Graduazione della Pena: Quando la Motivazione del Giudice è Sufficiente?
La determinazione della giusta punizione è uno dei compiti più delicati del giudice. La graduazione della pena è un processo che richiede un’attenta valutazione di molteplici fattori, bilanciando la gravità del reato con la necessità di rieducazione del condannato. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 46051/2024) offre un’importante chiarificazione sui limiti dell’obbligo di motivazione del giudice in questo ambito, specialmente quando si utilizzano espressioni sintetiche come ‘pena congrua’.
I Fatti del Caso: Un Ricorso per Mancata Motivazione
Il caso trae origine dal ricorso di un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello. L’unico motivo di doglianza sollevato dalla difesa riguardava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione. Secondo il ricorrente, la Corte di merito non aveva adeguatamente spiegato le ragioni per cui la pena non era stata ulteriormente ridotta, violando così l’obbligo di motivazione.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile. Gli Ermellini hanno stabilito che la decisione del giudice di merito era legittima e non richiedeva una spiegazione più dettagliata. Il ricorrente è stato quindi condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma a favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni: La Discrezionalità nella Graduazione della Pena
Il cuore della decisione risiede nel principio consolidato secondo cui la graduazione della pena, inclusa la concessione e la quantificazione delle circostanze attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato nel rispetto dei criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
Il Principio della ‘Pena Congrua’
La Corte ha ribadito un orientamento giurisprudenziale costante: per adempiere al proprio obbligo di motivazione, è sufficiente che il giudice utilizzi espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’. Queste formule, sebbene generiche, sono considerate idonee a comunicare che il giudice ha ponderato tutti gli elementi del caso e ha ritenuto la sanzione applicata giusta e proporzionata.
Conclusioni: Quando è Necessaria una Motivazione Rafforzata
L’ordinanza chiarisce un punto fondamentale: un obbligo di motivazione più specifico e dettagliato sorge solo in casi eccezionali. In particolare, il giudice è tenuto a fornire una spiegazione analitica del suo ragionamento soltanto quando la pena inflitta si discosta notevolmente dalla misura media edittale, risultando ‘di gran lunga superiore’. In assenza di tale circostanza, la discrezionalità del giudice, espressa anche con formule concise, rimane insindacabile in sede di legittimità. Questa pronuncia conferma la fiducia dell’ordinamento nella capacità del giudice di merito di calibrare la sanzione in modo equo, senza imporre un onere motivazionale eccessivo per decisioni che rientrano nella normalità applicativa.
Quando il giudice deve fornire una motivazione dettagliata per la pena inflitta?
Secondo la Corte, una motivazione specifica e dettagliata è necessaria soltanto quando la pena applicata risulta di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge per quel reato.
L’uso di espressioni come ‘pena congrua’ è sufficiente a motivare una sentenza?
Sì, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza, espressioni come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’ sono sufficienti a soddisfare l’obbligo di motivazione del giudice, in quanto si presume che abbia valutato tutti gli elementi del caso.
La valutazione delle circostanze attenuanti rientra nel potere discrezionale del giudice?
Sì, la graduazione della pena, che include la concessione e la quantificazione delle circostanze attenuanti e aggravanti, rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi degli artt. 132 e 133 del codice penale.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 46051 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 46051 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 05/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 17/01/1987
avverso la sentenza del 22/02/2024 della CORTE APPELLO di VENEZIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di COGNOME NOMECOGNOME
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella massima estensione, è manifestamente infondato in quanto la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previste per le circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. (si veda, in proposito, pag. 4 sulla gravità della condotta) e, peraltro, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte,è sufficiente che il giudice, per assolvere al proprio obbligo di motivazione, utilizzi espressioni del tipo: «pena congrua», «pena equa» o «congruo aumento», essendo, invece, necessaria una specifica e dettagliata spiegazione del ragionamento seguito soltanto quando la pe+ia di gran lunga superiore alla misura media;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 5 novembre 2024
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Il Consigliere estensore
Il Presidente