Graduazione della Pena: Quando il Giudice è Sovrano e il Ricorso Impossibile
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. Ma fino a che punto la sua decisione può essere contestata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 12540/2024) offre un chiarimento fondamentale sui limiti del ricorso contro l’entità della sanzione, mettendo in luce il principio della discrezionalità del giudice nella graduazione della pena.
I Fatti del Caso: un Ricorso per Pena Eccessiva
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Genova. L’unico motivo di doglianza era l’eccessività del trattamento sanzionatorio, ritenuto sproporzionato. Il ricorrente contestava sia la pena base individuata per il delitto tentato, sia gli aumenti applicati a titolo di continuazione per altri reati.
La Discrezionalità del Giudice nella Graduazione della Pena
La questione centrale affrontata dalla Suprema Corte riguarda i confini del potere discrezionale del giudice di merito nel quantificare la pena. Il Codice Penale, all’articolo 133, elenca una serie di criteri (gravità del danno, intensità del dolo, precedenti penali, ecc.) che il giudice deve considerare per adeguare la sanzione al caso concreto.
Questa attività, nota come graduazione della pena, non è un calcolo matematico, ma una valutazione complessa che bilancia esigenze repressive e rieducative. Proprio per questa sua natura, la giurisprudenza costante la considera un ambito dove il giudice di merito gode di ampia autonomia.
I Limiti del Sindacato della Cassazione
La Corte di Cassazione ha il compito di verificare la corretta applicazione della legge, non di riesaminare i fatti o le valutazioni del giudice di primo e secondo grado. Di conseguenza, non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena.
Il ricorso per cassazione in materia di graduazione della pena è ammesso solo in casi eccezionali: quando la motivazione del giudice è totalmente assente, palesemente illogica, o basata su un palese arbitrio. Non è sufficiente che l’imputato ritenga la pena semplicemente ‘troppo alta’.
La Motivazione del Giudice di Merito
Nell’ordinanza in esame, la Corte ha sottolineato che l’onere di motivazione del giudice di merito è stato pienamente assolto. Il provvedimento impugnato aveva fatto riferimento agli elementi dell’art. 133 c.p. e utilizzato espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’.
Un punto cruciale evidenziato dalla Cassazione è che non è richiesta una motivazione analitica e dettagliata quando la pena inflitta è inferiore alla media edittale (ovvero, al valore intermedio tra il minimo e il massimo previsto dalla legge per quel reato). In tali circostanze, si ritiene che una motivazione sintetica, che dimostri la presa in considerazione dei criteri di legge, sia sufficiente a giustificare la decisione.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Decisione
La decisione della Cassazione rafforza un principio consolidato: la graduazione della pena è prerogativa del giudice di merito. Per chi intende impugnare una sentenza per eccessività della sanzione, è fondamentale dimostrare non una mera divergenza di valutazione, ma un vizio logico grave e manifesto nel ragionamento del giudice. In assenza di ciò, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta semplicemente ‘troppo alta’?
No. La contestazione non può basarsi su una mera valutazione di eccessività. Il ricorso è ammesso solo se la motivazione del giudice sulla graduazione della pena è manifestamente illogica, arbitraria o del tutto assente.
Quale tipo di motivazione deve fornire il giudice per giustificare l’entità della pena?
Secondo l’ordinanza, non è sempre necessaria una motivazione dettagliata. Sono sufficienti espressioni come ‘pena congrua’ o il richiamo ai criteri generali dell’art. 133 c.p., specialmente quando la pena inflitta è inferiore alla media prevista dalla legge per quel reato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso di questo tipo?
Quando il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente è condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende. Nel caso di specie, la somma è stata fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 12540 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 12540 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 06/03/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NOTO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/11/2022 della CORTE APPELLO di GENOVA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si contesta, peral genericamente, l’eccessività del trattamento sanzioNOMErio, non è consentit quanto, trattandosi di esercizio della discrezionalità attribuita al giudice del la graduazione della pena – sia con riguardo alla individuazione della pena b per il delitto tentato, che in relazione agli aumenti per la continuazione – n costituire oggetto di ricorso per cassazione laddove la relativa determinazi sorretta da sufficiente motivazione, non sia stata frutto di mero arbitri ragionamento manifestamente illogico;
che, nella specie, l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatament assolto attraverso il richiamo agli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. decisivi o rilevanti ovvero attraverso espressioni del tipo “pena congrua”, ” equa” o “congruo aumento”, non essendo necessaria una specifica e dettagliat motivazione nel caso in cui venga irrogata una pena inferiore alla media edit (si veda, in particolare, pag. 3, con applicazione del c.d. metodo sintet relazione alla valutazione del tentativo, Sez. 5, n. 40020 del 18/06/2019, Halil Rv. 277528-01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso, il 6 marzo 2024.