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Graduazione della pena: ricorso inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la quantificazione della pena decisa dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, purché la decisione sia adeguatamente motivata secondo gli articoli 132 e 133 del codice penale, come avvenuto nel caso di specie. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 28 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: La Cassazione Conferma la Discrezionalità del Giudice

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del diritto penale: la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Quando tale potere è esercitato con una motivazione congrua e logica, il ricorso in Cassazione che mira a una semplice rivalutazione della sanzione è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo insieme questa importante decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza emessa da una Corte d’Appello territoriale. L’oggetto della doglianza riguardava essenzialmente la quantificazione della pena inflitta, un tema che tocca il cuore del giudizio di merito e che spesso è al centro delle impugnazioni.

L’imputato, attraverso il suo ricorso, ha di fatto richiesto alla Suprema Corte di riconsiderare la valutazione compiuta dai giudici dei gradi precedenti in merito all’entità della sanzione, inclusi gli aumenti e le diminuzioni per le circostanze aggravanti e attenuanti e la determinazione della pena base.

La Decisione della Corte e la Graduazione della Pena

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della vicenda, ma si concentra su un aspetto procedurale cruciale: i limiti del sindacato di legittimità. La Suprema Corte non è un terzo grado di giudizio dove si possono ripresentare le stesse argomentazioni fattuali, ma un organo che valuta la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

La Corte ha stabilito che, essendo la decisione sulla graduazione della pena adeguatamente motivata, il ricorso non poteva essere accolto. Di conseguenza, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, un esito comune per i ricorsi giudicati inammissibili.

Le Motivazioni: Il Principio della Discrezionalità del Giudice

Il fulcro dell’ordinanza risiede nelle sue motivazioni. La Cassazione ha richiamato un principio consolidato, secondo cui la graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri direttivi fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale.

Questi articoli impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato (desunta dalla natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione, dalla gravità del danno o del pericolo cagionato e dall’intensità del dolo o dal grado della colpa) e della capacità a delinquere del colpevole (desunta dai motivi a delinquere, dal carattere del reo, dai precedenti penali e giudiziari e, in genere, dalla condotta e dalla vita del reo, antecedenti, contemporanee o susseguenti al reato).

Nel caso specifico, la Suprema Corte ha verificato che la sentenza impugnata aveva fornito una motivazione congrua, facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi e rilevanti per giustificare la pena inflitta. Poiché il ragionamento del giudice di merito era logico e aderente ai principi di legge, non vi era spazio per un intervento della Cassazione, il cui compito non è sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato i fatti.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre un importante monito: un ricorso per cassazione non può limitarsi a contestare l’entità della pena sperando in un trattamento più mite. Per avere successo, è necessario dimostrare un vizio di legge o un’illogicità manifesta nella motivazione della sentenza impugnata. La semplice discordanza con la valutazione del giudice di merito non è sufficiente.

La condanna al pagamento di una somma non irrisoria alla Cassa delle ammende, oltre alle spese processuali, sottolinea inoltre il rischio economico associato alla presentazione di ricorsi palesemente infondati o inammissibili. La decisione riafferma la centralità del giudizio di merito nella determinazione della pena e i precisi confini del controllo di legittimità esercitato dalla Corte di Cassazione.

Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché contestava la graduazione della pena, che rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. La Corte di Cassazione ha ritenuto che la sentenza impugnata fosse adeguatamente motivata e conforme ai principi di legge.

Quali principi deve seguire il giudice nel determinare la pena?
Il giudice deve esercitare la sua discrezionalità seguendo i principi enunciati negli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Quali sono state le conseguenze economiche per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità del ricorso, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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