Graduazione della Pena: I Limiti al Sindacato della Cassazione
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. Ma cosa accade se l’imputato ritiene la sanzione eccessiva? Un’ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce i confini entro cui è possibile contestare la graduazione della pena in sede di legittimità, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito. Il caso in esame offre uno spunto fondamentale per comprendere quando un ricorso contro la misura della sanzione rischia di essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso
Un soggetto, condannato dalla Corte di Appello di Roma, presentava ricorso per cassazione lamentando una violazione di legge e un vizio di motivazione. L’unico motivo di doglianza riguardava la graduazione della pena, che era stata fissata in una misura superiore al minimo edittale previsto dalla norma. Secondo il ricorrente, tale scelta non era stata adeguatamente giustificata, risultando arbitraria.
La Decisione della Corte sulla Graduazione della Pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici supremi hanno ribadito un principio consolidato: la valutazione circa la misura della pena da infliggere rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che non si verifichino due condizioni specifiche: la motivazione deve essere sufficiente e non deve essere il frutto di un ragionamento palesemente illogico o arbitrario.
Le Motivazioni
La Corte ha spiegato che il sindacato di legittimità non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sul merito della vicenda. Il compito della Cassazione è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica del percorso argomentativo seguito dal giudice che ha emesso la sentenza impugnata. La scelta di quanto “pesare” i vari elementi per determinare la pena spetta esclusivamente a chi ha giudicato i fatti.
Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva fornito una motivazione adeguata per giustificare lo scostamento dal minimo edittale. I giudici di secondo grado avevano infatti basato la loro decisione su due elementi concreti e pertinenti:
1. Il valore economico del bene oggetto del reato.
2. I precedenti penali dell’imputato.
Secondo la Cassazione, questi due fattori sono più che sufficienti a sostenere logicamente la decisione di irrogare una pena superiore al minimo. Non essendo emersa alcuna illogicità manifesta o arbitrarietà nel ragionamento della Corte territoriale, il ricorso non poteva che essere respinto. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
Le Conclusioni
Questa pronuncia conferma che contestare la graduazione della pena davanti alla Corte di Cassazione è un’impresa ardua. Non basta sostenere genericamente che la sanzione sia eccessiva. È necessario dimostrare che la decisione del giudice di merito è viziata da una motivazione inesistente, puramente apparente, o manifestamente illogica e contraddittoria. In assenza di tali vizi, la discrezionalità del giudice nel quantificare la sanzione, purché motivata e all’interno della cornice edittale, rimane insindacabile in sede di legittimità.
È possibile contestare in Cassazione la quantità di pena inflitta se è superiore al minimo di legge?
Generalmente no. La graduazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito. Può essere contestata solo se la motivazione è assente, insufficiente, o basata su un ragionamento manifestamente illogico o arbitrario.
Quali elementi può considerare un giudice per aumentare la pena oltre il minimo edittale?
Il giudice può considerare vari elementi, come la gravità del fatto e la personalità dell’imputato. Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto legittima la decisione basata sul valore economico del bene oggetto del reato e sui precedenti penali del condannato.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende, come sanzione per aver adito la Corte con un ricorso privo dei requisiti di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31879 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31879 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a ROMA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/11/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale genericamente si contesta la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla determinazione del trattamento sanzioNOMErio in misura superiore al minimo edittale, non è consentito in sede di legittimità poiché la graduazione della pena, implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito, sfugge al sindacato di legittimità qualora, come nella specie, sia sorretta da sufficiente motivazione e non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento manifestamente illogico (si veda, in particolare, pag. 2 sul valore economico del bene ricettato e sui precedenti penali dell’imputato che giustificavano lo scostamento dal minimo edittale);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 9 luglio 2024
Il Consigliere estensore
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Il Presid nte