Graduazione della Pena: Quando la Scelta del Giudice è Insindacabile
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. Ma fino a che punto la sua decisione può essere contestata in Cassazione? Una recente ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini della discrezionalità del giudice nella graduazione della pena, sottolineando come il suo operato sia difficilmente censurabile se adeguatamente motivato. Questo principio è fondamentale per comprendere le reali possibilità di successo di un ricorso basato unicamente sull’entità della sanzione.
I Fatti del Caso
Il caso esaminato dalla Corte di Cassazione trae origine dal ricorso di un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello di Bologna. Il ricorrente non contestava la sua colpevolezza, ma lamentava esclusivamente la determinazione del trattamento sanzionatorio, ritenendolo eccessivo. A suo avviso, la decisione dei giudici di secondo grado era viziata da una violazione di legge e da un difetto di motivazione, in particolare per quanto riguarda la quantificazione della pena base e gli aumenti applicati.
La Decisione della Corte di Cassazione
Con l’ordinanza in commento, la settima sezione penale della Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. Di conseguenza, la sentenza della Corte d’Appello è diventata definitiva. La Suprema Corte ha inoltre condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende, una sanzione pecuniaria tipica in caso di ricorsi inammissibili.
Le Motivazioni della Sentenza: La Discrezionalità nella Graduazione della Pena
Il cuore della decisione risiede nel principio, consolidato in giurisprudenza, secondo cui la graduazione della pena rientra pienamente nella discrezionalità del giudice di merito. Quest’ultimo, nel decidere l’entità della sanzione, deve attenersi ai criteri guida forniti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di valutare la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.
La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella del giudice di merito, ma solo di verificare che tale valutazione non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Nel caso specifico, i giudici di legittimità hanno riscontrato che la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione sufficiente e coerente per la pena inflitta. In particolare, la sentenza impugnata aveva tenuto conto di elementi concreti quali:
* L’entità dei danni provocati dal reato.
* Le specifiche modalità con cui il fatto era stato commesso.
* Il ruolo determinante svolto dall’imputato.
* I precedenti penali a suo carico.
Inoltre, la Corte ha osservato che era già stato valorizzato un parziale risarcimento del danno, che aveva portato a una congrua riduzione della pena originariamente irrogata. Poiché la decisione era supportata da una motivazione logica e aderente ai fatti, essa sfuggiva al sindacato di legittimità.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica: presentare un ricorso in Cassazione lamentando unicamente l’eccessiva severità della pena è un’iniziativa ad alto rischio di insuccesso. Per poter sperare in un accoglimento, non è sufficiente sostenere che si sarebbe potuta applicare una pena più mite; è invece necessario dimostrare che il giudice di merito ha esercitato il suo potere discrezionale in modo arbitrario, irragionevole o in violazione dei criteri legali. In assenza di tali vizi, la valutazione sulla graduazione della pena effettuata nei gradi di merito rimane insindacabile, confermando l’ampia autonomia decisionale del giudice nella commisurazione della sanzione penale.
È possibile impugnare una sentenza davanti alla Corte di Cassazione solo perché si ritiene la pena troppo alta?
No, in linea di principio. Il ricorso è ammissibile solo se si dimostra che la decisione del giudice sulla pena è frutto di un’evidente illogicità, di un’arbitrarietà o di una violazione di legge, non semplicemente perché si desidera una pena più mite.
Quali elementi considera il giudice per decidere l’entità della pena?
Il giudice considera vari elementi indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del danno causato, le modalità dell’azione, i precedenti penali dell’imputato e il suo comportamento, incluso l’eventuale risarcimento del danno.
Cosa succede se la Corte di Cassazione dichiara un ricorso inammissibile?
La sentenza impugnata diventa definitiva. Come stabilito in questo caso, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31648 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31648 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/06/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME ( CODICE_FISCALE ) nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/12/2023 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME;
ritenuto che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione legge e il difetto di motivazione in ordine alla determinazione del trattam sanzionatorio, non è consentito poiché la graduazione della pena, anche relazione agli aumenti e alle diminuzioni previste per le circostanze aggravan attenuanti e agli aumenti per continuazione, rientra nella discrezionalit giudice di merito, il quale la esercita in aderenza ai principi enunciati neg 132 e 133 cod. pen., e sfugge al sindacato di legittimità qualora, come nella sp non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorre sufficiente motivazione (si vedano, in particolare, pagg. 3 e 4 sull’entità de cagionati, sulle modalità del fatto e sul ruolo assolto dall’imputato, an considerazione dei precedenti a suo carico nonché sul parziale risarcimento, valorizzato al fine di una congrua riduzione della pena originariamente irrogat rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma d euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle sp processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 21 giugno 2024
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