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Graduazione della pena: discrezionalità del giudice

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un imputato condannato per tentato furto aggravato. La Corte ha ribadito che la graduazione della pena è una valutazione discrezionale del giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se la motivazione è logica e sufficiente. La richiesta di attenuanti generiche è stata respinta per le stesse ragioni.

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Pubblicato il 3 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Graduazione della Pena: Quando la Decisione del Giudice è Intoccabile

La determinazione della giusta pena è uno dei compiti più delicati del giudice. La legge fornisce dei criteri, ma la loro applicazione concreta è affidata alla sua discrezionalità. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ci ricorda i confini di questo potere e i limiti del controllo in sede di legittimità, specialmente per quanto riguarda la graduazione della pena. Questo caso, relativo a un tentato furto, chiarisce perché le lamentele sulla presunta “sproporzione” della sanzione raramente trovano accoglimento in Cassazione, se non in presenza di vizi palesi.

I Fatti del Caso: Il Tentato Furto e la Condanna

Il caso ha origine da un tentativo di furto di un’autovettura parcheggiata sulla pubblica via. L’imputato, nel tentativo di impossessarsi del veicolo, ne forzava la portiera. Per questo fatto, veniva condannato sia in primo grado dal Tribunale che in appello dalla Corte d’Appello di Milano a una pena di dieci mesi di reclusione e 100 euro di multa. La condanna si basava sugli articoli 56 (delitto tentato) e 624 (furto), con l’aggiunta delle aggravanti previste dall’articolo 625, numeri 2 (violenza sulle cose) e 7 (fatto commesso su cose esposte alla pubblica fede).

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Insoddisfatto della sentenza d’appello, l’imputato proponeva ricorso per cassazione, affidandosi a due principali motivi di doglianza:

1. Erronea applicazione della legge penale: Secondo la difesa, la pena inflitta era “sproporzionata”. Si lamentava inoltre il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, sottolineando la condotta collaborativa dell’imputato, il suo corretto comportamento processuale e una situazione di disagio socio-economico.
2. Vizio di motivazione: La difesa sosteneva che i giudici di merito avrebbero dovuto concedere i cosiddetti “doppi benefici” (probabilmente riferendosi alla sospensione condizionale della pena e alla non menzione nel casellario giudiziale), in virtù della condotta post-reato e del fatto che i precedenti penali a suo carico fossero anteriori ai fatti in giudizio.

La Graduazione della Pena secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, rigettando entrambi i motivi. Il punto centrale della decisione riguarda proprio il principio della graduazione della pena. I giudici di legittimità hanno ribadito un orientamento consolidato: la determinazione dell’entità della sanzione rientra nel potere discrezionale del giudice di merito.

Questo potere deve essere esercitato seguendo i principi stabiliti dagli articoli 132 e 133 del codice penale (che riguardano la discrezionalità del giudice e la gravità del reato), ma una volta che la decisione è presa, non può essere messa in discussione in Cassazione semplicemente perché la difesa la ritiene troppo severa. L’intervento della Corte Suprema è ammesso solo se la decisione è frutto di “mero arbitrio o di ragionamento illogico” e non è sorretta da una motivazione sufficiente. Nel caso di specie, la Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse adeguata e non presentasse tali vizi.

Il Diniego delle Attenuanti Generiche

Anche per quanto riguarda il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, la Cassazione ha seguito la stessa linea di pensiero. Ha affermato che, per motivare il diniego, è sufficiente che il giudice di merito faccia riferimento agli elementi che ha ritenuto decisivi o più rilevanti per la sua valutazione, senza dover analiticamente esaminare ogni singolo elemento indicato dalla difesa.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha ritenuto il primo motivo di ricorso manifestamente infondato, poiché sollevava questioni non consentite nel giudizio di legittimità. La Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono rivalutare i fatti o la congruità della pena. Il suo compito è verificare la corretta applicazione della legge e la coerenza logica della motivazione. Poiché i giudici d’appello avevano motivato la loro scelta sulla pena in modo non arbitrario, la doglianza è stata respinta.

Anche il secondo motivo, relativo al vizio di motivazione, è stato implicitamente assorbito nel rigetto del primo, poiché anch’esso tendeva a una rivalutazione di elementi di fatto già considerati dai giudici di merito. La Corte, nel rigettare il ricorso, ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Le Conclusioni

Questa sentenza conferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale penale: la graduazione della pena è una prerogativa quasi esclusiva del giudice di merito. Il ricorso in Cassazione non può trasformarsi in un appello mascherato per ottenere uno sconto di pena. Affinché una doglianza su questo punto possa essere accolta, è necessario dimostrare un’irragionevolezza manifesta o una totale assenza di motivazione nella decisione dei giudici dei gradi precedenti, un onere probatorio estremamente difficile da soddisfare.

È possibile contestare in Cassazione l’entità della pena decisa da un giudice di merito?
No, non è possibile contestare la congruità della pena in Cassazione, a meno che la decisione del giudice di merito non sia frutto di mero arbitrio o di un ragionamento illogico e non sia sorretta da una motivazione sufficiente. La graduazione della pena rientra nella sua discrezionalità.

Per quale motivo la Corte ha ritenuto inammissibile il motivo di ricorso sulla pena sproporzionata?
La Corte lo ha ritenuto inammissibile perché la doglianza mirava a una nuova valutazione della congruità della pena, un’attività che non è consentita nel giudizio di legittimità, il quale si limita a controllare la corretta applicazione della legge e la logicità della motivazione.

Cosa è sufficiente per un giudice per motivare il diniego delle attenuanti generiche?
Secondo la giurisprudenza consolidata citata nella sentenza, per motivare il diniego delle attenuanti generiche è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi che ha ritenuto decisivi o rilevanti per la sua decisione, senza necessità di un’analisi dettagliata di ogni singolo aspetto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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