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Graduazione della pena: i limiti del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso, confermando la sentenza di merito per un reato di lieve entità. L’ordinanza ribadisce che la graduazione della pena è un potere discrezionale del giudice di primo e secondo grado. Un ricorso che contesta l’adeguatezza della sanzione è inammissibile se la decisione del giudice non è palesemente arbitraria o illogica, specialmente quando la pena inflitta è vicina al minimo legale.

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Pubblicato il 13 luglio 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: Il Ruolo del Giudice e i Limiti del Ricorso

La graduazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a tradurre in una sanzione concreta la valutazione sulla gravità di un reato e sulla colpevolezza dell’imputato. Ma quali sono i limiti di questo potere? E fino a che punto una decisione sulla quantità della pena può essere contestata in Cassazione? Un’ordinanza della Suprema Corte chiarisce i confini della discrezionalità del giudice di merito e l’inammissibilità dei ricorsi che mirano a una nuova valutazione nel merito.

Il Caso in Esame: Dal Tribunale alla Cassazione

Il caso analizzato prende le mosse da una condanna per un reato legato agli stupefacenti. La Corte d’Appello, riformando parzialmente la sentenza di primo grado, aveva riqualificato il fatto come di lieve entità ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti, rideterminando di conseguenza la pena.

Nonostante la pena inflitta fosse sensibilmente inferiore a quella originaria e prossima ai minimi di legge, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione, lamentando un vizio di motivazione. A suo dire, la Corte d’Appello aveva determinato la nuova sanzione in maniera ‘apodittica’, ovvero senza fornire una giustificazione adeguata.

Il Principio della Graduazione della Pena secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, cogliendo l’occasione per ribadire alcuni principi fondamentali in materia di determinazione della sanzione penale.

La Discrezionalità del Giudice di Merito

Il fulcro della decisione risiede nel riconoscimento dell’ampia discrezionalità del giudice di merito (Tribunale e Corte d’Appello) nella graduazione della pena. Questo potere, da esercitare nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato, capacità a delinquere, etc.), non può essere messo in discussione in sede di legittimità se non in casi eccezionali.

Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di giudizio sui fatti. Pertanto, è inammissibile una censura che miri a ottenere una nuova valutazione della congruità della pena, a meno che la determinazione del giudice non sia il risultato di un palese arbitrio o di un ragionamento manifestamente illogico.

Quando è Necessaria una Motivazione Dettagliata?

Un altro punto cruciale affrontato dalla Corte riguarda l’obbligo di motivazione. L’ordinanza chiarisce che una motivazione specifica e dettagliata sulla quantità di pena irrogata è necessaria soltanto quando la sanzione si colloca su livelli di gran lunga superiori alla misura media prevista dalla legge per quel reato.

In caso contrario, e specialmente per pene vicine al minimo edittale, possono essere sufficienti espressioni sintetiche come ‘pena congrua’ o ‘pena equa’, oppure un semplice richiamo alla gravità dei fatti. Nel caso di specie, il possesso di 4,5 grammi di cocaina suddivisi in nove involucri è stato ritenuto un fatto ‘non certo minimale’, giustificando la valutazione operata dai giudici di merito.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso perché la richiesta dell’imputato si risolveva in una pretesa di rivalutazione del merito, vietata in sede di legittimità. I giudici hanno sottolineato che la pena inflitta dalla Corte d’Appello non solo era significativamente più bassa di quella di primo grado, ma era anche vicina al minimo legale. La valutazione dei giudici di merito non è apparsa né arbitraria né illogica, avendo essi implicitamente considerato gli elementi dell’art. 133 c.p., come la natura e la quantità della sostanza, per definire una ‘pena congrua’. Non sussisteva, quindi, alcun vizio di motivazione censurabile in Cassazione.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

L’ordinanza conferma un orientamento consolidato: la scelta sull’entità della pena è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito. Per poter contestare con successo la graduazione della pena in Cassazione, non è sufficiente ritenere la sanzione ‘troppo alta’, ma è necessario dimostrare che il giudice ha commesso un errore logico palese o ha agito in modo del tutto arbitrario. In assenza di tali vizi, il ricorso volto a una mera rinegoziazione della pena sarà dichiarato inammissibile, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare in Cassazione la quantità di pena decisa da un giudice?
Generalmente no. La determinazione dell’entità della pena (graduazione della pena) è un potere discrezionale del giudice di merito. Si può contestare solo se la decisione è frutto di arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico, non per una semplice valutazione di ‘non congruità’.

Il giudice deve sempre motivare in modo dettagliato perché ha scelto una determinata pena?
No. Secondo la sentenza, una motivazione specifica e dettagliata sulla quantità di pena è necessaria solo quando questa è di gran lunga superiore alla misura media prevista dalla legge. Per pene vicine al minimo edittale, sono sufficienti espressioni generiche come ‘pena congrua’ o il richiamo alla gravità del fatto.

Cosa succede se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
In base a quanto deciso nel provvedimento, alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di denaro (nel caso specifico, tremila euro) a favore della cassa delle ammende, a causa della colpa nella proposizione di un ricorso infondato.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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