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Graduazione della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato che contestava l’entità della condanna per reati in materia di armi. L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, a meno che la decisione non sia palesemente arbitraria o illogica. In questo caso, la Corte ha ritenuto il ricorso una mera riproposizione di motivi già respinti e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese e di un’ammenda.

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Pubblicato il 13 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: I Limiti del Ricorso in Cassazione

L’ordinanza in esame della Corte di Cassazione, Settima Sezione Penale, offre un’importante lezione sui limiti del ricorso per cassazione, in particolare quando si contesta la graduazione della pena stabilita dai giudici di merito. La Suprema Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, riaffermando che la determinazione dell’entità della sanzione è un’attività squisitamente discrezionale del giudice che ha valutato le prove, insindacabile in sede di legittimità se correttamente motivata.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado per una serie di reati legati al possesso illegale di armi e munizioni, previsti dagli articoli 697 e 497-bis del codice penale, nonché dalla legge speciale n. 497/1974. La sentenza di condanna veniva integralmente confermata dalla Corte d’Appello di Napoli.

Non ritenendosi soddisfatto della decisione, l’imputato, tramite i suoi legali, proponeva ricorso per cassazione. Le sue censure si concentravano su due aspetti principali: l’eccessiva severità della pena inflitta e il modo in cui il giudice aveva operato il bilanciamento tra le circostanze aggravanti e quelle attenuanti. Tuttavia, il ricorso non introduceva elementi di novità rispetto a quanto già discusso e rigettato in appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato: le questioni relative alla quantificazione della pena non sono, di norma, ammesse nel giudizio di legittimità. Il ricorso è stato giudicato come una semplice riproposizione dei motivi di appello, senza alcun reale elemento di novità o critica alla struttura logico-giuridica della sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 euro alla Cassa delle ammende.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha articolato le sue motivazioni richiamando la propria giurisprudenza costante. Il punto centrale è la netta distinzione tra il giudizio di merito (primo grado e appello) e il giudizio di legittimità (cassazione).

La Discrezionalità nella Graduazione della Pena

Il potere di determinare l’entità della pena, nel rispetto dei limiti edittali, è riservato alla discrezionalità del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del danno, l’intensità del dolo o il grado della colpa, e la capacità a delinquere del reo.

La Cassazione ha chiarito che un ricorso non può mirare a ottenere una nuova valutazione della congruità della pena. Un simile controllo è ammissibile solo se la decisione del giudice di merito risulta frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se è del tutto priva di motivazione. Nel caso di specie, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente e congrua, rendendo la doglianza inammissibile.

Il Bilanciamento delle Circostanze

Analogamente, anche il giudizio di bilanciamento tra circostanze aggravanti e attenuanti costituisce un’attività valutativa riservata al giudice di merito. La Cassazione può intervenire solo se la motivazione è assente o manifestamente illogica, ma non è tenuta a riesaminare ogni singolo criterio di valutazione. È sufficiente che la motivazione sia congrua nel suo complesso, anche se fa riferimento solo ad alcuni dei parametri previsti dall’art. 133 c.p.

Le Conclusioni

L’ordinanza in commento ribadisce un principio cruciale per chiunque intenda impugnare una sentenza penale. Non è sufficiente ritenere una pena “troppo alta” per poterla contestare con successo in Cassazione. Il ricorso deve essere costruito per evidenziare vizi specifici della sentenza impugnata, come una motivazione inesistente, contraddittoria o manifestamente illogica.

In assenza di tali vizi, il potere discrezionale del giudice di merito nella graduazione della pena è insindacabile. Questa pronuncia serve da monito: il ricorso per cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti o le valutazioni discrezionali, ma uno strumento di controllo sulla corretta applicazione della legge.

È possibile chiedere alla Corte di Cassazione di ridurre una pena ritenuta troppo severa?
No, non è possibile chiedere una semplice riconsiderazione della severità della pena. La graduazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice è stata arbitraria, palesemente illogica o priva di una motivazione sufficiente.

Cosa significa che un ricorso è una ‘mera riproposizione’ dei motivi di appello?
Significa che il ricorso non presenta nuovi argomenti giuridici o critiche specifiche alla motivazione della sentenza d’appello, ma si limita a ripetere le stesse lamentele già esaminate e respinte nel grado di giudizio precedente. Un ricorso di questo tipo è considerato inammissibile.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva. Inoltre, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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