Graduazione Pena: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. La legge fornisce una cornice, ma all’interno di essa il magistrato gode di un’ampia autonomia. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre lo spunto per analizzare i confini di questo potere e i limiti del sindacato di legittimità sulla graduazione pena. Il caso riguarda un individuo condannato per resistenza a pubblico ufficiale e porto abusivo di armi, che aveva impugnato la sentenza d’appello lamentando un’eccessiva severità della sanzione.
I Fatti di Causa
Un soggetto veniva condannato in secondo grado dalla Corte d’Appello di Bologna per aver violato l’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale) e l’art. 4 della Legge sulle armi (per il porto di un coltello). Ritenendo la pena inflitta sproporzionata, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, censurando proprio la congruità della sanzione decisa dai giudici di merito.
La Decisione della Cassazione e la Graduazione della Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire un principio consolidato in giurisprudenza. La graduazione della pena, ovvero la quantificazione della sanzione all’interno della forbice edittale prevista dalla norma incriminatrice, rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito. Tale discrezionalità non è arbitraria, ma deve essere esercitata seguendo i criteri direttivi fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.
La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito. Il suo compito non è decidere se la pena sia ‘giusta’ in astratto, ma verificare che la decisione impugnata non sia frutto di un ‘mero arbitrio’ o di un ‘ragionamento illogico’. In altre parole, il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della quantificazione della pena.
Le Motivazioni della Sentenza
Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno escluso categoricamente la presenza di vizi logici o di arbitrarietà nella decisione della Corte d’Appello. La motivazione della sentenza impugnata è stata giudicata congrua e puntuale. In primo luogo, la pena base era stata fissata in una misura ‘prossima al minimo edittale’, un fatto che di per sé smentisce l’accusa di eccessiva severità. In secondo luogo, la motivazione faceva espresso riferimento alla gravità del fatto concreto.
Anche l’aumento di pena applicato per la continuazione tra i due reati è stato ritenuto correttamente giustificato. I giudici di merito avevano infatti valorizzato ‘il contesto fortemente minaccioso nei confronti dei pubblici ufficiali, nel quale era detenuto il coltello’, dimostrando di aver ponderato adeguatamente tutte le circostanze del caso.
Le Conclusioni
L’ordinanza in esame riafferma con chiarezza che l’appello alla Corte di Cassazione per una presunta ingiustizia della pena ha margini di successo molto ristretti. Per ottenere un annullamento, non è sufficiente sostenere che una pena più mite sarebbe stata più adeguata; è necessario dimostrare che il giudice di merito ha esercitato il suo potere discrezionale in modo palesemente irragionevole o senza una motivazione adeguata. La decisione conferma, quindi, la centralità e l’autonomia del giudizio di merito nella delicata fase della commisurazione della pena, a patto che sia sorretto da una motivazione logica e coerente con i principi normativi.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena, a meno che la decisione del giudice di merito non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
Quali criteri deve seguire il giudice nel determinare la pena?
Il giudice deve esercitare la sua discrezionalità seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la valutazione della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole.
Perché il ricorso in questo specifico caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la pena inflitta era vicina al minimo previsto dalla legge e la sentenza aveva fornito una motivazione adeguata e logica sia sulla gravità del fatto sia sull’aumento per la continuazione tra i reati, escludendo così ogni vizio di arbitrarietà.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 32307 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 32307 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 26/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 16/08/1998
avverso la sentenza del 26/09/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per violazione dell’art. 337 cod. pen. e art. 4 L. armi);
esaminati i motivi i di ricorso.
OSSERVA
Rilevato che la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre in presenza di pena determinata in misura prossima al minimo edittale e di congrua motivazione sulla gravità del fatto.
La sentenza impugnata fornisce, altresì, puntuale motivazione in ordine all’aumento apportato per la continuazione tra i reati, avendo riguardo “al contesto fortemente minaccioso nei confronti dei pubblici ufficiali, nel quale era detenuto il coltello”.
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 26/05/2025.