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Gratuito patrocinio: dichiarazione falsa e condanna

La Corte di Cassazione ha confermato la condanna penale nei confronti di un soggetto per aver presentato una richiesta di ammissione al gratuito patrocinio con dati reddituali e patrimoniali non veritieri, omettendo i redditi di altri componenti del nucleo familiare. Il ricorso è stato dichiarato inammissibile, in quanto i motivi presentati, tra cui la mancata assunzione di una prova ritenuta decisiva e il vizio di motivazione, sono stati giudicati infondati. La Corte ha ribadito che la reiterata presentazione della domanda falsa costituisce prova del dolo.

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Pubblicato il 1 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Gratuito patrocinio: la Cassazione conferma la condanna per dichiarazioni false

Presentare una domanda per l’ammissione al gratuito patrocinio omettendo informazioni cruciali sui redditi del proprio nucleo familiare costituisce un reato. Con la sentenza n. 6788/2024, la Corte di Cassazione ha ribadito questo principio, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato condannato per aver fornito dati non veritieri. Analizziamo insieme la decisione e le sue implicazioni.

I fatti del caso: la richiesta di gratuito patrocinio

Il caso riguarda un uomo condannato sia in primo grado dal Tribunale di Urbino sia in appello dalla Corte di Ancona. L’accusa era quella di aver presentato un’istanza per l’ammissione al patrocinio a spese dello Stato riportando dati reddituali e patrimoniali falsi, in quanto aveva omesso di dichiarare i redditi percepiti da altri membri del suo nucleo familiare. Nonostante la condanna, l’imputato, tramite il suo difensore, ha deciso di ricorrere in Cassazione, articolando due principali motivi di doglianza.

I motivi del ricorso in Cassazione

La difesa ha basato il ricorso su due argomenti principali, volti a scardinare la decisione di condanna dei giudici di merito.

La mancata ammissione di una prova decisiva

Il primo motivo lamentava la violazione delle norme processuali (art. 606, comma 1, lett. d, c.p.p.). Secondo la difesa, la Corte d’appello aveva erroneamente respinto la richiesta di rinnovazione dell’istruttoria, che prevedeva l’audizione del precedente difensore dell’imputato. Tale testimonianza, secondo la tesi difensiva, sarebbe stata decisiva per dimostrare l’assenza di dolo, cioè l’intenzione di commettere il reato.

Il vizio di motivazione e la richiesta per il gratuito patrocinio

Con il secondo motivo, si contestava un vizio di motivazione della sentenza d’appello (art. 606, comma 1, lett. e, c.p.p.). La difesa sosteneva che la condanna si basasse unicamente sull’omissione formale dei redditi degli altri familiari, senza un reale accertamento sulla loro effettiva convivenza e, soprattutto, senza considerare una richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.).

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto entrambi i motivi di ricorso manifestamente infondati, dichiarando il ricorso inammissibile.

Le motivazioni

I giudici di legittimità hanno smontato le argomentazioni difensive con precise motivazioni giuridiche. Riguardo al primo motivo, la Corte ha chiarito che la mancata assunzione di una prova può essere contestata in Cassazione solo se si tratta di una prova richiesta tempestivamente ai sensi dell’art. 495, comma 2, c.p.p. Nel caso di specie, la richiesta di audizione era stata formulata come un invito al giudice ad avvalersi dei suoi poteri discrezionali di integrazione probatoria (art. 507 c.p.p.), il cui rigetto non è sindacabile in sede di legittimità.

In merito al secondo motivo, la Corte ha giudicato la motivazione della sentenza d’appello congrua e logica. L’elemento soggettivo del dolo è stato ritenuto sussistente non solo per l’omissione, ma anche per la reiterata presentazione della domanda di ammissione e per il fatto che l’imputato stesso aveva indicato la moglie tra i componenti del nucleo familiare. La sussistenza del dolo era quindi evidente. Anche la mancata applicazione dell’esimente ex art. 131-bis c.p. è stata considerata correttamente motivata, data la gravità del fatto desumibile dall’entità del superamento della soglia reddituale prevista per l’accesso al beneficio.

Le conclusioni

La sentenza ribadisce la serietà degli obblighi dichiarativi per chi richiede l’accesso al gratuito patrocinio. La Corte di Cassazione sottolinea che l’omissione di redditi familiari non è una mera formalità, ma un atto che integra un reato. La decisione evidenzia inoltre come la reiterazione della condotta illecita sia un fattore che aggrava la posizione dell’imputato, rafforzando la prova dell’intenzionalità. Infine, viene confermato un importante principio processuale: il rigetto di una richiesta di integrazione probatoria discrezionale del giudice non costituisce, di per sé, un valido motivo di ricorso per cassazione.

Omessa dichiarazione dei redditi familiari nell’istanza per il gratuito patrocinio è reato?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che la presentazione di un’istanza per il patrocinio a spese dello Stato con dati reddituali e patrimoniali non veritieri, come l’omissione dei redditi di altri familiari, integra un delitto e comporta una condanna penale.

La mancata ammissione di un testimone in appello è sempre motivo di ricorso per cassazione?
No. La sentenza chiarisce che il motivo di ricorso per mancata assunzione di una prova decisiva è valido solo per le prove richieste a norma dell’art. 495, comma 2, c.p.p. Non può essere invocato se la richiesta era un invito al giudice ad usare i suoi poteri discrezionali di integrazione probatoria (art. 507 c.p.p.) e questi l’ha ritenuta non necessaria.

La ripetuta presentazione di una domanda falsa per il gratuito patrocinio come incide sulla valutazione del dolo?
Secondo la Corte, la reiterata presentazione della domanda di ammissione, a fronte della persistenza di condizioni reddituali ostative, è un elemento che depone a favore della sussistenza del dolo, ovvero della piena coscienza e volontà di commettere l’illecito.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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