Graduazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile?
La determinazione della giusta punizione è uno dei compiti più delicati del giudice. La graduazione della pena è il processo con cui si stabilisce l’entità della sanzione, un potere che la legge affida alla sua discrezionalità. Ma fino a che punto questa scelta può essere contestata? Una recente ordinanza della Corte di Cassazione (n. 4004/2025) offre un’importante lezione sui limiti del sindacato di legittimità in questa materia.
I Fatti del Caso
Un imputato, condannato dalla Corte di Appello di Lecce, ha presentato ricorso in Cassazione. Le sue censure si concentravano su due aspetti principali: la presunta eccessiva severità della pena inflitta e la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche. Secondo il ricorrente, il giudice di secondo grado non avrebbe valutato adeguatamente gli elementi a suo favore, applicando una pena sproporzionata.
La Decisione della Corte sulla Graduazione della Pena
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando un principio consolidato nel nostro ordinamento. La scelta relativa alla graduazione della pena, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
La Suprema Corte ha chiarito che un ricorso non può mirare a ottenere una nuova valutazione della congruità della pena. Il giudizio di cassazione non è un terzo grado di merito, ma un controllo sulla corretta applicazione della legge. Pertanto, la decisione del giudice può essere annullata solo se è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”, una circostanza che i giudici non hanno ravvisato nel caso specifico. La Corte d’Appello, infatti, aveva motivato la sua decisione facendo riferimento alla capacità a delinquere dell’imputato.
Il Diniego delle Circostanze Attenuanti Generiche
Anche la seconda doglianza, relativa al diniego delle attenuanti generiche, è stata respinta. La Cassazione ha ritenuto la motivazione della Corte d’Appello “esente da manifesta illogicità” e, quindi, non censurabile in sede di legittimità. I giudici hanno richiamato un principio fondamentale: per negare le attenuanti generiche, non è necessario che il giudice analizzi ogni singolo elemento favorevole o sfavorevole. È sufficiente che si soffermi sugli aspetti ritenuti decisivi.
Nel caso in esame, l’elemento determinante erano i “molteplici precedenti penali” dell’imputato. Questa valutazione, secondo la Cassazione, ha assorbito e superato ogni altra possibile considerazione, rendendo la decisione pienamente giustificata.
Le Motivazioni
Le motivazioni dell’ordinanza si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La graduazione della pena è un’attività valutativa che spetta a chi ha esaminato le prove e conosciuto direttamente il processo. La Cassazione interviene solo per correggere errori di diritto o vizi logici macroscopici nella motivazione, non per sostituire la propria valutazione a quella del giudice precedente. Il richiamo alla capacità a delinquere, desunta anche dai precedenti, è stato considerato un argomento giuridicamente corretto e sufficiente a sostenere sia l’entità della pena base sia il diniego delle attenuanti. La Corte ha ribadito che il giudice non ha l’obbligo di un’analitica confutazione di ogni elemento, potendo concentrarsi su quelli che ritiene più rilevanti per la decisione.
Conclusioni
Questa pronuncia rafforza l’autonomia e la discrezionalità del giudice di merito nella commisurazione della pena. Per chi intende impugnare una sentenza sotto questo profilo, non è sufficiente lamentare una generica “eccessività” della sanzione. È necessario, invece, dimostrare un’evidente illogicità o un’arbitrarietà nel ragionamento del giudice, un compito estremamente arduo. La decisione sottolinea inoltre il peso significativo che i precedenti penali possono avere non solo sulla graduazione della pena, ma anche sulla possibilità di ottenere benefici come le attenuanti generiche, confermando che il passato criminale di un imputato è un fattore centrale nella valutazione della sua personalità.
È possibile contestare in Cassazione la severità di una pena decisa dal giudice?
No, non è possibile chiedere alla Corte di Cassazione una nuova valutazione sulla congruità della pena. La censura è ammissibile solo se la determinazione della pena da parte del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, cosa che non è stata riscontrata nel caso di specie.
Perché al ricorrente non sono state concesse le circostanze attenuanti generiche?
La concessione è stata negata a causa dei molteplici precedenti penali dell’imputato. La Corte ha ritenuto che la motivazione del giudice di merito fosse logica e sufficiente, in quanto per negare le attenuanti non è necessario esaminare tutti gli elementi, ma basta fare riferimento a quelli ritenuti decisivi, come appunto la storia criminale del soggetto.
Cosa significa che la valutazione del giudice sulla pena è “discrezionale”?
Significa che la legge affida al giudice di merito il potere di scegliere l’entità della sanzione all’interno di una cornice legale (minimo e massimo edittale), basando la sua decisione su criteri normativi come la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo (artt. 132 e 133 c.p.). Questa scelta non è arbitraria, ma deve essere motivata.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 4004 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 4004 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ORIA il 05/07/1965
avverso la sentenza del 15/01/2024 della CORTE APPELLO di LECCE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso.
Rilevato che gli stessi sono riproduttivi di censure già adeguatamente vagliate e disattese con corretti argomenti giuridici dal giudice di merito.
La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre in presenza dell’apprezzamento del giudice di merito che ha richiamato la capacità a delinquere dell’imputato (pag. 2);
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata da motivazione esente da manifesta illogicità, e, pertanto, insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, COGNOME, Rv. 242419), anche considerato il principio affermato da questa Corte secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenu decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (Sez. 2, n.3 609 del 18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv. 248244) e, nel caso in esame, la sentenza impugnata si è attenuta a tali regole, evidenziando i molteplici precedenti penali dell’imputato (cfr. pag. 1).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/10/2024.