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Graduazione della pena: quando è inammissibile il ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello che aveva rideterminato la sua pena per reati fallimentari. I giudici hanno stabilito che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e non può essere rivalutata in sede di legittimità, a meno che non sia palesemente illogica o arbitraria, cosa non riscontrata nel caso di specie.

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Pubblicato il 9 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della pena: i limiti al ricorso in Cassazione

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. Ma fino a che punto questa decisione può essere contestata in Corte di Cassazione? Una recente ordinanza ribadisce un principio fondamentale: la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito e il ricorso in sede di legittimità è ammissibile solo in casi eccezionali. Analizziamo questa importante pronuncia per capire i confini di tale discrezionalità.

I Fatti di Causa

Il caso trae origine da una condanna per reati fallimentari. L’imputato, condannato in primo grado, si era rivolto alla Corte d’Appello, la quale aveva parzialmente riformato la sentenza. In particolare, i giudici di secondo grado avevano riqualificato i reati contestati e confermato la responsabilità penale solo per le condotte poste in essere in un arco temporale più ristretto (dal 2013 al 2015), procedendo a una nuova determinazione della sanzione.

Non soddisfatto della pena inflitta, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, lamentando proprio l’errata, a suo dire, quantificazione della pena operata dalla Corte territoriale. I motivi del ricorso, tuttavia, non introducevano elementi di novità, limitandosi a riproporre le stesse censure già esaminate e respinte in appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte, con una decisione netta, ha dichiarato il ricorso inammissibile. I giudici hanno stabilito che le questioni sollevate dall’imputato non potevano trovare ingresso nel giudizio di legittimità. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Motivazioni: la Discrezionalità nella Graduazione della Pena

Il cuore della decisione risiede nella natura del giudizio di cassazione e nei limiti entro cui può essere criticata la graduazione della pena. La Corte ha ribadito che la determinazione dell’entità della sanzione è espressione del potere discrezionale del giudice di merito, il quale deve esercitarlo seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere del reo, etc.).

Un ricorso in Cassazione che miri a ottenere una nuova e diversa valutazione della congruità della pena è, per sua natura, inammissibile. Il giudizio di legittimità, infatti, non è una terza istanza di merito dove si possono riesaminare i fatti e le valutazioni. È possibile contestare la quantificazione della pena solo in due ipotesi specifiche:

1. Quando la decisione del giudice è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico.
2. Quando la motivazione a sostegno della pena inflitta è insufficiente o contraddittoria.

Nel caso in esame, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Corte d’Appello avesse fornito una motivazione congrua e logica per la pena irrogata, respingendo le critiche dell’imputato. Pertanto, il ricorso, limitandosi a replicare doglianze già respinte e a sollecitare una rivalutazione del merito, è stato giudicato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale pacifico. Essa serve da monito: non è sufficiente essere in disaccordo con la pena inflitta per poterla contestare con successo in Cassazione. È necessario dimostrare un vizio grave nel processo decisionale del giudice, come l’illogicità manifesta o la totale assenza di motivazione. Proporre un ricorso basato su una semplice richiesta di ricalcolo della pena, senza evidenziare vizi di legittimità, espone al rischio concreto di una dichiarazione di inammissibilità e a ulteriori condanne economiche.

È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena decisa dal giudice?
Sì, ma solo a condizioni molto specifiche. Non è possibile chiedere alla Cassazione una nuova valutazione nel merito della congruità della pena, ma si può contestare la decisione solo se è frutto di mero arbitrio, di un ragionamento palesemente illogico o se la motivazione è insufficiente.

Cosa significa che la graduazione della pena è “discrezionale”?
Significa che il giudice di merito, nel rispetto dei limiti minimi e massimi previsti dalla legge per un certo reato, ha il potere di scegliere la sanzione concreta da applicare, basando la sua decisione sulla gravità del fatto e sulla personalità dell’imputato, come indicato dagli artt. 132 e 133 del codice penale.

Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché si limitava a criticare la quantificazione della pena senza introdurre nuovi elementi di diritto, replicando argomenti già correttamente respinti dalla Corte d’Appello. La Cassazione ha ritenuto che la decisione impugnata fosse sorretta da una motivazione sufficiente e non illogica.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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