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Graduazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati condannati per furto. Gli imputati contestavano la graduazione della pena base applicata dalla Corte d’Appello. La Suprema Corte ha ribadito un principio consolidato: la determinazione della pena rientra nella piena discrezionalità del giudice di merito e non può essere contestata in sede di legittimità, specialmente quando la pena è fissata al minimo edittale e la motivazione è adeguata.

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Pubblicato il 11 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della pena: i confini della discrezionalità del giudice

La corretta graduazione della pena è uno dei compiti più delicati del giudice penale. Questa attività, che consiste nel determinare la giusta sanzione da applicare al colpevole, si fonda su un potere discrezionale guidato da precisi criteri di legge. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ci offre l’occasione per approfondire i limiti del sindacato di legittimità su questa decisione, ribadendo principi consolidati e di fondamentale importanza pratica.

Il Fatto

Due soggetti venivano condannati in appello per il reato di furto in abitazione in concorso. La Corte d’Appello, pur escludendo un’aggravante, aveva rideterminato la pena inflitta a un anno, due mesi e sei giorni di reclusione, oltre a una multa. Gli imputati, non soddisfatti della decisione, presentavano ricorso per Cassazione, lamentando un vizio di motivazione proprio in relazione all’individuazione della pena base. In sostanza, contestavano il modo in cui i giudici di merito avevano quantificato la sanzione di partenza prima di applicare eventuali aumenti o diminuzioni.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile. Con una motivazione sintetica ma estremamente chiara, ha spiegato che il motivo del ricorso non era consentito dalla legge in sede di legittimità. La decisione si basa su un orientamento giurisprudenziale ormai granitico, secondo cui la quantificazione della pena è una prerogativa esclusiva del giudice di merito.

Le Motivazioni: L’insindacabilità della graduazione della pena

Il cuore della decisione risiede nel principio della discrezionalità del giudice di merito nella graduazione della pena. La Corte ha sottolineato che questa attività rientra nel potere del giudice che valuta i fatti (primo e secondo grado) e non può essere messa in discussione davanti alla Corte di Cassazione, il cui compito è verificare la corretta applicazione della legge e non riesaminare il merito della vicenda.

Il giudice, nel determinare la pena, esercita il proprio potere discrezionale attenendosi ai principi guida stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale. Questi articoli impongono di tenere conto della gravità del reato e della capacità a delinquere del reo. Nel caso di specie, la Corte ha rilevato che i giudici d’appello avevano adeguatamente motivato la loro scelta, facendo riferimento a elementi decisivi e rilevanti. Un aspetto cruciale, evidenziato dai giudici di legittimità, è che la pena base era stata fissata nel minimo edittale, ovvero la sanzione più bassa prevista dalla legge per quel reato. Ciò rende ancora più difficile sostenere la tesi di una motivazione carente o illogica.

In altre parole, finché il giudice si muove all’interno della cornice legale (tra il minimo e il massimo edittale) e fornisce una giustificazione logica e coerente per la sua scelta, la decisione sulla graduazione della pena è insindacabile in Cassazione.

Conclusioni: L’importanza della discrezionalità del giudice

L’ordinanza in commento conferma un caposaldo del nostro sistema processuale penale: la fiducia riposta nella discrezionalità del giudice di merito. La graduazione della pena non è un mero calcolo matematico, ma una valutazione complessa che deve adattare la sanzione al caso concreto. Contestare tale valutazione in sede di legittimità è possibile solo in casi eccezionali di manifesta illogicità o totale assenza di motivazione, ipotesi non riscontrata nel caso esaminato. La decisione, pertanto, funge da monito: i ricorsi basati su una generica contestazione della pena inflitta, senza evidenziare vizi logici macroscopici, sono destinati all’inammissibilità, con conseguente condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.

È possibile contestare davanti alla Corte di Cassazione la quantità di pena decisa dal giudice di merito?
No, di norma non è consentito. La graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito e la sua valutazione non è sindacabile in sede di legittimità, a meno che la motivazione sia manifestamente illogica o del tutto assente.

Quali criteri deve usare il giudice per determinare la pena?
Il giudice deve esercitare la sua discrezionalità seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale, valutando la gravità del reato e la capacità a delinquere del colpevole.

Perché il ricorso è stato dichiarato manifestamente infondato nel caso di specie?
Perché, secondo la giurisprudenza consolidata, la scelta sulla quantificazione della pena è discrezionale e, nel caso specifico, i giudici avevano adeguatamente motivato la loro decisione, fissando peraltro la pena base nel minimo previsto dalla legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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