Graduazione della Pena: la Discrezionalità del Giudice ha un Limite?
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. Ma fino a che punto questa decisione è sindacabile? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre spunti preziosi sul tema della graduazione della pena, chiarendo i confini tra la discrezionalità del giudice di merito e il controllo di legittimità. Il caso analizzato riguarda un ricorso contro una condanna per furto aggravato, in cui l’imputato contestava una sanzione ritenuta sproporzionata.
Il Caso: Ricorso contro la Sanzione per Furto Aggravato
Un individuo, condannato in primo e secondo grado per furto aggravato, ha presentato ricorso in Cassazione. Le sue doglianze non riguardavano la colpevolezza, ma si concentravano esclusivamente su due aspetti del trattamento sanzionatorio:
1. L’entità della pena base: a suo dire, era stata fissata a un livello superiore al minimo edittale senza un’adeguata giustificazione.
2. Il bilanciamento delle circostanze: sosteneva che le circostanze attenuanti generiche, concesse per il suo comportamento collaborativo, avrebbero dovuto essere considerate prevalenti sulle aggravanti, portando a una riduzione della pena.
La Corte d’Appello aveva confermato la decisione del primo giudice, fornendo una motivazione dettagliata che teneva conto sia della notevole gravità del reato, sia della ‘considerevole capacità a delinquere’ dell’imputato, attestata da precedenti penali specifici per tre episodi di furto.
La Discrezionalità nella Graduazione della Pena
La Suprema Corte, nell’esaminare il ricorso, ha innanzitutto ribadito un principio fondamentale del nostro ordinamento. La graduazione della pena, ovvero la scelta della sanzione concreta da irrogare tra il minimo e il massimo previsti dalla legge, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del danno, l’intensità del dolo e i precedenti penali del reo.
La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione della congruità della pena. Un ricorso che mira a ottenere una diversa quantificazione della sanzione, senza denunciare un vizio logico o un’arbitrarietà manifesta nella motivazione del giudice, è destinato all’inammissibilità. Il controllo di legittimità si ferma alla verifica che la decisione sia supportata da un ragionamento coerente e non palesemente illogico.
Le Motivazioni della Decisione
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello ‘ampia e specifica’. I giudici di merito avevano correttamente giustificato la pena inflitta basandosi su elementi concreti:
* La gravità del reato: sono state considerate le modalità specifiche del furto.
* La personalità dell’imputato: il casellario giudiziale, che riportava tre precedenti per furto, è stato un elemento decisivo nel valutare la sua capacità a delinquere.
Anche per quanto riguarda il bilanciamento delle circostanze, la decisione è stata giudicata congrua. Le attenuanti generiche erano state concesse come ‘benevolenza’ per il comportamento processuale collaborativo, ma questo non era sufficiente a farle prevalere. Secondo i giudici, il contesto probatorio univoco e i precedenti penali dell’imputato costituivano un ostacolo logico alla prevalenza delle attenuanti.
Conclusioni: Quando è Inutile Impugnare la Pena
L’ordinanza in esame conferma che le censure relative alla graduazione della pena hanno scarse probabilità di successo in Cassazione se non evidenziano una palese irragionevolezza nel percorso argomentativo del giudice. Non è sufficiente lamentare che la pena sia ‘troppo alta’ o che le attenuanti ‘meritassero più peso’. È necessario dimostrare che il giudice ha ignorato i criteri di legge o ha basato la sua decisione su un ragionamento manifestamente illogico o contraddittorio.
Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Questa pronuncia serve da monito: la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena è ampia e il sindacato della Cassazione è rigorosamente limitato alla correttezza logico-giuridica della motivazione.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, e non semplicemente perché si ritiene la pena troppo severa.
Perché le attenuanti generiche non sono state considerate prevalenti sulle aggravanti in questo caso?
Sebbene le attenuanti generiche siano state concesse per il comportamento collaborativo dell’imputato, la Corte ha ritenuto che non potessero prevalere a causa del contesto probatorio univoco e, soprattutto, dei precedenti penali specifici dell’imputato per reati della stessa natura (tre furti), che indicavano una considerevole capacità a delinquere.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
La dichiarazione di inammissibilità significa che la Corte di Cassazione non entra nel merito delle questioni sollevate perché il ricorso non possiede i requisiti richiesti dalla legge. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e di una somma in denaro a favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 14626 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 14626 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 13/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a VENARIA REALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 05/10/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
Rilevato che con la sentenza impugnata la Corte di appello di Torino ha confermato la condanna del ricorrente per il reato di furto aggravato;
Considerato che, mediante l’unico motivo di ricorso, l’imputato contesta il trattamento sanzionatorio irrogatogli al di sopra del minimo edittale rispetto agli indici di cui all’art. 133 cod. pen. e lamenta che le circostanze attenuanti non sono state ritenute prevalenti nel giudizio di bilanciamento rispetto alle aggravanti;
Ricordato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – 04/02/2014, Rv. 259142);
Ritenuta dunque l’inammissibilità del ricorso poiché la Corte territoriale ha fornito un’ampia e specifica motivazione, in primis, nel confermare, a fronte delle analoghe deduzioni formulate dal ricorrente con l’atto di appello, il trattamento sanzionatorio comminato dalla sentenza di primo grado argomentando compiutamente sia in ordine alla notevole gravità del reato che alla considerevole capacità a delinquere dell’imputato attestata dal casellario giudiziale per il compimento di tre furti (pag. 3);
Ritenuta congrua la motivazione anche in ordine al bilanciamento operato tra le circostanze, stante la evidenziata “benevolenza” per il comportamento processuale collaborativo per la quale sono state concesse le attenuanti generiche, ostativa alla prevalenza delle stesse, secondo il logico vaglio della sentenza denunciata, in virtù del contesto probatorio univoco e dei precedenti penali dell’imputato (pag. 3);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 13/03/2024