Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 19106 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 19106 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 07/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME (CUI: CODICE_FISCALE nato il 01/10/1992
avverso la sentenza del 02/12/2024 della CORTE APPELLO di MILANO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME;
letta la requisitoria a firma del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza impugnata è stata pronunziata il 2 dicembre 2024 dalla Corte di appello di Milano, che ha confermato la sentenza del Tribunale di Milano, che, all’esito di giudizio abbreviato, aveva condannato (alla pena di mesi dieci di reclusione ed euro 100,00 di multa) NOME per il reato di cui agli artt. 56, 624 e 625, comma 1, nn. 2 e 7, cod. pen.
Secondo l’ipotesi accusatoria, ritenuta fondata dai giudici di merito, l’imputato, al fine di procurarsi un giusto profitto, avrebbe tentato di impossessarsi dell’autovettura di proprietà di Ortiz Avila, parcheggiata lungo la pubblica INDIRIZZO forzandone la portiera.
Avverso la sentenza della Corte di appello, l’imputato ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia.
2.1. Con un primo motivo, deduce il vizio di erronea applicazione della legge penale.
Contesta l’entità della pena applicata, che sarebbe «sproporzionata», e il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, evidenziando la condotta collaborativa dell’imputato, il suo corretto contegno processuale e la sua situazione di «disagio socioeconomico».
2.2. Con un secondo motivo, deduce il vizio di motivazione.
Sostiene che i giudici di merito avrebbero dovuto riconoscere all’imputato i «doppi benefici», in ragione della condotta da lui mantenuta successivamente alla commissione del reato, ponendo in rilievo «come le pendenze giudiziarie» a suo carico «siano antecedenti ai fatti oggetto del presente procedimento».
Il Procuratore generale, nelle sue conclusioni scritte, ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere rigettato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
Con esso, il ricorrente prospetta questioni non consentite nel giudizio di legittimità e, comunque, manifestamente infondate, posto che la graduazione della pena rientra nella discrezionalità del giudice di merito, che l’esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., con la conseguenza che è inammissibile la doglianza che in cassazione miri a una nuova valutazione della sua congruità, ove la relativa determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, COGNOME, Rv. 259142; Sez. 3, n. 1182 del 17/10/2007, COGNOME, Rv. 238851), come nel caso in esame (cfr. pagina 3 della sentenza impugnata).
Per la consolidata giurisprudenza di legittimità, inoltre, nel motivare il diniego delle attenuanti generiche, è sufficiente un congruo riferimento, da parte del giudice di merito, agli elementi ritenuti decisivi o rilevanti (Sez. 2, n. 3609 del
18/1/2011, COGNOME, Rv. 249163; Sez. 6, n. 34364 del 16/6/2010, Giovane, Rv.
248244), come parimenti avvenuto nel caso in esame (cfr. pagine 3 e 4 della sentenza impugnata).
1.2. Il secondo motivo è infondato.
Va rilevato, infatti, che la Corte di appello, con motivazione adeguata, coerente e priva di vizi logici, ha ritenuto che non potessero essere riconosciuti i
«doppi benefici» (cfr. pagina 4 della sentenza impugnata). In particolare, ha ritenuto che i rilevanti precedenti penali dell’imputato e la reiterata violazione della
misura cautelare non custodiale, originariamente applicata in relazione ai fatti oggetto del presente procedimento, non consentissero una prognosi favorevole
circa la sua futura condotta.
Al riguardo, occorre ricordare che, al fine di valutare il riconoscimento dei benefici in questione, il giudice non ha l’obbligo di prendere in esame tutti gli
elementi richiamati nell’art. 133 cod. pen., potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti in senso ostativo (cfr. Sez. 5, n. 57704 del 14/09/2017, P.,
Rv. 272087; Sez. 5, n. 17953 del 07/02/2020, Filipache, Rv. 279206).
2. Al rigetto del ricorso per cassazione, consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso, il 7 marzo 2025.