Graduazione della Pena: Quando il Giudice di Merito ha l’Ultima Parola
L’ordinanza n. 35890 del 2024 della Corte di Cassazione offre un’importante occasione per ribadire un principio cardine del nostro sistema processuale penale: i limiti del sindacato di legittimità sulla graduazione della pena. Con questa decisione, la Suprema Corte ha dichiarato inammissibile un ricorso che, tra le altre cose, mirava a ottenere una nuova valutazione della sanzione inflitta, confermando l’ampia discrezionalità del giudice di merito in materia, se esercitata in modo logico e non arbitrario.
I Fatti del Processo
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un’imputata contro una sentenza della Corte d’Appello di Trieste. La ricorrente aveva articolato il proprio appello su tre distinti motivi. I primi due erano volti a contestare la sua responsabilità penale, entrando nel dettaglio della ricostruzione dei fatti. Il terzo motivo, invece, si concentrava specificamente sulla determinazione della pena, criticando la valutazione operata dal giudice in relazione alle circostanze aggravanti e attenuanti.
I Motivi del Ricorso e la Discrezionalità sulla Pena
La Corte di Cassazione ha esaminato separatamente i motivi addotti. I primi due sono stati rapidamente liquidati come inammissibili. La ragione è semplice e fondamentale: la Cassazione è un giudice di legittimità, non di merito. Il suo compito non è rivalutare le prove o ricostruire i fatti, ma assicurare la corretta applicazione della legge. Pertanto, motivi di ricorso che si risolvono in una mera rilettura del quadro fattuale sono, per loro natura, inammissibili.
Il fulcro della decisione risiede nell’analisi del terzo motivo, quello relativo alla graduazione della pena. La Corte ha osservato che la determinazione della sanzione, inclusa la valutazione degli aumenti per le aggravanti e delle diminuzioni per le attenuanti, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito. Tale potere deve essere esercitato seguendo i criteri guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, che impongono di considerare la gravità del reato e la capacità a delinquere del reo.
La Decisione della Corte di Cassazione
Sulla base di queste premesse, la Corte ha dichiarato inammissibile anche il terzo motivo e, di conseguenza, l’intero ricorso. L’imputata è stata quindi condannata al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Le Motivazioni
La motivazione della Corte è un chiaro richiamo alla sua giurisprudenza consolidata. I giudici hanno spiegato che una censura mossa in sede di Cassazione non può avere come obiettivo una nuova e diversa valutazione della congruità della pena. Un simile giudizio è precluso, a meno che la determinazione del giudice di merito non sia il risultato di “mero arbitrio o di ragionamento illogico”.
Nel caso specifico, la Corte ha escluso categoricamente la presenza di tali vizi. La pena inflitta era stata determinata in una misura “prossima al minimo edittale”, e il giudice di merito aveva adeguatamente motivato la sua decisione richiamando la “gravità del fatto”. Di fronte a una motivazione logica e a una pena non sproporzionata, non vi era alcuno spazio per un intervento correttivo da parte della Suprema Corte.
Le Conclusioni
Questa ordinanza riafferma con forza la netta ripartizione di competenze tra i giudici di merito e la Corte di Cassazione. La graduazione della pena è una delle massime espressioni della discrezionalità del giudice che ha gestito il processo e valutato direttamente le prove. Per poter contestare con successo la quantificazione della pena in Cassazione, non è sufficiente sostenere che una pena più mite sarebbe stata più “giusta”, ma è necessario dimostrare che il giudice ha commesso un errore logico manifesto o ha agito in modo palesemente arbitrario. In assenza di tali vizi, la decisione del giudice di merito sulla pena è insindacabile.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché i primi due motivi vertevano su questioni di fatto, non riesaminabili in Cassazione, mentre il terzo motivo, relativo alla pena, non evidenziava alcuna arbitrarietà o illogicità nella decisione del giudice di merito.
È possibile contestare in Cassazione la quantità della pena inflitta?
Sì, ma solo se si dimostra che la determinazione della pena da parte del giudice di merito è frutto di mero arbitrio o di un ragionamento palesemente illogico. Non è possibile chiedere alla Cassazione una semplice riconsiderazione della congruità della pena.
Cosa si intende per potere discrezionale del giudice nella graduazione della pena?
Significa che il giudice, nel rispetto dei limiti di legge e dei criteri degli artt. 132 e 133 c.p., ha il potere di scegliere la sanzione che ritiene più adeguata alla gravità del reato e alla personalità del reo, e questa sua valutazione motivata non può essere messa in discussione se non presenta vizi logici o di arbitrarietà.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35890 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35890 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 06/06/2023 della CORTE APPELLO di TRIESTE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e la sentenza impugnata;
esaminati i motivi di ricorso.
Rilevato che i primi due motivi aventi ad oggetto la responsabilità dell’imputato sono interamente articolati in fatto e, pertanto, inammissibili in questa Sede.
Osservato che anche il terzo motivo è inammissibile. La graduazione della pena, anche in relazione agli aumenti ed alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti, rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che la esercita, così come per fissare la pena base, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, dep. 2014, Ferrario, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre in presenza di pena determinata in misura prossima al minimo edittale e dell’apprezzamento del giudice di merito che ha richiamato la gravità del fatto.
Osservato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 22 aprile 2024
Il Consigrre estensore
Il Presi ente