Graduazione della Pena: Il Ricorso in Cassazione e i Limiti della Discrezionalità del Giudice
L’ordinanza n. 11673/2024 della Corte di Cassazione offre un’importante lezione sui limiti del ricorso in sede di legittimità, in particolare quando l’unica doglianza riguarda la graduazione della pena. Questo principio, consolidato nella giurisprudenza, stabilisce che la valutazione sull’entità della sanzione è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito e non può essere messa in discussione davanti alla Suprema Corte se adeguatamente motivata. Analizziamo insieme i dettagli di questa decisione.
I Fatti del Caso: Un Appello contro l’Entità della Pena
Il caso ha origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte di Appello di Torino. Quest’ultima, riformando parzialmente la decisione di primo grado, aveva rideterminato la pena per i reati contestati in due mesi di reclusione e 36,00 euro di multa.
L’imputato, ritenendo la sanzione eccessiva, ha deciso di presentare ricorso in Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione del trattamento sanzionatorio applicato. In sostanza, non venivano contestati errori di diritto nell’applicazione delle norme, ma si chiedeva una nuova valutazione, più favorevole, sull’entità della condanna.
La Decisione della Cassazione: Ricorso Inammissibile
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione, cioè non valuta se la pena fosse giusta o meno. Piuttosto, stabilisce che il motivo del ricorso non era proponibile in quella sede.
Di conseguenza, la Corte ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende, una sanzione prevista per chi promuove un ricorso ritenuto palesemente infondato o inammissibile.
Le Motivazioni: La Discrezionalità nella Graduazione della Pena
Il cuore della decisione risiede nel principio della discrezionalità del giudice di merito nella graduazione della pena. La Cassazione ha ribadito un orientamento consolidato: la scelta sull’entità della pena, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice che ha valutato i fatti (Tribunale e Corte d’Appello).
Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono al giudice di considerare:
* La gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo e ogni altra modalità dell’azione).
* La capacità a delinquere del colpevole (i motivi a delinquere, il carattere, i precedenti penali e giudiziari, la condotta).
Nel caso specifico, la Suprema Corte ha verificato che la Corte d’Appello aveva correttamente motivato la sua decisione, facendo riferimento a elementi specifici (citati a pagina 7 della sentenza impugnata) che giustificavano la pena inflitta. Essendo la motivazione congrua e logicamente coerente, non sussisteva alcuno spazio per una rivalutazione in sede di legittimità. Il ruolo della Cassazione, infatti, non è quello di un ‘terzo grado’ di giudizio sui fatti, ma di controllo sulla corretta applicazione della legge.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza conferma un’importante regola processuale: non si può ricorrere in Cassazione sperando semplicemente di ottenere uno ‘sconto’ di pena. Un ricorso di legittimità deve basarsi su vizi specifici della sentenza, come un’errata interpretazione della legge o una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica.
Contestare la graduazione della pena è possibile solo se si dimostra che il giudice di merito ha violato la legge nell’esercitare la sua discrezionalità o non ha fornito alcuna giustificazione per la sua scelta. In assenza di tali vizi, il ricorso è destinato a essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna alle spese e a una sanzione pecuniaria.
È possibile fare ricorso in Cassazione solo perché si ritiene che la pena sia troppo alta?
Generalmente no. Come chiarito da questa ordinanza, un ricorso basato unicamente sulla contestazione dell’eccessività della pena è inammissibile se il giudice di merito ha adeguatamente motivato la sua decisione, poiché la graduazione della pena rientra nel suo potere discrezionale.
Cosa significa ‘discrezionalità del giudice di merito’ nella determinazione della pena?
Significa che il giudice ha il potere di stabilire l’entità della sanzione, entro i limiti di legge, basandosi sui criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del reato e la personalità del colpevole. Questa scelta deve essere supportata da una motivazione logica.
Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Come stabilito in questa ordinanza, la persona che ha presentato il ricorso viene condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro (in questo caso, 3.000 euro) in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 11673 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 11673 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 28/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: PIAZZA CALOGERO nato a RIESI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 17/04/2023 della CORTE APPELLO di TORINO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di appello di Torino, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torino, ha dichiarato non doversi procedere per il reato di cui all’art. 624, 625 n.2 cod. pen. ed ha rideterminato pena inflitta in mesi due di reclusione ed euro 36,00 di multa per i reati di cui all’art. 624 n. 2 cod. pen.;
Rilevato che il motivo unico di ricorso – con cui il ricorrente contesta l’eccessività trattamento sanzionatorio – non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per l circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità d giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare p della sentenza impugnata), che hanno condotto ad individuare una pena minima in aumento sui reati già giudicati;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2024.