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Gratuito patrocinio: dichiarazioni false e ricorso

Un soggetto è stato condannato per aver falsamente dichiarato un reddito inferiore per ottenere il gratuito patrocinio, omettendo ripetutamente il reddito di un familiare. La Corte di Cassazione ha dichiarato il suo ricorso inammissibile, confermando la condanna. La Corte ha stabilito che la reiterazione dell’omissione non costituisce un mero errore, ma un atto consapevole che dimostra l’intento fraudolento e impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

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Pubblicato il 8 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Gratuito Patrocinio: La Cassazione sulla Reiterata Falsità nelle Dichiarazioni

L’accesso alla giustizia è un diritto fondamentale, garantito anche a chi non dispone delle risorse economiche per sostenere le spese di un processo. Lo strumento per assicurare questo diritto è il gratuito patrocinio, o patrocinio a spese dello Stato. Tuttavia, l’accesso a questo beneficio è subordinato alla veridicità delle dichiarazioni reddituali presentate. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha ribadito il rigore con cui la legge valuta le omissioni in queste dichiarazioni, soprattutto quando sono ripetute nel tempo.

Il Caso: Omissioni Ripetute per Accedere al Patrocinio a Spese dello Stato

Il caso esaminato riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per il reato previsto dall’art. 95 del D.P.R. 115/2002. L’uomo aveva presentato, in due diverse occasioni a distanza di pochi mesi, istanze di ammissione al gratuito patrocinio dichiarando falsamente redditi inferiori a quelli reali. Nello specifico, aveva omesso di includere i redditi percepiti da un componente del suo nucleo familiare.

I giudici di merito avevano ritenuto sussistente l’elemento soggettivo del reato, ovvero la volontà di ingannare lo Stato, condannando l’imputato a nove mesi di reclusione e a una multa. L’imputato ha quindi proposto ricorso per cassazione, sostenendo di essere incorso in un errore in buona fede e chiedendo, in subordine, l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione della Corte d’Appello e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Inammissibilità per Genericità dei Motivi

In primo luogo, la Corte ha sottolineato che il ricorso si limitava a riproporre le stesse argomentazioni già presentate e respinte in appello. Secondo la giurisprudenza consolidata, un ricorso basato su motivi che non sono specifici e che si limitano a replicare doglianze già esaminate è inammissibile.

L’Elemento Psicologico nel Reato di Falsa Dichiarazione per il gratuito patrocinio

La Corte ha ritenuto corretta l’analisi dei giudici di merito riguardo all’elemento psicologico. Non si è trattato di un semplice errore di calcolo, ma della completa omissione di una voce di reddito determinante per superare la soglia di ammissibilità al beneficio. La reiterazione di questo comportamento in due distinte occasioni, a distanza di quattro mesi, è stata considerata una prova della piena consapevolezza e volontà di presentare una dichiarazione falsa.

L’Esclusione della Particolare Tenuità del Fatto

Anche il motivo relativo alla mancata applicazione dell’art. 131-bis c.p. è stato respinto. La Corte ha spiegato che la ripetizione del reato in un arco temporale così breve non integra l’ipotesi di abitualità, ma costituisce un’espressione di ‘pervicacia nel delinquere’. Questa ostinazione nel comportamento illecito è incompatibile con il requisito della ‘particolare tenuità’, che presuppone un’offesa minima e un comportamento non indicativo di una tendenza a commettere reati.

Le Motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su due pilastri. Il primo è di natura processuale: il ricorso per cassazione non può essere una semplice riedizione del giudizio di appello. I motivi devono essere specifici e criticare puntualmente le argomentazioni della sentenza impugnata, non limitarsi a riproporre le stesse difese. Il secondo pilastro è sostanziale: la Corte chiarisce la differenza tra un errore materiale e un’omissione volontaria. Omettere un’intera fonte di reddito non è una svista, ma una scelta deliberata finalizzata a ottenere un beneficio a cui non si avrebbe diritto. La reiterazione di tale condotta rafforza questa interpretazione, trasformando il dubbio in una prova della volontà colpevole e di una persistenza nell’illecito che osta al riconoscimento di qualsiasi attenuante o causa di non punibilità come la particolare tenuità del fatto.

Conclusioni

L’ordinanza in esame rappresenta un importante monito sulla serietà e sulla responsabilità che gravano su chi richiede il gratuito patrocinio. La decisione della Cassazione ribadisce che la trasparenza e la completezza delle dichiarazioni reddituali sono requisiti non negoziabili. Le omissioni, soprattutto se reiterate, non vengono considerate semplici errori, ma veri e propri atti fraudolenti, perseguiti penalmente. Inoltre, la persistenza nel comportamento illecito preclude l’accesso a istituti di favore come la non punibilità per particolare tenuità del fatto, sottolineando che la tutela del diritto di difesa per i non abbienti non può mai diventare un pretesto per aggirare la legge.

Un semplice errore di calcolo può giustificare una dichiarazione errata per il gratuito patrocinio?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che l’omissione completa di una voce di reddito di un familiare non è un mero errore di calcolo, ma un’omissione che, se reiterata, dimostra la consapevolezza della falsità della dichiarazione.

La ripetizione di una falsa dichiarazione a breve distanza di tempo ha conseguenze sulla punibilità?
Sì, secondo la Corte, la reiterazione della condotta illecita a breve distanza di tempo, pur non integrando l’abitualità, è espressione di ‘pervicacia nel delinquere’. Questa circostanza impedisce di riconoscere la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

È possibile fare ricorso in Cassazione riproponendo le stesse argomentazioni già respinte in Appello?
No, un ricorso per cassazione fondato sulla mera riproposizione di doglianze già esaminate e legittimamente respinte dal giudice di appello viene considerato non specifico e, di conseguenza, dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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