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Graduazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro una sentenza della Corte d’Appello. Il caso verte sulla corretta graduazione della pena, che secondo la Suprema Corte rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito, se esercitata in modo logico e conforme agli articoli 132 e 133 del codice penale. L’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma alla Cassa delle ammende.

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Pubblicato il 22 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Insindacabile

La graduazione della pena rappresenta uno dei momenti più delicati del processo penale, in cui il giudice è chiamato a tradurre in una sanzione concreta la valutazione sulla gravità del reato e sulla personalità dell’imputato. Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per ribadire un principio fondamentale: questa valutazione è un’attività squisitamente discrezionale del giudice di merito e non può essere oggetto di una nuova valutazione in sede di legittimità, se non in presenza di vizi logici evidenti o di violazioni di legge. Analizziamo insieme la decisione.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato avverso una sentenza della Corte d’Appello di Torino. Il ricorrente contestava la quantificazione della pena inflittagli, ritenendola eccessiva. La sua difesa si concentrava, in sostanza, sulla richiesta di una nuova e più favorevole valutazione degli elementi che concorrono a determinare la sanzione finale, incluse le circostanze aggravanti e attenuanti.

La Decisione della Corte sulla Graduazione della Pena

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato il ricorso inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della congruità della pena, ma si ferma a un livello precedente, quello dell’ammissibilità del motivo di ricorso. La Suprema Corte ha ritenuto che le censure mosse dal ricorrente non riguardassero vizi di legittimità (cioè errori di diritto o difetti di motivazione), ma mirassero a ottenere una riconsiderazione dei fatti e delle valutazioni che sono di esclusiva competenza dei giudici di primo e secondo grado.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nel richiamo a un principio consolidato nella giurisprudenza: la graduazione della pena è espressione della discrezionalità del giudice di merito. Questo potere non è arbitrario, ma deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale.

Questi articoli impongono al giudice di tenere conto:

* Della gravità del reato (natura, specie, mezzi, oggetto, tempo, luogo ed ogni altra modalità dell’azione; gravità del danno o del pericolo cagionato alla persona offesa dal reato; intensità del dolo o grado della colpa).
* Della capacità a delinquere del colpevole (motivi a delinquere, carattere del reo, precedenti penali e giudiziari, condotta contemporanea o susseguente al reato, condizioni di vita individuale, familiare e sociale).

Nel caso specifico, la Cassazione ha osservato che la Corte d’Appello aveva adeguatamente motivato la sua decisione, facendo un “congruo riferimento agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti”. Avendo il giudice di merito adempiuto al suo onere argomentativo in modo logico e coerente, non vi era spazio per un intervento della Corte di legittimità. Il ricorso che si limita a contestare l’entità della pena senza evidenziare una motivazione manifestamente illogica o contraddittoria è, per costante giurisprudenza, destinato all’inammissibilità.

Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche

Questa pronuncia ribadisce un concetto cruciale per chiunque si approcci al processo penale. Il ricorso per Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono riproporre le stesse argomentazioni di fatto già valutate in appello. La sua funzione è quella di controllare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione.

Pertanto, per contestare la graduazione della pena in Cassazione, non è sufficiente sostenere che la sanzione sia troppo severa. È indispensabile dimostrare che il giudice di merito ha violato la legge nell’applicare i criteri degli articoli 132 e 133 c.p. oppure che ha reso una motivazione palesemente illogica, contraddittoria o carente. In assenza di tali vizi, la valutazione discrezionale del giudice di merito rimane insindacabile, con la conseguenza, come nel caso di specie, della condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile ricorrere in Cassazione per chiedere semplicemente una pena più bassa?
No, non è possibile se il ricorso si limita a criticare la valutazione discrezionale del giudice di merito senza evidenziare una violazione di legge o un vizio logico manifesto nella motivazione. La Corte ha infatti dichiarato il ricorso inammissibile per questo motivo.

Cosa significa che la graduazione della pena è una scelta ‘discrezionale’ del giudice?
Significa che il giudice, nel rispetto dei limiti minimi e massimi fissati dalla legge per un certo reato, ha il potere di determinare l’esatta entità della pena basandosi sui criteri degli articoli 132 e 133 del codice penale, come la gravità del fatto e la personalità del colpevole.

Quali sono le conseguenze di un ricorso dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso è dichiarato inammissibile, il ricorrente viene condannato al pagamento delle spese del procedimento e, come in questo caso, al versamento di una somma di denaro (tremila euro) in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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