Graduazione della Pena: Quando il Ricorso in Cassazione è Inammissibile
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cardine del nostro sistema processuale penale: la graduazione della pena è una prerogativa del giudice di merito e non può essere contestata in sede di legittimità sulla base di una mera percezione di ‘eccessività’. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere i limiti del ricorso in Cassazione e l’autonomia dei giudici di primo e secondo grado nel determinare la sanzione.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine da una condanna emessa dal Tribunale di Roma per il reato di false dichiarazioni a un pubblico ufficiale, previsto dall’articolo 495 del codice penale. La sentenza era stata successivamente confermata dalla Corte d’Appello di Roma. L’imputato, non rassegnato alla decisione, ha proposto ricorso per Cassazione, affidando la sua difesa a un unico motivo: un presunto vizio di motivazione legato all’eccessività della pena inflitta.
Il Ricorso e la Discrezionalità nella Graduazione della Pena
L’imputato ha sostenuto che la sanzione fosse sproporzionata. Tuttavia, la Corte di Cassazione ha prontamente rilevato come questo tipo di doglianza non sia, di per sé, ammissibile in sede di legittimità. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, la graduazione della pena rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo significa che spetta al Tribunale e alla Corte d’Appello stabilire l’entità della sanzione, bilanciando attenuanti e aggravanti e fissando la pena base, nel rispetto dei principi guida dettati dagli articoli 132 e 133 del codice penale.
Le Motivazioni
La Corte Suprema ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’. I giudici hanno spiegato che il potere discrezionale del giudice di merito nella commisurazione della pena non è sindacabile in Cassazione, a patto che sia stato esercitato in modo logico e con una motivazione adeguata. Nel caso specifico, la Corte d’Appello aveva correttamente adempiuto al proprio onere argomentativo, facendo riferimento a elementi ritenuti decisivi per giustificare la pena inflitta. Il ricorso dell’imputato, al contrario, si limitava a una ‘rievocazione dei fatti’ e a una ‘apodittica critica’ al trattamento sanzionatorio, senza evidenziare un reale vizio logico o una violazione di legge nella sentenza impugnata. Di conseguenza, il ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Le Conclusioni
La decisione è netta: non ci si può rivolgere alla Cassazione lamentando semplicemente che una pena sia ‘troppo alta’. Per poter contestare la sanzione in sede di legittimità, è necessario dimostrare che il giudice di merito abbia violato la legge o abbia fornito una motivazione palesemente illogica o contraddittoria. In assenza di tali vizi, la valutazione sull’entità della pena rimane insindacabile. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per l’imputato la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro a favore della Cassa delle ammende, a conferma della serietà con cui l’ordinamento sanziona i ricorsi temerari o privi dei requisiti di legge.
È possibile contestare in Cassazione una pena ritenuta troppo severa?
No, un ricorso basato unicamente sulla presunta eccessività della pena non è consentito in sede di legittimità. La determinazione della sanzione è un potere discrezionale del giudice di merito, sindacabile solo se la motivazione è palesemente illogica o viola la legge.
Su quali basi il giudice decide l’entità di una condanna?
Il giudice determina la cosiddetta ‘graduazione della pena’ esercitando la propria discrezionalità in aderenza ai principi degli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Se il ricorso viene dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende. In questo caso, la somma è stata fissata in 3.000 euro.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31476 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31476 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/05/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di ROMA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
NUMERO_DOCUMENTO
Rilevato che l’imputato NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza con cui la Corte di Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma di condanna per il reato di cui all’art. 495 cod. pen.;
Rilevato che il motivo unico di ricorso -con cui il ricorrente denunzia vizio di motivazio in relazione all’eccessività del trattamento sanzionatorio – non è consentito dalla legge in sed di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nell discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli a 132 e 133 cod. pen.; che nella specie l’onere argomentativo del giudice è stato adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti, mentre ricorso si risolve in una rievocazione dei fatti e in un’apodittica critica al tratta sanzionatorio;
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 16 maggio 2024.