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Graduazione della pena: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5402/2025, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un’imputata condannata per tentato furto aggravato. Il motivo d’appello, incentrato sulla graduazione della pena, è stato ritenuto una mera ripetizione di argomentazioni già respinte e privo di critiche specifiche all’illogicità della motivazione del giudice di merito, confermando che la determinazione della sanzione rientra nella sua discrezionalità.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: La Cassazione Stabilisce i Limiti del Ricorso

L’ordinanza in esame offre un importante chiarimento sui limiti del ricorso in Cassazione quando si contesta la graduazione della pena. Spesso, la difesa tenta di ottenere uno ‘sconto’ di pena in ultimo grado, ma la Suprema Corte ribadisce che il suo ruolo non è quello di effettuare una nuova valutazione, bensì di controllare la logicità e la legalità della decisione impugnata. Analizziamo come i giudici hanno applicato questo principio a un caso di tentato furto aggravato.

I Fatti del Processo

Il caso ha origine dalla condanna di una donna per il reato di tentato furto aggravato, commesso in Roma. La sentenza di primo grado era stata integralmente confermata dalla Corte di Appello di Roma, che aveva ritenuto congrua la pena inflitta.

Contro questa decisione, l’imputata ha proposto ricorso per Cassazione, affidandosi a un unico motivo: la contestazione relativa alla quantificazione della sanzione. Secondo la difesa, i giudici di merito non avrebbero valutato correttamente gli elementi a disposizione per determinare una pena più mite.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione, netta e perentoria, si fonda su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la valutazione sulla misura della pena è una prerogativa esclusiva del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) e non può essere oggetto di una nuova e diversa valutazione in sede di Cassazione, a meno che non emergano vizi di manifesta illogicità o violazione di legge.

Le motivazioni della Cassazione sulla graduazione della pena

I giudici della Suprema Corte hanno articolato il loro ragionamento su più punti fondamentali. In primo luogo, hanno osservato che il motivo di ricorso proposto era essenzialmente una riproposizione delle stesse argomentazioni già presentate e respinte dalla Corte di Appello. Un ricorso in Cassazione, per essere ammissibile, deve contenere elementi di novità o criticare specificamente la logica della sentenza impugnata, non limitarsi a ripetere doglianze pregresse.

In secondo luogo, e questo è il cuore della decisione, la Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che includono la gravità del fatto e la capacità a delinquere del reo. Il sindacato della Cassazione può intervenire solo se la determinazione della pena è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico” e non è sorretta da una motivazione sufficiente.

Nel caso specifico, la Corte di Appello aveva adeguatamente motivato la sua scelta, valorizzando elementi concreti come:

* La tipologia dei beni oggetto del tentato furto.
* Le modalità dell’azione, ritenute indicative di una particolare propensione a commettere reati contro il patrimonio.
* La capacità a delinquere dell’imputata.
* I precedenti penali specifici.

Poiché la motivazione era presente, logica e coerente con i principi di legge, non vi era spazio per un intervento correttivo da parte della Corte di Cassazione. Dichiarando inammissibile il ricorso, la Corte ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di 3.000,00 Euro in favore della Cassa delle Ammende.

Le conclusioni e le implicazioni pratiche

Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso. Per gli operatori del diritto, l’insegnamento è chiaro: un ricorso in Cassazione che mira a una riduzione della pena ha scarse probabilità di successo se si limita a contestare la valutazione discrezionale del giudice di merito senza evidenziare un vizio logico palese o una violazione di legge. Non basta sostenere che la pena sia ‘eccessiva’; è necessario dimostrare perché la motivazione che la sostiene è irragionevole, arbitraria o contraddittoria. La difesa deve quindi concentrarsi sulla struttura logica della sentenza impugnata, piuttosto che sperare in una riconsiderazione del fatto nel merito, preclusa nel giudizio di legittimità.

È possibile contestare in Cassazione la misura della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione della congruità della pena. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice di merito è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o non è supportata da una motivazione sufficiente, in violazione dei criteri legali (artt. 132 e 133 c.p.).

Perché il ricorso sulla graduazione della pena è stato dichiarato inammissibile in questo caso?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a replicare le stesse argomentazioni già respinte dalla Corte d’Appello, senza introdurre nuovi elementi di critica. Inoltre, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse logica e sufficiente, avendo il giudice di merito correttamente valutato la tipologia di reato, le modalità dell’azione e i precedenti dell’imputata.

Quali criteri ha usato il giudice di merito per stabilire la pena in questo caso?
Il giudice di merito ha basato la sua decisione sulla tipologia di beni oggetto del tentato furto, sulle modalità dell’azione (che indicavano una particolare propensione a delinquere), sulla capacità a delinquere e sui precedenti penali specifici dell’imputata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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