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Graduazione pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello. L’imputato lamentava l’eccessività della sanzione, ma la Suprema Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e può essere censurata solo in caso di manifesta illogicità o arbitrarietà, non riscontrate nel caso di specie dato che la pena era prossima al minimo edittale.

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Pubblicato il 10 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione pena: la Cassazione fissa i paletti per l’impugnazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13229 del 2024, è tornata a pronunciarsi su un tema centrale del diritto penale: i limiti all’impugnazione delle sentenze per motivi legati alla graduazione della pena. Questa decisione rafforza un principio consolidato, chiarendo quando e come la valutazione discrezionale del giudice di merito possa essere oggetto di riesame in sede di legittimità. Il caso analizzato offre spunti fondamentali per comprendere la distinzione tra il merito della decisione e il controllo sulla sua legittimità.

I fatti del processo

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. Il ricorrente sollevava due principali censure. La prima riguardava l’omessa motivazione su alcuni motivi aggiunti presentati in appello. La seconda, invece, contestava l’eccessività della pena inflitta, ritenuta sproporzionata.

La decisione della Suprema Corte

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso interamente inammissibile. Per quanto riguarda il primo motivo, i giudici hanno osservato che i motivi aggiunti erano stati correttamente ritenuti non proponibili, in quanto vertevano sulla quantificazione della pena, un argomento non trattato nell’appello principale.

Sul secondo e più rilevante punto, quello relativo all’eccessività della sanzione, la Corte ha ribadito la sua posizione costante in materia. La graduazione della pena, infatti, non è di competenza della Cassazione.

Le motivazioni

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la netta separazione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La determinazione della pena, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo.

La Cassazione può intervenire su tale valutazione solo in casi eccezionali, ovvero quando la decisione del giudice di merito risulti frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”. Non è sufficiente che l’imputato ritenga la pena semplicemente “troppo alta”; è necessario dimostrare un vizio palese nel percorso logico-giuridico seguito dal giudice. Nel caso specifico, i giudici hanno evidenziato come la pena fosse stata determinata in una misura vicina al minimo edittale e che la motivazione faceva riferimento alla gravità del fatto, escludendo così ogni ipotesi di arbitrarietà o illogicità.

Le conclusioni

L’ordinanza in esame conferma che tentare di ottenere una “nuova valutazione della congruità della pena” in Cassazione è una strada quasi sempre preclusa. Il ricorso per la cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o l’entità della sanzione. Per avere successo, un ricorso focalizzato sulla pena deve attaccare non l’esito della decisione, ma il processo decisionale stesso, dimostrando che il giudice ha violato la legge o ha seguito un ragionamento manifestamente viziato. Questa pronuncia serve da monito: la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampia e, se correttamente esercitata, insindacabile in sede di legittimità.

È possibile impugnare in Cassazione una sentenza solo perché si ritiene la pena eccessiva?
No, non è sufficiente. Il ricorso è inammissibile se non si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di pura arbitrarietà o di un ragionamento palesemente illogico. La semplice discordanza con l’entità della pena non costituisce un valido motivo di ricorso.

Qual è il ruolo del giudice di merito nella determinazione della pena?
Il giudice di merito ha un potere discrezionale nella graduazione della pena. Deve stabilire la sanzione concreta all’interno dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge, basando la sua decisione sui criteri indicati negli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Perché i ‘motivi aggiunti’ sono stati considerati inammissibili in questo caso?
Sono stati ritenuti inammissibili perché riguardavano la quantificazione della pena, una questione che non era stata oggetto dell’appello principale. Di conseguenza, non era possibile introdurre tale argomento in una fase successiva tramite motivi aggiunti.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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