Graduazione della pena: i limiti del ricorso in Cassazione
La determinazione dell’entità della pena è uno dei momenti più delicati del processo penale. Ma fino a che punto un condannato può contestare questa decisione davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente, la n. 19045 del 2024, offre chiarimenti fondamentali sui limiti del sindacato di legittimità sulla graduazione della pena, confermando un orientamento consolidato.
I Fatti del Ricorso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Firenze. L’unico motivo di doglianza sollevato dal ricorrente riguardava il trattamento sanzionatorio, ritenuto eccessivamente severo. In sostanza, la difesa non contestava la colpevolezza dell’imputato, ma chiedeva una riduzione della pena inflitta dai giudici di merito.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla Graduazione della Pena
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si fonda su un principio cardine del nostro ordinamento processuale: la graduazione della pena rientra nell’ambito del potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere, che si esercita nella scelta della pena base, negli aumenti per le circostanze aggravanti o per la continuazione tra reati, e nelle diminuzioni per le attenuanti, non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità.
Il ricorso per cassazione può essere accolto solo se la motivazione del giudice di merito risulta essere frutto di mero arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico, vizi che non sono stati riscontrati nel caso di specie.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che l’onere motivazionale del giudice di merito è stato pienamente assolto. Non è necessaria una motivazione analitica e dettagliata per ogni singolo aspetto della determinazione della pena, soprattutto quando la sanzione finale si colloca in una fascia inferiore alla media edittale (ovvero, inferiore alla metà della pena massima prevista per quel reato).
Secondo gli Ermellini, l’uso di espressioni sintetiche come “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento” è sufficiente a dare conto dell’avvenuto esercizio del potere discrezionale, a patto che sia implicitamente o esplicitamente ancorato ai criteri direttivi dell’articolo 133 del Codice Penale (gravità del reato e capacità a delinquere del colpevole).
Poiché nel caso esaminato la motivazione della Corte d’Appello, seppur sintetica, non era né arbitraria né palesemente illogica, il ricorso non poteva che essere respinto. La conseguenza diretta della dichiarazione di inammissibilità è stata la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica per chi opera nel diritto penale. Contestare la sola entità della pena in Cassazione è un’operazione estremamente difficile e destinata all’insuccesso se non si è in grado di dimostrare un vizio logico macroscopico o un’assoluta arbitrarietà nella decisione del giudice di merito. Il ricorso di legittimità non è un terzo grado di giudizio dove si possono rinegoziare le valutazioni discrezionali. È, invece, un controllo sulla corretta applicazione della legge e sulla coerenza logica della motivazione. Pertanto, l’attenzione della difesa deve concentrarsi sull’individuazione di specifici errori di diritto o vizi motivazionali qualificati, piuttosto che su una generica doglianza sulla severità del trattamento sanzionatorio.
È possibile ricorrere in Cassazione per contestare solo la quantità della pena ricevuta?
Generalmente no. Secondo questa ordinanza, il ricorso è ammissibile solo se la motivazione del giudice sulla graduazione della pena è inesistente, puramente arbitraria o manifestamente illogica, non per una semplice valutazione di merito sulla sua congruità.
Cosa significa che la motivazione del giudice sulla pena è ‘sufficiente’?
Significa che il giudice ha adempiuto al suo obbligo di motivare anche utilizzando espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, specialmente se la pena irrogata è inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato. Non è richiesta una giustificazione specifica e dettagliata per ogni singolo calcolo.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro, stabilita dal giudice, in favore della Cassa delle ammende. In questo specifico caso, la somma era di tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 19045 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 19045 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME COGNOME il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 09/01/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
considerato che l’unico motivo di ricorso, in punto di trattamento sanzioCOGNOMErio, non è consentito in quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del merito, la graduazione della pena, sia con riguardo alla individuazione della pena base che in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previste per le circostanze e per i reati in continuazione, non può costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazione, sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico;
che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. ritenut decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, “pena equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliata motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edittale (si veda, in particolare, pag. 4);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 19 marzo 2024.