Graduazione della Pena: Il Ricorso è Inammissibile se Manca una Reale Carenza di Motivazione
Con la recente ordinanza n. 31057 del 2024, la Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale: la graduazione della pena è un’attività che rientra pienamente nella sfera di discrezionalità del giudice di merito. Un ricorso basato esclusivamente sulla presunta eccessività della sanzione irrogata, senza evidenziare vizi logici o motivazionali gravi, è destinato a essere dichiarato inammissibile. Analizziamo questa importante pronuncia per comprendere i limiti del sindacato della Suprema Corte in materia.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato da un imputato, condannato in primo e secondo grado per il reato di furto pluriaggravato. La Corte di Appello di Palermo aveva confermato la sentenza di condanna emessa dal Tribunale. L’imputato, non rassegnandosi alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la mancanza di motivazione in ordine all’eccessività della pena inflitta. In sostanza, il ricorrente lamentava che i giudici di merito avessero irrogato una sanzione troppo severa senza fornire una giustificazione adeguata.
La Decisione della Corte sulla Graduazione della Pena
La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui le valutazioni relative alla quantificazione della pena non possono essere oggetto di un nuovo esame in sede di legittimità. Questo tipo di giudizio, infatti, è limitato al controllo della corretta applicazione della legge e della logicità della motivazione, non potendo trasformarsi in una terza istanza di merito per rivalutare i fatti o le scelte discrezionali del giudice.
Le Motivazioni
La Corte ha chiarito che la determinazione della pena, inclusa la valutazione delle circostanze aggravanti e attenuanti e la fissazione della pena base, è espressione del potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei principi sanciti dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, che impongono al giudice di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo.
Nel caso specifico, la Cassazione ha ritenuto che l’onere motivazionale del giudice d’appello fosse stato ‘adeguatamente assolto’. La sentenza impugnata, infatti, conteneva un ‘congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti’ per la quantificazione della pena. Di conseguenza, il motivo di ricorso è stato giudicato non solo inammissibile per legge, ma anche manifestamente infondato. La Corte ha sottolineato che non è sufficiente lamentare genericamente l’eccessività della sanzione; è necessario dimostrare che la motivazione del giudice sia totalmente assente, palesemente illogica o contraddittoria, circostanze non riscontrate nel provvedimento in esame.
Le Conclusioni
Questa ordinanza conferma che la strada per contestare la misura della pena in Cassazione è estremamente stretta. Gli avvocati devono essere consapevoli che un ricorso fondato su una critica generica alla graduazione della pena ha scarsissime probabilità di successo. Per superare il vaglio di ammissibilità, è indispensabile individuare e argomentare specifici vizi logico-giuridici nel percorso motivazionale seguito dal giudice di merito. La decisione rafforza la centralità del giudizio di merito nella valutazione complessiva del fatto e della personalità dell’imputato, relegando la Corte di Cassazione al suo ruolo di custode della corretta interpretazione e applicazione della legge.
È possibile ricorrere in Cassazione se si ritiene una pena troppo alta?
No, un ricorso basato unicamente sulla percezione che la pena sia eccessiva non è consentito. La determinazione della pena è una decisione discrezionale del giudice di merito e può essere contestata in Cassazione solo se la motivazione è completamente assente, manifestamente illogica o contraddittoria.
Quali sono i poteri del giudice nel determinare la pena?
Il giudice di merito ha il potere discrezionale di stabilire l’entità della pena entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge. Questa decisione deve basarsi sui criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale, valutando la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità del ricorso?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, la sentenza impugnata diventa definitiva e non può più essere modificata. Inoltre, come nel caso di specie, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, qui fissata in tremila euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31057 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31057 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 08/07/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
ACCETTA COGNOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 16/11/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa dal Tribunale di Palermo di condanna del reato di furto pluriaggravato;
Rilevato che il motivo unico di ricorso – con cui il ricorrente denunzia mancanza di motivazione in ordine all’eccessività della pena inflitta – non è consentito dalla legge sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza a principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 5 della sentenza impugnata);
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, 1’8 luglio 2024.