Graduazione della Pena: La Cassazione Stabilisce i Limiti del Ricorso
L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione quando si contesta la graduazione della pena. Spesso, la difesa tenta di ottenere uno ‘sconto’ di pena in ultimo grado, ma la Suprema Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione, bensì di controllare la logicità e la legalità della decisione impugnata. Analizziamo come i giudici hanno applicato questo principio a un caso di tentato furto aggravato.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il reato di tentato furto aggravato, commesso in Roma. La sentenza di primo grado era stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Roma, che aveva ritenuto congrua la pena inflitta.
Contro questa decisione, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione relativa alla quantificazione della sanzione. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente gli elementi a disposizione per determinare una pena più mite.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione, netta e perentoria, si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la valutazione sulla misura della pena è una prerogativa esclusiva del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere oggetto di una nuova e diversa valutazione in sede di Cassazione, a meno che non emergano vizi di manifesta illogicità o violazione di legge.
Le motivazioni della Cassazione sulla graduazione della pena
I giudici della Suprema Corte hanno articolato il loro ragionamento su più punti fondamentali. In primo luogo, hanno osservato che il motivo di ricorso proposto era essenzialmente una riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere elementi di novità o criticare specificamente la logica della sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere doglianze pregresse.
In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo. Il sindacato della Cassazione può intervenire solo se la determinazione della pena è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico” e non è sorretta da una motivazione sufficiente.
Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva adeguatamente motivato la sua scelta, valorizzando elementi concreti come:
* La tipologia dei beni oggetto del tentato furto.
* Le modalità dell’azione, ritenute indicative di una particolare propensione a commettere reati contro il patrimonio.
* La capacità a delinquere dell’imputata.
* I precedenti penali specifici.
Poiché la motivazione era presente, logica e coerente con i principi di legge, non vi era spazio per un intervento correttivo da parte della Corte di Cassazione. Dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle Ammende.
Le conclusioni e le implicazioni pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per gli operatori del diritto, l’insegnamento è chiaro: un ricorso in Cassazione che mira a una riduzione della pena ha scarse probabilità di successo se si limita a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito senza evidenziare un vizio logico palese o una violazione di legge. Non basta sostenere che la pena sia ‘eccessiva’; è necessario dimostrare perché la motivazione che la sostiene è irragionevole, arbitraria o contraddittoria. La difesa deve quindi concentrarsi sulla struttura logica della sentenza impugnata, piuttosto che sperare in una riconsiderazione del fatto nel merito, preclusa nel giudizio di legittimità.
È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione della congruità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o non è supportata da una motivazione sufficiente, in violazione dei criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.).
Perché il ricorso sulla graduazione della pena è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a replicare le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di critica. Inoltre, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica e sufficiente, avendo il giudice di merito correttamente valutato la tipologia di reato, le modalità dell’azione e i precedenti dell’imputata.
Quali criteri ha usato il giudice di merito per stabilire la pena in questo caso?
Il giudice di merito ha basato la sua decisione sulla tipologia di beni oggetto del tentato furto, sulle modalità dell’azione (che indicavano una particolare propensione a delinquere), sulla capacità a delinquere e sui precedenti penali specifici dell’imputata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 5402 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 5402 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ROMA il 20/08/1961
avverso la sentenza del 03/05/2024 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO
che, con l’impugnata sentenza, la Corte di Appello di Roma ha confermato la condanna inflitta a COGNOME per il delitto di cui agli artt. 56, 624 e 625, comma 1, nn. 4 e 8-bis cod. pen. (fatto commesso in Roma il 12 settembre 2023);
che l’atto di impugnativa consta di un solo motivo;
CONSIDERATO IN DIRITTO
che il proposto motivo, proteso a censurare l’operata graduazione della pena, oltre che replicare senza alcun elemento di effettiva novità i rilievi articolati con i motivi di gravame, correttamente e congruamente disattesi dal giudice di appello, prospetta questione non consentita nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondata, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita i aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in Cassazione miri ad una nuova valutazione della sua congruità ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013 – dep. 04/02/2014, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007 – dep. 11/01/2008, Rv. 238851), come nel caso di specie (vedasi pag. 5, punto 1.3, della sentenza impugnata, in cui la Corte territoriale ha valorizzato, al fine di ritenere congrua la pena inflitta, la tipologia di beni oggetto della cond delittuosa, le modalità dell’azione, indicative di una particolare propensione a commettere reati contro il patrimonio e di capacità a delinquere, e i precedenti specifici dell’imputata);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 15 gennaio 2025
Il Consigliere estensore
Il Fresidente