Graduazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile
La graduazione della pena rappresenta uno dei poteri più significativi e delicati del giudice penale. Stabilire la giusta sanzione per un reato non è un mero calcolo matematico, ma un’attività che richiede un’attenta ponderazione di molteplici fattori. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’opportunità di analizzare i confini di questo potere discrezionale e le ragioni per cui un ricorso volto a contestare l’entità della pena viene spesso ritenuto inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda processuale ha origine dalla condanna di un uomo per il reato di furto aggravato. Sia in primo grado che in appello, i giudici avevano ritenuto l’imputato responsabile, determinando la pena in otto mesi di reclusione e 150,00 euro di multa. Nel calcolare la sanzione, la Corte d’Appello aveva considerato le circostanze attenuanti generiche equivalenti alle aggravanti contestate, procedendo quindi a un bilanciamento che non ha comportato né un aumento né una diminuzione della pena base.
Il Ricorso in Cassazione e la Graduazione della Pena
L’imputato ha proposto ricorso per Cassazione affidandosi a un unico motivo: la contraddittorietà e l’illogicità della motivazione riguardo all’eccessività del trattamento sanzionatorio. In sostanza, si contestava non la colpevolezza, ma l’ammontare della pena inflitta, ritenuta sproporzionata.
La Suprema Corte, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. Questa decisione si basa su un principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità: la graduazione della pena è una valutazione di merito che rientra nella piena discrezionalità del giudice che ha esaminato i fatti.
Le motivazioni
La Corte di Cassazione ha chiarito che il suo ruolo non è quello di sostituire la propria valutazione a quella dei giudici di merito sulla congruità della pena. Il sindacato di legittimità è consentito solo in casi eccezionali, ovvero quando la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o viola specifiche disposizioni di legge.
Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto che la Corte d’Appello avesse adeguatamente adempiuto al proprio onere motivazionale. La decisione faceva infatti riferimento a specifici elementi ritenuti decisivi, come indicato nella sentenza impugnata. Inoltre, la Corte ha osservato che la pena base di un anno di reclusione, da cui i giudici di merito erano partiti prima di operare la riduzione a otto mesi, era addirittura inferiore al “medio edittale”, cioè al valore intermedio tra il minimo e il massimo previsti dalla legge per quel tipo di reato. Questo elemento ha ulteriormente confermato l’assenza di un’eccessiva severità nella sanzione.
Le conclusioni
L’ordinanza ribadisce un concetto fondamentale per chi opera nel diritto penale: contestare in Cassazione l’entità di una pena è un’operazione estremamente complessa. Non è sufficiente sostenere che la sanzione sia “troppo alta”; è necessario dimostrare un vizio logico-giuridico palese nel ragionamento che ha portato il giudice a quella determinazione. Il potere discrezionale del giudice di merito, esercitato nel rispetto dei criteri fissati dagli articoli 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere del reo), gode di un’ampia autonomia, che la Corte di Cassazione è tenuta a rispettare.
È possibile contestare in Cassazione l’ammontare di una pena ritenuta troppo alta?
No, di regola non è possibile contestare il merito della quantificazione della pena in sede di legittimità. Il ricorso è consentito solo se si denuncia una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria, o un errore di diritto, ma non per una semplice valutazione di eccessività.
Quali sono i limiti del potere del giudice nel decidere la pena?
Il potere discrezionale del giudice nella graduazione della pena è vincolato al rispetto dei principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Egli deve motivare la sua decisione tenendo conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del colpevole, rimanendo entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge per quel reato.
Cosa significa che le circostanze attenuanti sono state ritenute ‘equivalenti’ a quelle aggravanti?
Significa che il giudice ha considerato le circostanze che avrebbero diminuito la pena (attenuanti) e quelle che l’avrebbero aumentata (aggravanti) di pari peso. Di conseguenza, sulla pena base non viene applicato né un aumento né una diminuzione per effetto di tali circostanze.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 29011 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 29011 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 02/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a VENEZIA il 14/04/1987
avverso la sentenza del 28/10/2024 della CORTE D’APPELLO DI BOLOGNA
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello di Bologna, che ha confermato la pronunzia di primo grado con la quale il ricorrente era stato ritenuto responsabile del delitto di furto aggravato, con equivalenza delle circostanze attenuanti generiche e determinazione della pena nella misura di mesi otto di reclusione ed euro 150,00 di multa;
Considerato che il primo ed unico motivo di ricorso, con cui si censura la contraddittorietà ed illogicità della motivazione, denunziando l’eccessività del trattamento sanzionatorio, non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen. Nella specie l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si veda, in particolare pag. 3 della sentenza impugnata). Va inoltre considerato che la pena base di un anno di reclusione – ritenuta l’equivalenza fra le circostanze – risulta essere inferiore al medio edittale previsto
J
dall’art. 624, comma 1, cod. pen., cosicché non è necessaria una ulteriore specifica
e
dettagliata motivazione del giudice, nel caso in esame comunque esistente (Sez. 3, n. 29968 del 22/02/2019, COGNOME, Rv. 276288 – 01);
Ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro
tremila in favore della Cassa delle ammende;
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 02 luglio 2025.