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Graduazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per tentato furto, il quale lamentava un vizio di motivazione sul trattamento sanzionatorio. La Corte ha ribadito che la graduazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, il quale ha correttamente motivato la sua decisione basandosi sui numerosi precedenti penali del ricorrente. La pena inflitta, peraltro, era già al minimo legale, considerando la massima riduzione per il tentativo.

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Pubblicato il 29 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della pena: la Cassazione conferma la discrezionalità del giudice

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale del nostro sistema penale: la graduazione della pena rientra nell’ambito della discrezionalità del giudice di merito, il quale deve motivare la sua scelta in base a criteri precisi. Vediamo come questo principio è stato applicato in un caso di tentato furto.

I Fatti del Caso

Un individuo veniva condannato in primo grado e in appello per il reato di tentato furto aggravato. La pena finale inflitta era di due mesi di reclusione e 200 euro di multa. Nel calcolo, il giudice aveva riconosciuto le circostanze attenuanti generiche e quella del danno di lieve entità, considerandole equivalenti all’aggravante contestata e alla recidiva. L’imputato, non soddisfatto del trattamento sanzionatorio, proponeva ricorso per Cassazione, lamentando un presunto vizio di motivazione da parte della Corte d’Appello.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato, confermando in toto la decisione dei giudici di merito. Secondo gli Ermellini, la Corte d’Appello aveva fornito una motivazione adeguata e logicamente coerente per la pena inflitta, rispettando i principi sanciti dalla legge e consolidati dalla giurisprudenza.

Le Motivazioni: la Discrezionalità nella Graduazione della Pena

Il cuore della decisione risiede nel principio della discrezionalità del giudice nella graduazione della pena. La Cassazione ha chiarito che la scelta della sanzione da applicare, inclusi gli aumenti per le aggravanti e le diminuzioni per le attenuanti, è un potere che la legge affida al giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri indicati dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che riguardano la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Nel caso specifico, la Corte territoriale aveva ampiamente giustificato la sua decisione valorizzando i “numerosissimi precedenti specifici” a carico del ricorrente. Questo elemento è stato ritenuto decisivo e sufficiente a sorreggere la scelta sanzionatoria. Inoltre, la Cassazione ha sottolineato un aspetto cruciale: la pena inflitta era di fatto la minima possibile. La pena base per il furto (art. 624 c.p.) è di sei mesi di reclusione; la riduzione per il tentativo (art. 56 c.p.) era stata applicata nella sua massima estensione. Di conseguenza, l’onere di motivazione del giudice si attenua notevolmente. Come insegna un orientamento consolidato, quanto più il giudice si avvicina al minimo edittale, tanto più la motivazione può essere concisa, mentre è richiesta una giustificazione più approfondita solo quando ci si discosta significativamente da tale minimo per infliggere una pena più severa.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza conferma che contestare la misura della pena in Cassazione è un’operazione complessa. Non è sufficiente un generico dissenso sulla sanzione, ma è necessario dimostrare un vizio logico o una palese contraddittorietà nella motivazione del giudice di merito. La decisione riafferma che i precedenti penali di un imputato costituiscono un fattore legittimo e potente nella valutazione del giudice per la graduazione della pena. Infine, consolida il principio secondo cui l’obbligo di motivazione è direttamente proporzionale alla severità della pena inflitta rispetto ai minimi di legge: per una pena minima, una motivazione sintetica ma ancorata a elementi concreti, come la storia criminale del soggetto, è da considerarsi pienamente valida.

Quando può essere contestata la graduazione della pena decisa dal giudice?
La graduazione della pena può essere contestata in sede di legittimità solo se si dimostra un vizio di motivazione, ovvero quando il ragionamento del giudice è illogico, contraddittorio o assente, non essendo sufficiente un mero disaccordo sulla quantificazione della sanzione.

In che misura i precedenti penali influenzano la determinazione della pena?
Secondo questa ordinanza, i precedenti penali, specialmente se numerosi e specifici per il tipo di reato commesso, sono un elemento decisivo che il giudice può legittimamente utilizzare per motivare la pena inflitta, anche quando questa si attesta sui minimi legali.

È necessaria una motivazione molto dettagliata per una pena minima?
No, la Corte di Cassazione ribadisce che l’onere di motivazione è meno stringente quando la pena si avvicina al minimo previsto dalla legge. Una giustificazione più ampia e dettagliata è richiesta solo quando il giudice intende discostarsi significativamente da tale minimo per applicare una sanzione più aspra.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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