Graduazione della pena: il potere discrezionale del giudice di merito
La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha riaffermato i principi cardine che regolano la graduazione della pena, sottolineando l’ampia discrezionalità del giudice di merito e i limiti del sindacato di legittimità. Questa decisione offre spunti importanti per comprendere come viene quantificata una sanzione penale e quali motivazioni devono sorreggerla.
I Fatti del Processo
Tre individui, condannati in primo grado dal Tribunale di Trani e la cui sentenza era stata parzialmente riformata dalla Corte d’Appello di Bari, hanno presentato ricorso per Cassazione. Le loro doglianze si concentravano su due aspetti fondamentali del trattamento sanzionatorio: la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e la correttezza della motivazione relativa all’aumento di pena per la continuazione tra i reati contestati.
Le Doglianze sulla Graduazione della pena
I ricorrenti lamentavano una violazione di legge e un vizio di motivazione. In sostanza, ritenevano la pena eccessiva e contestavano che il giudice d’appello non avesse adeguatamente giustificato né la misura delle attenuanti generiche concesse, né l’incremento di pena applicato per i cosiddetti “reati satellite” nell’ambito del reato continuato. La questione centrale, dunque, verteva sui limiti del potere del giudice nel definire la sanzione finale.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, ritenendoli manifestamente infondati. Esaminiamo nel dettaglio le ragioni alla base di questa decisione.
Il Principio di Discrezionalità nella Graduazione della pena
In merito al primo motivo, la Cassazione ha ribadito un principio consolidato: la graduazione della pena, inclusa la valutazione sulle circostanze aggravanti e attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato in aderenza ai criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che i giudici di merito avessero adempiuto al loro onere motivazionale, facendo un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi per la quantificazione della pena. Pertanto, contestare l’eccessività della sanzione in sede di legittimità non è consentito, a meno che la motivazione non sia palesemente illogica o assente, cosa che non è stata riscontrata.
La Motivazione per il Reato Continuato
Anche il secondo motivo è stato giudicato infondato. La Corte ha ricordato che, in tema di reato continuato, il giudice deve seguire un percorso logico preciso: individuare il reato più grave, stabilire la pena base per esso e, successivamente, calcolare e motivare in modo distinto l’aumento di pena per ciascuno degli altri reati (i cosiddetti reati satellite). Citando una pronuncia delle Sezioni Unite (n. 47127/2021), la Corte ha specificato che il livello di dettaglio della motivazione è correlato all’entità degli aumenti. L’importante è che la decisione permetta di verificare il rispetto della proporzionalità e dei limiti legali, evitando un mero cumulo materiale delle pene. Anche su questo punto, la Corte ha ritenuto che la sentenza impugnata avesse, seppur implicitamente, soddisfatto tale onere argomentativo.
le motivazioni
Le motivazioni della Corte si fondano sulla netta distinzione tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. La Cassazione non può riesaminare i fatti o sostituire la propria valutazione a quella del giudice che ha esaminato le prove direttamente. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione. In questo caso, la discrezionalità del giudice nella graduazione della pena è stata esercitata nei binari legali, con una motivazione ritenuta sufficiente a dar conto delle scelte operate. La decisione riafferma che, in assenza di vizi logici o giuridici manifesti, la valutazione del giudice di merito sulla congruità della pena è insindacabile in Cassazione.
le conclusioni
L’ordinanza in esame conferma che la discrezionalità del giudice nella determinazione della pena è un pilastro del nostro sistema penale. Tuttavia, tale potere deve essere sempre supportato da una motivazione che, per quanto sintetica, dia conto del percorso logico seguito. Per gli imputati e i loro difensori, ciò significa che le censure in appello e in Cassazione devono concentrarsi non tanto sulla mera “eccessività” della pena, quanto su eventuali illogicità, contraddizioni o violazioni di legge nel ragionamento del giudice che ha portato a quella determinata quantificazione.
Il giudice può decidere liberamente l’entità della pena?
No, non liberamente. Il giudice ha un potere discrezionale che deve essere esercitato entro i limiti minimi e massimi previsti dalla legge per un dato reato e in base ai criteri degli artt. 132 e 133 del codice penale (gravità del reato e capacità a delinquere). La sua decisione deve essere sempre motivata.
Come viene calcolata la pena in caso di reato continuato?
Il giudice deve prima individuare il reato più grave e fissare la relativa pena base. Successivamente, deve applicare un aumento di pena per ciascuno degli altri reati (reati satellite), motivando in modo distinto ogni singolo aumento.
È possibile contestare l’eccessività di una pena in Cassazione?
Contestare la mera eccessività della pena non è consentito in Cassazione, poiché rientra nella valutazione di merito. È possibile farlo solo se si dimostra che la motivazione del giudice è manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente, oppure se è stata violata una specifica norma di legge.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 28924 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 28924 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/06/2025
ORDINANZA
sui ricorsi proposti da: COGNOME nato a MODUGNO il 17/07/1993 COGNOME nato a BARI il 06/06/1986
COGNOME nato a BARI il 07/08/1990
avverso la sentenza del 07/07/2023 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Rilevato che NOME COGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME ricorrono avverso la sentenza della Corte di appello di Bari, che ha parzialmente riformato la sentenza del Tribunale di Trani del 18 giugno 2019;
Ritenuto che il primo motivo di tutti i ricorsi – che lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione e contesta, quindi, l’eccessività della pena – non è consentito dalla legge in sede di legittimità ed è manifestamente infondato perché, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza, la graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e per fissare la pena base rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; che, nel caso di specie, l’onere argomentativo del giudice è adeguatamente assolto attraverso un congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (si vedano, in particolare, pagg. 8 e 9 della sentenza impugnata);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso di tutti i ricorsi – che contesta la correttezza della motivazione in relazione all’aumento di pena determinato dalla continuazione fra reati – è manifestamente infondato, atteso che i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione della regola di giudizio secondo la quale in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282269, dove si è precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e tale da consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispettati i limiti previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene). Considerato che nel caso di specie tale onere argomentativo è stato implicitamente assolto (si veda, in particolare, pag. 9 della sentenza impugnata);
Ritenuto, pertanto, che i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili, con condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 25/06/2025.