovvero in uno “slittamento all’indietro” della data di esecuzione del provvedimento cautelare successivo fino alla data di esecuzione di quello iniziale.» (Sez. U., n. 23166 del 28/5/2020, COGNOME, in motivazione).
Le Sezioni unite di questa Corte hanno affermato che la questione relativa alla retrodatazione della decorrenza del termine di custodia cautelare può essere dedotta anche nel procedimento di riesame solo se ricorrono congiuntamente le seguenti condizioni: a) termine interamente scaduto, per effetto della retrodatazione, al momento del secondo provvedimento cautelare; b) deducibilità dall’ordinanza applicativa della misura coercitiva di tutti gli elementi idonei a giustificare l’ordinanza successiva (Sez. U, n. 45246 del 19/07/2012, Polcino, Rv. 253549).
Nel caso di specie la questione è stata posta al Tribunale per il riesame in termini generici, per cui è stata dichiarata inammissibile.
Solo nel presente ricorso sono stati, e solamente con i motivi aggiunti, allegati elementi a sostegno dell’istanza di applicazione del meccanismo della retrodatazione, ma tali elementi, introdotti in sede di legittimità, non intaccano il giudizio di inammissibilità del Tribunale del riesame, basato, appunto, sulla genericità delle allegazioni del ricorrente.
Il primo motivo di ricorso, relativo al difetto di motivazione in ordine alla partecipazione al sodalizio del ricorrente, è fondato e assorbe il secondo dei motivi aggiunti, con cui si contesta l’esistenza di una associazione dedita al narcotraffico distinta da quella mafiosa.
A fondamento della gravità indiziaria l’ordinanza impugnata richiama: a) le dichiarazioni di NOME COGNOME che ha riferito che, a seguito del dissidio sorto tra NOME COGNOME e il ricorrente, i due avrebbero deciso di continuare nell’attività di spaccio ognuno per conto proprio dando vita a due rispettivi gruppi; b) le dichiarazioni di NOME COGNOME secondo cui il ricorrente è uno dei delegati della Confederazione; c) le dichiarazioni di NOME COGNOME secondo cui il ricorrente è un uomo di assoluta fiducia di NOME COGNOME ma anche di NOME COGNOME e di NOME COGNOME ed è allo stesso livello di NOME COGNOME e superiore ad NOME COGNOME; si occupa di tutte le attività delittuose dalle estorsioni alla droga ed è sempre stato nel gruppo degli italiani; d) le dichiarazioni di NOME COGNOME che
ha riferito di aver personalmente collaborato nell’attività di spaccio con il ricorrente e con NOME COGNOME.
Quanto alla costituzione del gruppo facente capo al ricorrente, l’ordinanza rileva che esso è costituito da pusher fidati tra cui NOME COGNOME e NOMECOGNOME
Viene, inoltre, fatto riferimento alla serialità delle operazioni di spaccio di droga, quantunque al ricorrente non sia contestato alcun reato di tale tipo.
Le dichiarazioni sopra riportate sono semplicemente trascritte ma non analizzate né poste in correlazione tra loro, né constestualizzate; erroneo, poi, rispetto alla posizione del ricorrente, è il riferimento alla serialità dei reati fine.
La descrizione dei gravi indizi, quindi, deve essere oggetto di una motivazione integrativa da parte del giudice di rinvio, che dovrà valutare e correlare le dichiarazioni dei collaboratori, tenendo anche conto del fatto che nessun episodio specifico è stato riferito, per cui nessun reato fine è stato contestato.
In sede di rinvio si rivaluterà, altresì, la sussistenza di esigenze cautelari, alla luce delle determinazioni in ordine alla gravità indiziaria della partecipazione al sodalizio.
Il secondo motivo di impugnazione, ribadito e precisato nei motivi aggiunti, con cui si contesta la sussistenza dei gravi indizi del concorso del ricorrente nel delitto di tentata estorsione contestato al capo 414 è infondato.
Preliminarmente si osserva che, in tema di misure cautelari personali, allorché sia denunciato, con ricorso per cassazione, vizio di motivazione del provvedimento emesso dal Tribunale del riesame in ordine ai gravi indizi di colpevolezza, la Corte di cassazione è tenuta a verificare, nei limiti consentiti dalla peculiare natura del giudizio di legittimità, se il giudice di merito abbia dato adeguato conto delle ragioni che l’hanno determinato ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell’indagato, verificando il rispetto dei canoni della logica e dei principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie. Non è, dunque, consentito proporre censure riguardanti la ricostruzione dei fatti o che si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito soprattutto attraverso l’interpretazione del contenuto delle conversazioni intercettate, il cui apprezzamento non è sindacabile in sede di legittimità se non quando manifestamente illogico ed irragionevole (tra le tante Sez. 3, n. 44938 del 5/10/2021, Rv. 282337).
L’ordinanza impugnata ricostruisce compiutamente l’episodio attraverso l’esame del contenuto di intercettazioni telefoniche, di SMS, di controlli di polizia giudiziaria, di dichiarazioni testimoniali, di filmati di videosorveglianza. Vengono, così, identificati tutti gli esecutori materiali di un atto intimidatorio prodromico all
richiesta estorsiva (posizionamento di una bottiglia contenente liquido infiammabile e di un accendino sulla autovettura della vittima) e gli organizzatori dell’azione estorsiva che é culminata in un incontro fissato per richiedere alla vittima il pizzo, incontro documentato dalla polizia giudiziaria con un servizio di osservazione e controllo. A tale incontro era presente anche il ricorrente, giunto sul luogo dell’appuntamento unitamente a NOME COGNOME. La vittima si è rivolta al ricorrente, che le ha indicato il luogo dove la attendeva NOME COGNOME che le ha rivolto la richiesta estorsiva (pagamento di 5000 euro all’anno “per stare tranquillo”).
Il terzo motivo di ricorso, con cui si contesta la sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 416-bis.1 cod. pen. sia in riferimento al reato di cui al capo 1 sia i riferimento al reato di cui al capo 414, è in parte assorbito dal primo motivo e in parte infondato.
Quanto al capo 1, infatti, l’ordinanza impugnata è stata annullata e in sede di rinvio sarà analizzato anche il profilo relativo alla sussistenza dell’aggravante, laddove si confermi la gravità indiziaria in riferimento al reato di partecipazione all’associazione dedita al narcotraffico.
Quanto al capo 414, la censura è infondata, in quanto l’ordinanza impugnata, con motivazione logica e immune da vizi, ha ritenuto sussistente l’aggravante in ragione delle specifiche modalità della condotta, peraltro realizzata in un contesto caratterizzato da pesanti infiltrazioni mafiose.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, comma 7, cod. proc pen. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18/12/2024.