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Graduazione della pena: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione, con un’ordinanza, ha dichiarato inammissibile un ricorso che contestava la graduazione della pena per un tentato furto aggravato. La decisione ribadisce che la valutazione sulla congruità della sanzione è una prerogativa del giudice di merito, non censurabile in sede di legittimità se non per manifesta illogicità, assente nel caso di specie.

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Pubblicato il 18 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della pena: l’inammissibilità del ricorso generico

Quando un imputato viene condannato, la determinazione della pena da scontare è un momento cruciale del processo. Ma cosa succede se l’imputato ritiene la pena eccessiva? Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ci offre un’importante lezione sui limiti dell’impugnazione in materia di graduazione della pena, chiarendo perché non sempre è possibile ottenere una revisione della sanzione in ultima istanza.

Il caso in esame: un ricorso contro la condanna per tentato furto

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un individuo per il reato di tentato furto aggravato, commesso a Genova nel marzo 2021. La Corte d’Appello di Genova aveva confermato la sentenza di primo grado, ritenendo l’imputato colpevole e stabilendo una determinata pena.

Ritenendo la sanzione sproporzionata, la difesa dell’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la censura sull’operata graduazione della pena. L’obiettivo era ottenere una valutazione più mite e, di conseguenza, una riduzione della condanna.

La decisione della Corte: il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non è entrata nel merito della questione – cioè se la pena fosse o meno ‘giusta’ – ma si è fermata a un livello precedente, quello della validità stessa del ricorso.

La Corte ha stabilito che il motivo presentato era generico, indeterminato e, in sostanza, proponeva una questione non consentita nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, non solo ha respinto il ricorso, ma ha anche condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle Ammende, una sanzione tipica per i ricorsi inammissibili.

Le motivazioni della Cassazione sulla graduazione della pena

La Corte ha fondato la sua decisione su un principio consolidato nel nostro ordinamento giuridico: la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito (cioè il giudice di primo e secondo grado). Questo potere non è assoluto, ma deve essere esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del Codice Penale, che impongono al giudice di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

La Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione sulla congruità della pena. Un ricorso che si limiti a chiedere una pena più mite, senza evidenziare vizi logici evidenti o un arbitrio palese nella decisione del giudice di merito, è destinato all’inammissibilità. In altre parole, non basta dire che la pena è ‘troppo alta’; è necessario dimostrare che il giudice ha ragionato in modo palesemente illogico o ha ignorato completamente i criteri di legge. Nel caso specifico, la motivazione della sentenza d’appello è stata ritenuta sufficiente e non arbitraria, precludendo così ogni ulteriore esame.

Conclusioni: cosa insegna questa ordinanza

Questa ordinanza ribadisce un punto fondamentale per chiunque si approcci al processo penale. La scelta sulla severità della sanzione è un compito affidato primariamente ai giudici che analizzano direttamente i fatti e le prove. Il giudizio della Corte di Cassazione è un controllo di legittimità, non una terza istanza di merito. Pertanto, un ricorso che contesta la graduazione della pena ha possibilità di successo solo se riesce a dimostrare un vizio grave e manifesto nel ragionamento del giudice, e non una semplice divergenza di valutazione. La genericità e l’aspecificità delle critiche portano inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con l’ulteriore aggravio di spese e sanzioni per il ricorrente.

Perché il ricorso dell’imputato è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato era generico e aspecifico. Contestava la graduazione della pena, una questione che rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere riesaminata dalla Corte di Cassazione se la decisione impugnata non è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.

La Corte di Cassazione può modificare l’entità di una pena decisa da un altro tribunale?
Di norma, no. La Corte di Cassazione non può sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito sulla congruità della pena. Può intervenire solo se la determinazione della sanzione è viziata da un errore di diritto o da una motivazione totalmente assente, manifestamente illogica o contraddittoria, cosa che non è stata ravvisata in questo caso.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente dopo la dichiarazione di inammissibilità?
Oltre a vedersi confermata la condanna, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Questa è una conseguenza standard prevista dalla legge quando un ricorso viene dichiarato inammissibile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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